mercoledì 9 novembre 2011

Senza più sovranità ci prenderanno tutto


Indifesi, senza più sovranità: ora ci prenderanno tutto



Non capite cosa sta accadendo? Siete smarriti dai continui sbalzi dei mercati, che un giorno crollano e due giorni dopo crescono per poi crollare e ricrescere ancora? Attenzione ai retroscena: la crisi pilotata della Grecia, Draghi alla Bce,Berlusconi sfrattato dai poteri forti della finanza euro-atlantica: «Il destino dell’Italia è segnato perchè non controlliamo più il debito pubblico», dice Marcello Foa. E ora, i detentori occulti di quel debito, «sotto l’impulso dellacrisi, svuoteranno l’Italia lasciandole forse risanata ma esangue. E’ il destino di chi rinuncia alla propria sovranità». Guai a restare senza una propria moneta, fa eco Felice Sardi: «Dire che un investimento socialmente valido non può essere attuato per mancanza di risorse monetarie è come dire che un ponte non può esser costruito per mancanza di chilometri».
La moneta, aggiunge Sardi su “Megachip”, è una unità di misura di valori economici e come tale non dovrebbe mai essere scarsa, come Mario Montiraccomandano gli economisti facenti capo a Randall Wray e lo stesso Richard Werner, autore di “New Paradigm in Macroeconomics”. «Sono letture utili», dice Sardi, «un ottimo antidoto rispetto all’intossicazione di “pensiero unico” che vi propineranno in questi mesi da ogni direzione, approfittando della vostra soddisfazione per l’eclisse di Silvio Berlusconi». Già, perché «non sono soltanto i popoli estenuati a festeggiare – ma per poco – il rapido declino di consolidate dinastie politiche ormai incapaci di gestire le contraddizioni dei loro paesi, dall’Italia alla Grecia, bombardati da pressioni finanziarie insopportabili». Se l’Italia piange, c’è chi ha già cominciato a ridere.
«Il crollo dei Papandreu e dei Berlusconi – spiega Sardi – si accompagna allo smottamento della sovranità di Grecia e Italia, preceduto dall’incubazione della perdita della sovranità monetaria». Si tratta di «un cambio storico, la cui reversibilità sarà difficilissima, perché strettamente sorvegliato in nome dello “stato d’eccezione” proclamato da governi tecnici emanati dalla dittatura eurocratica atlantista, sempre meno mascherata». Un potere che si esprime attraverso portavoce come Loukas Papademos della “Trilaterale”, uno dei massimi organi del super-governo del mondo, e come lo stesso Mario Monti, probabile successore di Berlusconi, in realtà esponente del Papandreou, Sarkozy e Merkelgruppo Bilderberg, santuario della finanza mondiale di cui fanno parte anche Herman Van Rompuy (Unione Europea) e persino il greco Papandreou.
«Di ogni leader bisognerebbe leggere attentamente la biografia e dunque non dimenticarsi mai delle sue origini», scrive Marcello Foa sul “Giornale”. «Prendiamo il premier Papandreou. E’ greco? Senza dubbio, ma solo a metà. Sua madre è americana e in America ha studiato. Niente di male, anzi, però bisogna sapere che negli ultimi vent’anni ha stabilito eccellenti rapporti con un certo establishment finanziario anglosassone. Viste le sue strane peripezie con l’annuncio di misure lacrime e sangue, poi la negazione di quanto fatto finora con la proclamazione di un referendum annunciato e infine l’annullamento dello stesso, Papandreu sta facendo gli interessi del popolo greco o risponde ad altre logiche e ad altri interessi?».
E prendiamo Mario Draghi, ex governatore della Banca d’Italia, ma anche ex vicepresidente di Goldman Sachs e, soprattutto, stimatissimo presidente del Financial Stability Forum: l’organismo che, «dallo scoppio della crisi del 2008, ha preservato gli interessi del mondo finanziario e in primis delle grandi banche che hanno provocato quella crisi e che sono state salvate». Domanda: chi rappresenta, davvero, Mario Draghi? L’Italia, l’Europa o il mondo finanziario transnazionale inorridito di fronte alla possibilità che il popolo greco si esprimesse con un referendum sul proprio futuro? «L’Europa – continua Foa – viene costruita sempre sopra le teste dei cittadini e prelevando di volta in volta pezzi crescenti di sovranità, naturalmente senza mai dichiararlo apertamente ma dissimulando le proprie intenzioni: l’Europa dell’euro, di Shenghen, di Maastricht, è un’Europa tendenzialmente non democratica». Dovremmo allarmarci, e Mario Draghiinvece «siamo così ipnotizzati dall’andamento dei mercati da non accorgercene nemmeno».
L’interesse dei poteri forti mondiali, aggiunge Felice Sardi, va in direzione diametralmente opposta a quella di un ritorno alla sovranità monetaria nazionale: prima hanno attaccato le discrezionalità delle politiche monetarie sovrane, poi – con l’euro – hanno soppresso la sovranità monetaria dei singoli Stati, perché «consapevoli dell’enorme potenziale di una politica monetaria correttamente “canalizzata” in attività di incremento della produttività del sistema economico». Ripetevano che il pericolo era l’inflazione? Ma l’effetto inflazionistico della creazione di moneta, sostiene Sardi, dipende dal modo in cui la nuova moneta viene impiegata: se è canalizzata verso consumi e investimenti finanziari si avrà inflazione sul mercato dei beni e quello dei capitali (bolle finanziarie), ma se invece la creazione di nuova moneta viene canalizzata in investimenti che migliorano la produttività complessiva del sistema (infrastrutture utili, educazione e ricerca) la maggiore quantità di moneta si distribuisce su un maggior numero di beni e servizi, senza il rischio di provocare inflazione.
Il debito pubblico di uno Stato a moneta sovrana non è mai un problema, sottolinea Paolo Barnard nel saggio “Il più grande crimine”, che denuncia un complotto mondiale dell’élite finanziaria: secondo Barnard, che si avvale della consulenza di prestigiosi economisti soprattutto anglosassoni, la crisi creata a tavolino serve soprattutto a favorire un colossale accumulo di capitali e poteri in pochissime mani, sempre più al riparo dal potenziale democratico di organismi statali ormai svuotati di ogni prerogativa, a cominciare dalla principale: la sovranità monetaria. Solo uno Stato sovrano – com’era l’Italia prima dell’euro – sarebbe «autorizzato a finanziare (con emissioni monetarie dirette o con garanzie statali) ogni progetto in grado di aumentare la produttività del sistema», ribadisce Felice Sardi. Solo lo Stato, attraverso la leva monetaria, può aumentare efficienza e occupazione: «Gli unici vincoli alla crescita dovrebbero essere quelli fisici delle risorse naturali e quelli tecnologici, ma mai economici».

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