mercoledì 24 agosto 2011

Bankitalia, tutto un magna-magna

Libero-news.it

Bankitalia tempio del rigore ?
No, è tutto un magna-magna
Palazzo Koch chiede agli italiani di stringere a cinghia. Ma funziona tutto alla rovescia, tra stipendi che crescono e baby pensionati

Quando hanno letto il testo definitivo del decreto legge di agosto, in Banca d’Italia sono corsi in mensa. A seconda del rango potevano trovare un brut metodo classico della Banfi spumante o un prosecco di Valdobbiadene. Ce ne è sempre qualcuno in ghiaccio nelle foresterie di via Nazionale da quando il gruppo britannico Compass ha vinto il principesco appalto per le mense della banca centrale italiane. Ma i aprimi di agosto sono volati i tappi di quegli spumanti. Perché nel decreto per gran parte dei dirigenti e dei funzionari di via Nazionale c’era una buona notizia: quella del contributo di solidarietà sui redditi sopra i 90 e i 150 mila euro. Per tutti gli altri italiani è stata una mazzata. Per i guardiani del rigore dei conti pubblici nazionali, no.

A loro quel prelievo del 5% (sopra i 90 mila euro) e del 10% (sopra i 150 mila euro) era già scattato fra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 sulla base di un decreto legge del 31 maggio 2010 che tagliava gli stipendi più alti dei dipendenti pubblici. Banca d’Italia ha la sua autonomia, e non è che il taglio sia scattato in automatico in via Nazionale. Ma di fronte al pressing dell’opinione pubblica e anche per essere coerente con le proprie prediche, il governatore Mario Draghi decise di estendere in quel territorio riservato la legge che nel resto d’Italia valeva per tutti i dipendenti pubblici. Con il nuovo decreto però le norme a cui Draghi e i il direttorio facevano riferimento, sono state abrogate. Per questo si è stappato lo spumante in banca: i tagli dei loro stipendi sono salvi. E anche quel che finora è avvenuto dovrà essere restituito. Certo, anche lì come accadrà a tutti gli altri italiani, si dovrà pagare il contributo di solidarietà. Ma anche nella peggiore delle ipotesi sarà più leggero: è deducibile (i tagli precedenti non lo erano) e quindi verrà dimezzato. Può essere che venga ulteriormente alleggerito durante il passaggio parlamentare, magari verrà calibrato secondo il quoziente familiare, può anche essere che salti tutto o in parte. La notizia quindi è certa: le buste paga in Bankitalia verranno rimpinguate, e non di poco.

Funziona tutto a rovescio lì fra le mura di via Nazionale. Si passa il giorno a tuonare contro il resto del Paese che vive al di sopra delle sue possibilità, e in Banca di Italia la possibilità crescono, si allargano a dismisura, sembrano più vicine a quelle di una corte reale che ai già generosi palazzi contigui della Repubblica. Il bando sui servizi di ristorazione che regola la pagnotta quotidiana sia nelle foresterie dei piani nobili che nelle più ordinarie mense sembra essere nato da Buckingham Palace e non da quel severo custode del rigore e del risparmio pubblico che la Banca d’Italia è, almeno nell’immaginario collettivo. Potrebbe trattarsi solo di uno sfizio, o di una particolare estrema attenzione alla buona alimentazione. Ma non è un caso isolato: il mondo capovolto sembra davvero essere la regola in via Nazionale.

Basta prendere i contratti del personale. Anche lì i sindacati come ovunque si lamentano ogni tre per due. Eppure l’ultimo ha regalato scatti trasversali che si sognano altri dipendenti del settore pubblico e di quello privato, facendo lievitare oltremodo la spesa per il personale. Nel 2009 la media degli stipendi pro capite in Banca di Italia era di 93.800 euro. L’anno scorso è salita a 95.900 euro. Con gli oneri accessori il dato medio delle retribuzioni è stato addirittura di 114.900 euro. Non ci sono molti altri posti dove si possano vantare buste paga medie così elevate. Le prediche del Governatore dunque sono assai efficaci fuori, un po’ meno dentro le mura.

Non molto diverso il doppio concetto che in Banca di Italia si ha del welfare. Quello italiano dovrebbe tirare la cinghia, ridurre la spesa sanitaria e quella pensionistica, alzando l’età del meritato riposo. All’interno della Banca il concetto è capovolto. Nel 2010 sono state mandate via 511 persone, e buona parte di queste (uno su tre) grazie agli scivoli (53 milioni di euro) pagati dalla banca verso il pensionamento anticipato di anzianità. In bilancio sono stati subito accantonati ulteriori 23 milioni e nel primo bimestre 2011 altri 119 se ne sono andati via dalla banca centrale, e la metà (56) si sono presi lo scivolo verso la pensione di anzianità. Quindi lì si fa quel che si vorrebbe (giustamente) vietare al resto di Italia.

Non male a proposito di welfare anche l’ultimo accordo sottoscritto dai dipendenti sulla assistenza sanitaria. La polizza assicurativa attuale costava 1.180 euro all’anno: 830 li metteva la banca centrale, e 350 ciascun dipendente. La nuova formula sottoscritta a luglio allarga il campo delle prestazioni, prevede una polizza base di 1.250 euro, di cui 1.180 saranno a carico della banca e solo 70 pagate dai dipendenti. E’ come se nella sistema sanitario nazionale invece di mettere i ticket ai cittadini si fossero allargate invece le prestazioni a carico dello Stato.

Nel mondo che vive alla rovescia, mentre l’Italia tira la cinghia e vive preoccupata dalla crisi, in Banca d’Italia i dipendenti hanno una sola preoccupazione: le promozioni a condirettore e gli avanzamenti di carriera per cui da settembre saranno sottoposti a prove di valutazione che ritengono troppo stringenti. Ma di promozioni dicono che c’è gran bisogno: fin qui nel 2011 hanno avuto lo scatto di grado solo 95 dipendenti e da un po’ di tempo non si stava largheggiando. 69 promozioni nel 2010, 79 nel 2009, 92 nel 2008, 78 nel 2007. Certo, uno lavora tutto il giorno senza mai protestare e si immagina di potere fare carriera un po’ più velocemente. Se Draghi era di manica corta, magari il suo successore largheggerà un po’…

di Franco Bechis

22/08/2011

La finanza e/o il mondo reale

Arginare la finanza che non ha niente a che fare con il mondo reale
di Andrea Di Stefano - 23/08/2011

Fonte: il fatto quotidiano

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La crisi, secondo Giulio Sapelli, docente di storia dell’economia presso l’Università Statale di Milano, la stanno creando i decisori incapaci di assumere posizioni chiare e, in primis, il presidente della Bce, Jean Claude Trichet. “La prima cosa da fare è mettere immediatamente mano alla riforma del sistema finanziario. Bisogna riapplicare tutte le norme che erano state varate dopo la crisi del 1929, separando le banche commerciali da quelle d’investimento. I dati che sono emersi sul comportamento delle banche che hanno ricevuto ingenti risorse dalla Fed sono lì a parlare da sole: 16000 miliardi di dollari che sono stati utilizzati per fare giochi finanziari invece che per sostenere investimenti dell’economia reale”.

Sapelli fa riferimento alle conclusioni del GAO (Governement Accountability Office, la ragioneria dello Stato in versione Usa) che a luglio ha trasmesso al Congressoun voluminoso rapporto su come sono stati utilizzati 16 trilioni di dollari (16000 miliardi!!) erogati come prestiti a tasso zero. La lista degli istituti beneficiari figura a pagina 131 del rapporto. Ovviamente figurano tutte le principali banche Usa, Giapponesi e Europee: Citigroup (Usa): 2.500 miliardi di dollari (una volta e un quarto la ricchezza prodotta in un anno dall’Italia e quasi sei volte quella del Belgio), Morgan Stanley (Usa): 2.040 miliardi di dollari, Merrill Lynch (Usa): 1.949 miliardi di dollari, Bank of America (Usa): 1.344 miliardi di dollari,Barclays Plc (Regno unito): 868 miliardi di dollari, Bear Sterns(Usa): 853 miliardi di dollari, Goldman Sachs(Usa) : 814 miliardi di dollari, Royal Bank of Scotland (Uk): 541 miliardi di dollari, JP Morgan Chase(Usa): 391 miliardi di dollari, Deutsche Bank (D): 354 miliardi di dollari,UBS (Svi) 287 miliardi di dollari,Credit Suisse (Svi): 262 miliardi di dollari, Lehman Brothers(Usa): 183 miliardi di dollari, Bank of Scotland (Uk): 181 miliardi di dollari, Bnp Paribas (F): 175 miliardi di dollari.

“Credo che sia indispensabile arginare logiche finanziarie che nulla hanno a che fare con il mondo reale: basta pensare che i titoli di stato hanno come collaterali dei derivati perché la stabilità del sistema economico mondiale viene messa nelle mani di un oligopolio internazionale come oggi è il sistema finanziario”.

Professore ma non bisogna prima di tutto riportare sotto controllo i conti pubblici?

“Certo misure per migliorare i saldi degli stati vanno prese ma prima di tutto vanno ricostruite le condizioni economiche e sociali perché non si distruggano le economie e la coesione sociale. Purtroppo io vedo un filo rosso tra situazione economica, incapacità della politica di fare scelte collettive per far uscire i paesi dalla stagflazione e le rivolte di Londra”

Quindi non c’è il rigore avanti tutto?

“Assolutamente no. Al secondo posto degli interventi da fare per creare le condizioni per non uscire tutti morti da questa crisi è togliere la Bce dalle mani del signor Clouzeau, come ormai possiamo chiamare Jean Claude Trichet. La Banca centrale va liberata dall’egemonia tedesca che con la sua politica anti-inflazionistica ci spinge se non in una seconda recessione in una pesante stagflazione”

Le imprese, però, sono tornate a fare profitti come prima dello scoppio della bolla immobiliare e del debito ma non investono e i consumi sono stagnanti?

“Perché abbiamo bisogno del terzo intervento fondamentale per uscire da questa crisi: liberare dal fisco i redditi da lavoro e capitale industriale (quindi giù l’Irpef e via l’Irap), aumentare l’Iva soprattutto sui beni di lusso e spostare la fiscalità sulla rendita e sulle attività finanziarie speculative. Mi rendo conto che non è semplice, anche perché Obama, che aveva promesso grandi riforme a cominciare dalla Volcker rule cioè la separazione tra banche commerciali e d’investimento, si è fatto bloccare dalle lobby di Wall Street in una furibonda spaccatura della business community statunitense che non si vedeva da tempo”.