martedì 30 agosto 2011

Crisi: gli Stati tornino a stampare moneta

Chieti, 30 Agosto ’11 – Martedì, S. Rosa - Anno XXX n. 295 - www.abruzzopress.info - abruzzopress@yahoo.it - Tr. Ch 1/81

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Ap –Della Moneta


Secondo gli insegnamenti del Prof. Giacinto Auriti

Per uscire dalla crisi gli Stati tornino a stampare moneta


di Savino Frigiola


Il perdurare e l'aggravarsi della violentissima crisi, economica ed occupazionale, spinge inesorabilmente lavoratori e datori di lavoro a cercare di individuare le cause foriere di tanti disastri. Come tutte le crisi che si sono succedute, a partire dalla più famosa del 1929, anche l'attuale è stata realizzata restringendo drasticamente e repentinamente la circolazione monetaria esistente sul mercato.

Fisiologicamente, in economia, la moneta ha la stessa funzione dell'acqua nell'organismo umano: entrambe pertanto debbono essere pubbliche poiché svolgono la funzione di pubblica utilità. La "Teoria del Valore Indotto della moneta", enunciata da Giacinto Auriti, confermata dalla successiva denuncia dei patti di Bretton Woods sin dal 15 agosto 1971 da Nixon, hanno definitivamente stabilito che “il valore della moneta è conferito dai cittadini che la utilizzano” e non dalle banche centrali che l'approntano. L'attuale crisi economica ed occupazionale, lungi dall'essere superata, è stata realizzata con la violenta sottrazione di liquidità dal mercato, dalla massa debitoria generata con l'attuale emissione monetaria, ad opera dei banchieri privati e dal pagamento dei relativi interessi passivi. A tutto ciò va aggiunto la liquidità che è stata fatta sparire a privati e Pubbliche Amministrazioni con il giochino dei bond tossici.

L'ultimo patto di stabilità europeo ci impone il rientro del debito pubblico di un ventesimo ogni anno dell'importo che eccede il 60 % del PIL, circa 45 miliardi di Euro ogni anno (il doppio della già pesante finanziaria in corso). Un simile salasso da cavallo che si aggiunge alla manovra in corso ed al pagamento degli interessi passivi (già in aumento), il nostro "Sistema Paese", fortemente debilitato non è in grado di poterlo sostenere. A nulla serve contrarre l'attività sociale, salari e stipendi mediante i prelievi direttamente nelle tasche dei cittadini. Per mitigare gli effetti della crisi e rilanciare i processi produttivi ed occupazionali abbiamo l'assoluta necessità di poter disporre della liquidità per sostenere investimenti e ricerca, senza indebitarci ulteriormente verso i banchieri privati, ai quali è stato conferito oltre all'emissione monetaria, anche il potere di poter aumentare i tassi a proprio piacimento, che loro stessi incassano. Occorre agire rapidamente per bloccare la crisi come quelle imposte a Islanda, Irlanda e Grecia, poiché dopo Portogallo, Spagna e Belgio, ora tocca a noi. Lo Stato Italiano deve smettere d'indebitarsi per monetizzare il proprio mercato o per pagare i suoi titoli di debito in scadenza, che vengono quotati in borsa e valutati dalle società di rating secondo le desiderate della cricca bancaria e monetaria. Dovrebbe essere comprensibile per tutti l'impossibilità di estinguere un debito accendendo un altro debito.

Se i titoli di debito dello Stato sono buoni e valgono, al punto da essere accettati e scontati dagli avveduti, prudentissimi ed esosi banchieri privati, debbono valere anche i titoli monetari emessi dallo stesso Stato. Vantiamo in tal senso una positiva e centennale esperienza di emissione monetaria diretta da parte dello Stato, dal 1874 al 1975. Occorre che il mondo della produzione e dei consumi, abbandonati dalla "politica" in balia dei banchieri, si coalizzino per costringere la Pubblica Amministrazione a riassumere il ruolo che le compete per la tutela degli interessi dei cittadini tutti, mediante la guida economica dell'intera Nazione che non può essere disgiunta da quella monetaria, sciaguratamente

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ABRUZZOpress – N. 295 del 30 agosto ’11 Pag 2


affidata alla "cupola" dei banchieri privati. E' opportuno smettere di non vedere che la politica è riuscita a mettere i topi a guardia del formaggio. Poiché quando si hanno i topi in casa non si può guardare al colore dei gatti, è opportuno che tutte le categorie economiche e produttive, i soggetti politici di qualsiasi colore, nell'interesse generale di tutti, si apprestino a fornire i propri gatti dai colori più variegati, affinché si possa con una azione comune realizzare la derattizzazione nelle "Casse dello Stato" di proprietà di tutti i cittadini. Lo Stato deve tornare a battere moneta in nome e per conto dei propri cittadini; acquisirne la proprietà a titolo originario e con essa rilanciare economia, occupazione e ricerca come da centennale positiva esperienza già effettuata. Ciò ha consentito, subito dopo l'unità d'Italia di realizzare tutte le infrastrutture necessarie al nuovo stato nazionale, compreso i famosi palazzi e quartieri "umbertini", ancora esistenti e funzionanti, senza imporre tasse e senza accendere debiti. Successivamente utilizzando sempre la stessa emissione monetaria si sono realizzate una miriade di opere pubbliche dalle inconfondibili linee architettoniche, tipica quella "razionalista" e quelle del Piacentini, sempre senza aumentare le tasse e senza aumentare il debito pubblico che anzi, sino al 1940 era rimasto stabile al 20 % (tra i più bassi della storia d'Italia) per passare poi nel 1945 al 25%, dopo una guerra persa. Successivamente lo Stato continuò a battere moneta sino al 1975.

Gli introiti dovuti al signoraggio così incamerati hanno seriamente contribuito alla ricostruzione del territorio nazionale devastato dagli eventi bellici (all'inizio degli anni 70 il debito pubblico era sceso al 20 %). Tutto ciò a conferma e dimostrazione che il debito pubblico è generato dall'emissione monetaria dei banchieri privati. Giova trarre profitto dalle esperienze altrui: in Islanda hanno cacciato i vecchi governanti e hanno già messo sotto processo otto banchieri, gli altri sono fuggiti. L'unica lotta vera alla consorteria bancaria-monetaria si realizza con il togliere ai banchieri i privilegi che derivano dall'emissione monetaria e riconferirli allo Stato. Qualsiasi altra manovra o proposta, spesso suggerita dagli agenti del sistema bancario, proprio per depistare, risulta utile solo alla cupola bancario-monetaria per mantenere lo status quo.

Da "Scelta di Campo del 28 agosto: "[Luca Davi, Il Sole 24 Ore, del 24 agosto]. L'ex governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan, per quanto screditato, la sa lunga e afferma: «L'euro si sta dissolvendo - questa è la causa delle difficoltà del sistema bancario europeo . E' evidente che questa terapia shock, più che per salvare l'Italia, è concepita per salvare l'euro. Dissanguarsi per tenere in vita l'euro non è solo ingiusto, è del tutto irrazionale."

Il ritorno all'emissione monetaria da parte dello Stato ci mette al riparo dalle sempre più probabili tempeste monetarie e legittima la speranza di non lasciare ai nostri figli un mondo peggiore di quello che abbiamo trovato.

S.F.

Squali. O del cannibalismo finanziario

Squali. O del cannibalismo finanziario
di Miro Renzaglia - 29/08/2011

Fonte: mirorenzaglia

Il cannibalismo è praticato dalle specie animali per lo più in momenti di estrema emergenza alimentare. Per l’uomo, ad esempio, ne allude Dante in maniera nemmeno tanto criptica nellaDivina Commedia, quando narra del Conte Ugolino, rinchiuso in una cella insieme ai due figli e condannato a morir di fame, arresosi infine a fare del cadavere dei congiunti orrido pasto: «poscia più che il dolor poté il digiuno» (Inferno, XXXIII, 75). In genere, però, vale l’antico “cane non mangia cane”. Eppure, qualche eccezione all’aureo detto nel regno animale c’è. Fra queste, la più osservata e nota è quella dello squalo che pratica il cannibalismo sia in fase uterina (i piccoli squali hanno i denti già in fase prenatale per cui l’esemplare più forte fa spesso strage dei fratelli) sia in quella postnatale: per i più grandi, infatti, i più piccoli della loro specie risultano un pasto assai prelibato.

Ora – come si sa – il titolo di squalo in economia viene affibbiato spesso a quei gentili signori che si dedicano alla per loro piacevole pratica di fare soldi dai soldi, negli infiniti modi che il gioioso mondo del capitalismo finanziario mette a disposizione: dai giochetti al rialzo o al ribasso sui titoli di stato, alle speculazioni di borsa, al signoraggio e, giù giù, fino alla pratica usuraia, da cravattari vecchie maniere, delle banche che applicano un tasso sui prelievi da “scoperto” degno degli strozzini. Va da sé, perciò, che se metaforicamente a questa nobiltà della moneta sta appropriata la figura dello squalo, da qui ad appioppargli quello di cannibali il passo non è solo breve ma è anche consequenziale e logico. L’unica differenza notevole rispetto alla pratica del cannibalismo alimentare è che il loro non è condotto in condizioni di emergenza. Ovvero e per essere più chiari: la divorazione del proprio simile non è dettata da penuria delle risorse vitali ma dal desiderio di accumulo di ricchezza e di potenza economica. Divorano il più debole, insomma, non per sopravvivere ma per restare unici arbitri del gioco e, possibilmente, alla fine anche l’unico giocatore in campo. E anche quando stringono delle alleanze, lo fanno per mero calcolo strategico: una volta sbranata la vittima, statene certi, cercheranno di addentare la gola del complice.

Messa come l’ho messa finora, però, la cosa potrebbe anche apparire il passatempo, per quanto feroce e reale, di ricchi ed annoiati signori i quali, per distrarsi, si dànno ad una specie di guerra privata, senza effetti nella nostra vita di tutti i giorni, nei nostri stati, per le imprese produttive. Non è esattamente così. Anzi: non è assolutamente così. Aveva visto benissimo, già nel 2005, Fausto Bertinotti che in un’intervista a Il Sole 24ore, si esprimeva in tali termini: «Siamo davanti a una profonda crisi del capitalismo italiano, una crisi in cui si innesta il declino delle grandi famiglie che hanno costituito l’ossatura della borghesia industriale del Paese. E poiché questo avviene nel vuoto della politica, in particolare del Governo, si determinano processi di cannibalizzazione. Mancano progetti industriali di sviluppo intorno ai quali si possa riselezionare una nuova classe dirigente: così il capitalismo implode nella forma delle scalate, strumento tipico della cannibalizzazione […] Il cannibalismo, anche se fa muovere il sistema, è per forza regressivo, perché divora se stesso senza produrre sviluppo. Con le scalate cambia l’assetto proprietario, ma l’apparato economico resta fermo».

Punto chiave del pensiero di Bertinotti è la distinzione fondamentale fra capitalismo produttivo e capitalismo finanziario. C’è un capitalismo, il primo, che investe per lo sviluppo di impresa del lavoro e di conseguenza della nazione, e un capitalismo, il secondo: quello finanziario che non solo sottrae ricchezza e risorse all’altro ma, nel farlo, blocca ogni possibilità di sviluppo all’intera economia del Paese, producendo profitto solo per se stesso. Bertinotti indica nel meccanismo delle “scalate” lo strumento e la strategia di cannibalizzazione. Non è matematico. Vi è da dire che le scalate non sono il male assoluto perché, in genere, riguardano imprese, quotate in borsa, in difficoltà e se, quindi, a compiere una scalata sono, ad esempio, azionisti di minoranza che, collegandosi, diventano maggioranza e assumono l’amministrazione della stessa al fine di risanarla (e a volte, anche se raramente, ci riescono pure) il dato sarebbe positivo. Il problema vero è che spesso le difficoltà dell’azienda vengono dalle speculazioni che i grandi finanzieri compiono scommettendo al rialzo o al ribasso sui titoli di borsa di quell’impresa. E non saranno mai o quasi mai questi ultimi ad entrare nel consiglio di amministrazione della società scalata. Al limite, avranno favorito qualche amico degli amici interessato all’acquisizione dell’azienda per accorparla ad altra che già possiede e fare “cartello”. O, come capita più spesso, per fallimentarla e dare maggiore spazio alla concorrenza di qualche altro amico degli amici. Al cannibale basta aver lucrato sulle quote delle azioni di borsa. E, in questo caso, torna ad aver ragione Bertinotti: dalle scalate di questo tipo (le più) il giro di miliardi messo in gioco, nel migliore dei casi, non produce né nuove imprese né nuovi posti di lavoro; nel peggiore, invece, produce disoccupazione e regressione socioeconomica del Paese. Senza contare che a essere cannibalizzati saranno anche i piccoli risparmiatori che avevano investito sui titoli di società fallimentate, diventati carta straccia.

E quello che vale per le azioni delle imprese, vale anche per gli Stati. Lo abbiamo visto in Grecia e ne stiamo sperimentando i primi effetti anche noi, con l’ondata speculativa sui nostri buoni del tesoro, quelli che ci serve vendere trimestralmente per non far fermare del tutto la carretta Italia. Basterà che vada deserta un’asta o due e saremo appiedati. Per non farlo accadere, intanto, stiamo facendo esattamente come ha fatto la Grecia: alziamo gli interessi sui Bpt per continuare a renderli appetibili. Con quale rischio? Che chi li ha acquistati in montagne geometriche (si tenga presente che ad ogni asta italiana la richiesta è tripla rispetto all’offerta: e non è un bell’indizio) si presenti allo sportello e ne esiga l’incasso. La bolla speculativa esploderebbe e noi andiamo per stracci. Esattamente – lo ripeto – come la Grecia. Pensate che ciò non possa accadere? Io non ne sono così sicuro. E, del resto, sono le gioie del libero mercato dove il profitto è l’unica regola a dettar legge. Purtroppo, segnali di recupero di un controllo politico dell’economia non arrivano. Anzi: arrivano segnali opposti. Proprio in questi giorni, ferve tanto impegno istituzionale intorno alla riforma dell’art.41 della nostra Costituzione, al fine di sostituire quel pernicioso terzo comma («La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali») con altra dicitura ben più appropriata ai tempi: tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge, è libero. In parole povere: di fronte agli sconquassi dell’economia, anziché ad un passo in avanti dello Stato si ricorre alla medicina omeopatica dell’ “ancora più indietro”. Non funzionerà, semplicemente perché non ha mai funzionato. Quando i sistemi finanziari entrano in crisi, come è accaduto nel 2008 con il crack dei mutui subprime negli Usa e a seguire in tutto il mondo, i cannibali (le banche soprattutto) smettono per un attimo le loro abitudini e si fingono amici dell’uomo (quindi degli Stati) e invocano quel soccorso che puntualmente ottengono. Dopodiché… bè, dopodiché, lo sapete come va a finire, no? I cannibali tornano ad essere quelli che sono, secondo perversa natura. E lo Stato? Vade retro, Satana…

il Giappone si appresta a uscire dal nucleare

Non c’è solo Fukushima. Anche il Giappone si appresta a uscire dal nucleare
di Lucas Whitefield Hixson - 29/08/2011

Fonte: Come Don Chisciotte





Procedure insicure, fughe di radioattività, ecco perché si anima il dibattito sul futuro nucleare del Giappone

Proprio ieri l'altro, visitando la zona di Fukushima, il primo ministro giapponese Naoto Kan - ormai in procinto di dimettersi - ha dichiarato che: «le aree intorno alla centrale potranno restare inabitabili per decenni a causa delle forti radiazioni». Nei giorni scorsi il parlamento di Tokyo ha votato il cosiddetto «pacchetto verde», un insieme di provvedimenti che prefigura - anche se non in maniera esplicita - un'uscita del Giappone dal nucleare. Insomma, dopo il disastro di marzo anche le anchilosate istituzioni nipponiche hanno dovuto prendere atto della necessità di una svolta. Questo non vuol dire che l'uscita dall'atomo sia cosa fatta, restano infatti mille incertezze e rimane la forza della potente lobby atomica.

Anche alla luce delle ultime novità, riteniamo utile proporre ai lettori un interessante articolo di Lucas Whitefield Hixson sulla storia degli incidenti nelle centrali nucleari giapponesi. Potete leggerlo di seguito, scoprendo così come quello di Fukushima sia stato soltanto l'ultimo (e certamente il più grave) di una serie impressionante di incidenti.

L’industria nucleare giapponese si fida sin troppo dell'opinione pubblica che in fondo non è ben informata di quello che sta facendo, oppure è troppo indaffarata per impedire che il pubblico si ricordi della sua storia controversa?
L’11 marzo del 2011 è stata dichiarata la prima emergenza nucleare in Giappone dopo il disastro alla centrale nucleare di Fukushima. Gli eventi verificatisi in serie nelle centrali nucleari giapponesi non sono certo episodi isolati, e neppure la questione della sicurezza e dei controlli è cosa nuova.

Il Giappone ha importato il suo primo impianto nucleare commerciale dal Regno Unito nel 1966, e ha completato il primo reattore proprio nel 1970. Anche se alcuni lodano il Giappone per la sua "buona reputazione" sulla pubblica sicurezza, l’industria nucleare in Giappone è stata sinora un barometro di disgrazie per la nazione giapponese.
Gli aspetti fondamentali del programma nucleare del Giappone rimangono dopo quarant’anni ancora nascosti da sotterfugi. In questi decenni, gli incidenti nucleari hanno avuto un impatto irrilevante sulle politiche del governo, mentre i disastri sull’isola hanno continuato ad aumentare per dimensione e pericoli portati alla salute pubblica.

Mentre da un lato si dichiara ai quattro venti che fino a quando i controlli saranno adeguati l’energia nucleare è sicura, pulita e incredibilmente potente, le strutture e i controllori hanno sempre schivato la responsabilità di eseguirli, persino quella di effettuare controlli di routine.
Se i cittadini giapponesi stanno assistendo al riemergere di un comportamento fitto di dinieghi, di insabbiamenti e di collusione burocratica tra l’industria e il governo, ciò dovrebbe chiarire le idee dell’opinione pubblica sul pericolo portato dal programma nucleare giapponese.

Sono stati pubblicati molti articoli e libri sulla scoperta della corruzione, della collusione e degli insabbiamenti da parte dei funzionari e degli operatori degli impianti negli anni ’80 e ’90. Alcuni hanno dato notizia di un numero di incidenti e di malfunzionamenti ai reattori o difetti alle strutture nucleari giapponesi. Non solo gli operatori erano a conoscenza dl problema, ma anche i dati forniti furono scrutinati, e si trattava solo della punta dell’iceberg nucleare.
Tra gli incidenti figurano quello di Tokaimura, l’esplosione di vapore a Mihama, le conseguenze del terremoto nel mare al largo di Ch?etsu e gli insabbiamenti dopo gli incidenti al reattore di Monju, solo per nominarne alcuni. La costruzione di nuovi impianti è incrementata durante gli anni ’80 e ’90, ma alla meta degli anni ’90 il programma nucleare giapponese era piagato da una serie di scandali che sono stati sempre nascosti nel decennio successivo.

Le lamentele non vengono prese in considerazione

Nel 1999 dopo una serie di piccoli incidenti nucleari in Giappone, un cittadino del posto riferì ai giornalisti: "Siamo davvero preoccupati, spero che introdurranno un sistema dove le informazioni vengano rese pubbliche e noi, i residenti, potremmo vivere senza preoccupazioni."
Dopo lo scandalo di Tokaimura un sondaggio di un quotidiano mostrò che il 74% delle persone era cauto nei confronti dello sviluppo dell’energia nucleare in Giappone, ma al tempo stesso il governo affermò di essere sempre impegnato nell’energia nucleare.

In questo momento alcuni sondaggi indicano che più dell’80% dei giapponesi sono contro il nucleare e non si fidano delle informazione del governo sulle radiazioni.
Nella società giapponese e in quella di altri popoli, c’è la preoccupazione che una volta che molti cittadini perderanno fiducia nella sicurezza del nucleare, non potrebbe più venire ripristinata. Il governo giapponese e le agenzie di controllo hanno appena iniziato a ricostruire quella fiducia, ma la tendenza a calmare la dialettica del pubblico è ancora perfettamente al suo posto.


Il budget dell’energia nucleare si è rapidamente ingigantito dalla sua nascita

Il programma nucleare giapponese nacque nel 1954, quando il Giappone destinò 230 milioni di yen per l’energia nucleare. Fino al 2008 i ministeri giapponesi e le agenzie hanno sempre richiesto un aumento del budget che ha sorpassato i 490 miliardi di yen, nello sforzo di spingere il programma nucleare giapponese a livelli senza precedenti nella storia umana.
Al contrario, Bank of America Merrill Lynch (BAML) ha riportato che le richieste di risarcimento a TEPCO potrebbero ammontare da 122,5 ai 134,8 miliardi di dollari nei prossimi due anni.

La battaglia per recuperare il sostegno della gente

Di recente, il Primo Ministro giapponese Kan ha fatto un commento su un futuro del sistema energetico giapponese libero dall’energia nucleare. L’affermazione del Primo Ministro è stata prontamente chiarita da altri funzionari che sono stati rapidi nell’evidenziare che non ci sono progetti immediati per cessare l’energia nucleare in Giappone, e che le restrizioni verranno poste in essere per un periodo di tempo limitato.
Dopo l’incidente di Tokaimura, il governo giapponese ha dovuto far fronte alle critiche internazionali per come ha gestito il disastro. Nel 1999 l’ex Primo Ministro giapponese, Keizo Obuchi, (in carica dal 30 luglio 1998 al 5 aprile 2000) promise di intensificare i controlli sulle strutture nucleari del paese dopo un incidente a un impianto di riprocessamento del combustibile provocato da un’infrazione al protocollo di sicurezza. Poi disse: "Trovare misure preventive è il modo per recuperare la fiducia del pubblico per l’energia nucleare”.

Il governo di Ibaraki ordinò a JCO di sospendere tutte le attività di riprocessamento dell’uranio fino a che la sicurezza dell’impianto non fosse stata garantita. Molti esperti all’epoca avrebbero considerato le autorità di allora non informate, o addirittura negligenti se si considerano le regolamentazioni dell’impianto.
In seguito ai fatti, le autorità giapponesi furono istruite per fare accertamenti sulla sicurezza e stabilirono che le misure di sicurezza nell’industria dell’energia nucleare dovessero essere scrutinate per prevenire futuri incidenti. Il Primo Ministro, Keizo Obuchi, disse che sarebbero stati fatti controlli in tutte le infrastrutture nucleari del paese, e si impegnò nell’intensificare i controlli.
Nel dicembre dello stesso anno, il Parlamento giapponese approvò una nuova legge per la quale la responsabilità primaria del governo era quella di istituire immediatamente un centro per la gestione delle crisi per le evacuazioni e altre misure di sicurezza nel corso di disastri nucleari. La legge imponeva agli operatori degli impianti nucleari di comunicare immediatamente un qualsiasi incidente al primo ministro, che sarebbe stato in grado di convocare le forze armate se fosse stato necessario.

Ma pochi anni più tardi, il Primo Ministro giapponese Junichiro Koizumi (in carica dal 26 aprile 2001 al 19 novembre 2003) iniziò a citare sempre più spesso il futuro dell’energia nucleare in Giappone. Il Primo Ministro Koizumi affermò che il governo giapponese avrebbe intrapreso sforzi “più vigorosi” per convincere l’opinione pubblica della necessità dell’energia nucleare.

Non ci sono vere scuse se la rotta non cambia

La segretezza è sempre stata una caratteristica onnipresente nell’industria nucleare, specialmente in Giappone, dove i cittadini sono riluttanti nel manifestare il proprio disaccordo sulle cose. Il sistema sociale giapponese favorisce un atteggiamento riservato, che rende più facile nascondere le informazioni per un lungo periodo di tempo.
La piaga degli incidenti, degli insabbiamenti e degli scandali hanno demolito la fiducia nella sicurezza di questo tipo di produzione energetica. Il governo giapponese è stato criticato duramente per la supervisione lassista e per le risposte ritardate ai disastri nucleari.

Alla IAEA, che fa ispezioni alle centrali nucleari solo su richiesta o dopo l’accettazione di un’offerta ufficiale, è stato più volte rifiutato l’accesso negli anni ’80 e ’90. Dopo sporadici accessi in alcuni reattori, nel 2008 un esperto della IAEA, nel corso di una riunione del Gruppo di Sorveglianza e Sicurezza del Nucleare al G8, avvertì che i terremoti sarebbero stati un “problema serio” per le centrali nucleari giapponesi.
Il governo giapponese comprese che dopo gli eventi devastanti e le rivelazioni degli anni ’90 c’era il bisogno di ricostruire la fiducia del pubblico. Questi sforzi sono sempre stati sminuiti dalle accuse secondo cui il governo non riusciva neppure a dare un’occhiata ai residenti delle zone vicine alle centrali, per non parlare dell’interna popolazione nazionale.

Gli “schiavi” nucleari e gli “zingari” sono a rischio

Nel 1999 fu scoperto che molti impianti stavano mettendo la vita dei lavoratori temporanei non addestrati a rischio. Gli intermediari del lavoro, o le agenzie di lavoro temporaneo stavano cercando di assumere un numero sempre maggiore di persone senza casa per svolgere lavori pericolosi come pulire i reattori nucleari. Ai lavoratori fu permesso di lavorare un turno in una centrale nucleare, e poi fare ore straordinarie nello stesso giorno in altre stazioni dei reattori, esponendosi a dosi di radiazione potenzialmente letali.
L’utilizzo dei lavoratori temporanei nelle strutture nucleare è considerata una questione spinosa e non è stata molto dibattuta in Giappone. Molti hanno troppa paura di parlare per i loschi figuri che sono coinvolti nel reclutare i senza casa e gli altri lavoratori temporanei.

Matsumoto-san, un uomo senza fissa dimora che vive in un parco di Tokyo, ha svolto un lavoro di pulizia per tre mesi alla centrale nucleare di Tokaimura vicino al luogo dove era avvenuto l’incidente. Ha detto di essere stato esposte a condizione pericolose: "Noi toglievamo la polvere e avevamo dei sensori che scattavano quando i livelli di radiazione erano troppo alti, ma i supervisori ci dissero di non preoccuparci, anche se stavano suonando. Sono venuto via quando ho iniziato a sentirmi male." L’azienda dove lavorò Matsumoto-san si è rifiutata di pagare un risarcimento, dicendo che non c’erano prove che la malattia fosse collegata al lavoro svolto.
Yukoo Fujita, professore di fisica alla Keio University ha trascorso anni avvisando i lavoratori temporanei mettendo poster fuori dagli impianti e aiutando le persone che successivamente si ammalavano. Descrive il loro lavoro come "una forma moderna di schiavitù". Molti lavoratori ricevono solo un addestramento superficiale sulla sicurezza e non hanno idea di quanto il loro lavoro sia pericoloso, secondo gli insider di quest’industria.

Più della metà degli impianti giapponesi hanno ammesso di aver falsificato i propri report per più di trent’anni

Il futuro dell’energia nucleare in Giappone potrebbe anche causare maggiori proteste tra i gruppi internazionali e impedire la futura produzione e lo sviluppo dell’energia nucleare. Le denunce internazionali sono giunte dopo una sfilza di manifestazioni di rabbia e di fiducia tradita, e viene spesso combattuta con dati ingannevoli o quanto meno mal presentati, prodotti nello sforzo di ridurre lo stato d’ansia.
Una debolezza evidente dei controllori nucleari giapponesi è che compaiono solo a disastro avvenuto, e quando i loro tempi di risposta e l’accuratezza delle informazioni vengono messi sotto la lente di ingrandimento. Molti incidenti sono stati non denunciati per anni, e questo fatto fu confermato nel 2006.
La NISA richiese che le compagnie rivelassero qualsiasi infrazione nella sicurezza non denunciata che non era stata ancora scoperta alla fine di marzo del 2007. Molti non furono sorpresi che sette delle dodici aziende pubbliche ammisero di aver falsificato le registrazioni per più di trent’anni.

La centrale nucleare di Shika della Hokuriku Electric Power Company

Un esempio di insabbiamento che fu rivelato nel marzo del 2007 risale a quandoHokuriku Electric Power Company rivelò che nel giugno del 1999, nel corso di un’ispezione, avvenne un evento critico al reattore 1 alla centrale nucleare di Shika.
Questo evento è stato tenuto nascosto e non è stato fatto sapere né al pubblico, né al governo giapponese. Il 5 giugno 2007 il presidente della Commissione sulla Sicurezza del Nucleare face un’ispezione al deposito delle barre, ai macchinari per la trasmissione e valutò che l’evento fu dovuto ai risparmi dell’azienda.
Mentre l’insabbiamento era ancora in corso, i cittadini del posto nel 1999 citarono in giudizio Hokuriku Electric Power Company, lamentandosi che il Reattore 2 appena realizzato non era stato costruito con standard sufficienti per resistere ai terremoti, ma quando la corte distrettuale di Kanazawa riuscì a valutare le prove, l’impianto era già stato costruito.


Malgrado gli scandali, le coperture e le leadership in continua rotazione, gli impianti negano il declino della sicurezza

Una ricerca governativa pubblicata appena dopo l’incidente di Tokaimura del 1999 rivelò che 15 delle 17 strutture nucleari in Giappone avevano misure di sicurezza inadeguate. Lo studio, del Ministero del Lavoro, rivelò, in particolare, che non c’erano sufficienti controlli sulla salute a causa dell’esposizione alle radiazioni, malgrado venisse richiesto dalla legge.
Dopo l’incidente di Tokaimura nel 1999, è stato stimato che almeno 700 persone che hanno lavorato nell’industria nucleare giapponese potrebbero essere decedute per l’esposizione a livelli pericolosi di radioattività. È abbastanza evidente che c’era una scarsa attenzione per la sicurezza prima dell’evento critico.
Nell’aprile 2003, dove aver ammesso che i report sulla manutenzione, tra gli altri, erano stati falsificati e aver avviato un’indagine interna, TEPCO negò che gli errori di procedura avessero causato un qualsiasi declino negli standard di sicurezza.
"Sono davvero rammaricato per l’incidente e non mi posso scusare per questo", disse il presidente di Tepco, Nobuya Minami, nel corso di una conferenza. Minami si dimise nell’ottobre del 2003, e il direttore, il vice-presidente e due consiglieri furono costretti a licenziarsi in tutta fretta.
Dopo le dimissione degli alti funzionari e il verdetto di colpevolezza per l’incidente da livello sei di Tokaimura, TEPCO e il governo giapponese si mossero con impazienza per il rapido riavvio dei dieci reattori nucleari, affermando che la domanda dei consumatori doveva essere soddisfatta.

L’incidente di Tokaimura – JCO

Prima del 2000, l’incidente più grave avvenuto in Giappone avvenne a Tokaimura, dopo che alcuni lavoratori non addestrati avevano mischiato in un secchio di acciaio una dose di uranio otto volte superiore a quanto dovuto. Più di 400 residenti nei pressi dell’impianto, oltre ai lavoratori, furono contaminati per aver utilizzato uno standard illegale nella trasformazione dell’uranio.
Dopo l’incidente vennero curate più di cinquanta persone per le esposizioni alle radiazioni eccessive, tra cui 45 lavoratori alla centrale, 3 vigili del fuoco, e 7 cittadini che lavorano nel vicino campo da golf. Secondo l’Agenzia per la Tecnologia e la Scienza giapponese, gli esami su due persone tra quelle che erano più vicine alle perdite suggerirono che erano stati sottoposti a radiazioni "equivalenti all’esposizione di una bomba atomica", e altri 116 lavoratori hanno ricevuto dosi più basse pari o maggiori di 1 mSv.

Inizialmente il management di JCO, la ditta privata che gestiva l’impianto di Tokaimura, si prodigarono nel dare la colpa ai lavoratori che aveva ignorato i protocolli. I funzionari affermarono che i lavoratori avevano provocato l’incidente avendo versato troppo uranio nel contenitore.
Molti scettici hanno evidenziato che la compagnia stava usando un sistema nel quale la creazione della "massa critica" di materiale poteva anche non avvenire. I risultati delle indagini mostrarono che uno dei lavoratori era stato esposto a un livello di radiazioni ben più alto di quanto i funzionari dell’ospedale avevano comunicato. È stato anche riferito che i lavoratori non avevano mai ricevuto addestramento adeguato.

Malgrado i proclami ufficiali, i difetti delle procedure di sicurezza sono già stati nascosti

Nell’agosto del 2004, furono scoperte delle fratture nel cemento del reattore 4 di Hamaoka 4. Tutto questo fu rivelato dopo che una persona rivelò che le ispezioni scorrette erano una pratica standard. In aggiunta a questo, la testimonianza di un ex tecnico responsabile ai design di sicurezza alla centrali nucleari Hamaoka nella Prefettura di Shizuoka rivelò che i dati dei test vennero manipolati e falsificati quando furono costruiti i primi reattori.
Nella causa legale del 2005, uno dei tecnici responsabili dei design di sicurezza alle centrali nucleari di Hamaoka nella Prefettura di Shizuoka spiegò il perché alterò i dati di sicurezza per nascondere i difetti progettuali: “Avevo figli e non v’era abbastanza tempo.”

Più di trent’anni prima lavorò per la Toshiba, che costruì i reattori di Chubu Electric Power Company. È stato accusato di aver falsificato e alterato i dati dei test sulla sicurezza in seguito alle prove per i terremoti. Il tecnico in pensione ha descritto come i dati dei test venivano semplicemente esclusi dal report, di modo che la costruzione potesse andare avanti. Se i dati fossero stati resi pubblici, non c’era modo che i reattori potessero essere costruiti.
Il test rivelò che quando vennero realizzati vari test per le vibrazioni, i dati mostrarono che il progetto non poteva sopportare un forte terremoto. Vennero fatti diversi tentativi per rafforzare la struttura, ma i test mostravano ancora criticità. Malgrado questo, la costruzione proseguì e l’edificio venne completato nel 1971.

La centrale nucleare di Hamaoka - Chubu Electric Power Company

“Il capitale accumulato dalle radiazioni” è un libro scritto da Minoru Konagaya, pubblicato nel 2006. L’autore ha utilizzato il modello dell’incidente di Chernobyl per dimostrare che i meltdown ai cinque reattori di Hamaoka potrebbero uccidere più di otto milioni di persone, e portare l’economia nazionale a un punto fermo.
"Entro otto ore i forti venti occidentali potrebbero portare la nuvola di radiazione su Tokyo”, ha detto Konagaya, 36 anni, un ingegnere civile che era parte della delegazione parlamentare che ha indagato il guasto al sistema di raffreddamento di emergenza di Hamaoka nel 2001. L’impianto era stato progettato per reggere a un terremoto di magnitudo 8,5. Le colline di sabbia alte fino a 15 metri di altezza fornivano una difesa contro uno tsunami alto fino a 8 metri, ma Hamaoka al momento manca di un frangiflutti in cemento.

Gli incidenti riportati alla centrale nucleare di Hamaoka

1991, 4 Aprile – Un abbassamento alla fornitura di liquido refrigerante all’Unità 3, con spegnimento automatico
2001, 7 novembre – Incidente per una vampata in una conduttura dell’Unità 1
2001, 9 novembre - Incidente per la perdita di refrigerante all’Unità 1
2002 - Nel corso di un’ispezione indipendente, fu scoperto che i 16 segni di fessurazione nelle condotte per il vapore erano note all’azienda, che decise di non comunicarle alle autorità della Prefettura
2002, 24 maggio – Perdita di acqua all’Unità 2
2004, 21 febbraio – Principio di incendio all’Unità 2 nella stanza al di sopra della stanza delle turbine.
2004, agosto – Problema all’Unità 4 con falsificazione dei dati da parte dell’azienda
2005, 4 novembre – Incidente per perdita dalle condutture all’Unità 1
2005, 16 novembre – Perdita da una tubatura esterna all’Unità 3 per corrosione
2005, 16 novembre – Nel combustibile esausto dell’Unità 1 è stato trovato materiale proveniente dall’esterno
2006, giugno – Danneggiamento alle pale della turbina dell’Unità 5
2007, marzo – L’azienda ha ammesso almeno 14 casi di pratiche gestionali scorrette
2009, 11 agosto – Le unità 4 e 5 (le uniche ancora operative) si sono automaticamente spente a causa di un terremoto
2011, 6 maggio – Il Primo Ministro Naoto Kan ha ordinato la chiusura delle Unità 4 e 5 e che l’Unità 3 non debba essere riavviata
2011, 15 maggio - 400 tonnellate di acqua di mare sono state rinvenute nel condensatore del vapore della turbina all’Unità 5
2011, 20 maggio – Sono state rinvenute tubazioni danneggiate nel condensatore dell’Unità 5 e l’operatore stima che circa 5 tonnellate di acqua di mare siano entrate nel reattore stesso.

Le lezioni non apprese dovranno ancora ripetersi

Mentre vari operatori stavano falsificando i dati e mascherando i rischi per la sicurezza, fino al Grande Terremoto di Tohoku nel marzo del 2001 continuarono ad asserire pubblicamente che avevano sovra-progettato i loro reattori per poter sopportare una sisma di qualsiasi livello. Il terremoto di Kobe nel 1995 fu spesso usato come esempio.
Satoshi Fujino, responsabile alle pubbliche relazioni al Centro Informativo della Cittadinanza sul Nucleare di Tokyo, ha spiegato che le radici dei problemi nell’industria nucleare giapponese hanno due criticità: l’inadeguatezza dei controlli del governo e la tendenza del management di quest’industria a nascondere gli errori. Fujino ha detto che il processo della valutazione della sicurezza, che ha luogo prima della costruzione dell’impianto, era estremamente carente, e le ispezioni eseguite in un secondo tempo erano "molto disordinate".

Centrale nucleare di Mihama - Kansai Energy Nuclear Company

Al contrario di quanto sostenuto dall’industria, nel 2004 la manutenzione e gli standard di sicurezza nell’impianto della Prefettura di Mihana sembravano tutto meno che sovra-progettati o sicuri. Cinque lavoratori sono deceduti e altre sette feriti da una vampata di vapore e dall’acqua bollente uscite da una perdita alle tubazioni per il raffreddamento.
L’agenzia di stampa giapponese Kyodo ha riportato che la polizia aveva ipotizzato che una negligenza dei lavoratori nelle misure di sicurezza mentre era in corso la preparazione per l’annuale ispezione di controllo. KEPCO, che gestisce l’impianto di Mihama, fu costretta ad ammettere che l’incidente era dovuto al fatto che la conduttura non era stata controllata da quanto fu installata nel 1976.

Alcuni articoli pubblicati dopo l’incidente di Mihama ricordarono al pubblico che quelli che stavano "cercando di ottenere vantaggi" dall’incidente per schierare l’opinione pubblica contro il programma nucleare del Giappone stavano fuorviando i cittadini, e che l’incidente non doveva essere considerato "serio". Malgrado i decessi, non ci furono rilasci di radioattività e per questo l’IAEA non reagì con forza.
"L’incidente alla centrale nucleare di Mihama non è collegato al programma per i combustibili nucleari" argomentò un titolo sulla prima pagina in un quotidiano diffusissimo, lo Sankei Shimbun.
"Non dobbiamo alimentare i timori della gente sulla sicurezza sugli impianti di energia nucleare per reagire in modo eccessivo all’incidente. L’incidente non avrà impatto sulle attività delle altre centrali nucleari del Giappone", era scritto nel titolo dello Yomiuri Shimbun, il maggiore quotidiano del Giappone.

Yoshihiro Kinugasa, un sismologo di punta, è un funzionario molto controverso nella storia nucleare giapponese. Nel 1988, prima di un’ispezione per la concessione dell’autorizzazione alla struttura gestita dalla Japan Nuclear Fuel Service Ltd., Kinugasa consigliò di togliere la parola “attivo” da una descrizione di un difetto presente nell’impianto, come mostra un documento dell’azienda. In questo si può vedere come stesse ufficialmente rimproverando i suoi superiori.
La carriera di Kinugasa è continuata nel corso degli anni ’90 nella commissione che si occupava della concessione delle licenze per l’industria nucleare giapponese, che convalidò uno studio realizzato prima della costruzione del sito di Kashiwazaki. Il report evidenziava tre linee di faglia, ciascuna lunga meno di 10 chilometri, appena sotto la lunghezza che i controllori ritenevano pericolosa.
La centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa è di proprietà e viene gestita da TEPCO, ed è il primo impianto nucleare ABWR. È il generatore di energia più grande al mondo per potenza elettrica netta.

Un decennio più tardi, Kinugasa era nella commissione di controllo che approvò il secondo reattore alla centrale Shika della Hokuriku Electric dopo le faglie ravvicinate furono stimate inferiore ai dieci chilometri di lunghezza.
Nel 1999 i cittadini di Shika fecero causa, richiedendo la chiusura del secondo reattore dell’impianto: "Non ci fidiamo delle rassicurazioni dell’azienda secondo cui le faglie sono separate”, disse Tetsuya Tanaka, 64 anni, un rappresentante del 135 querelanti: "Mettono i soldi davanti alla sicurezza.”
Nel 2005 Kinugasa non stava più lavorando nella commissione di controllo, in quel periodo aveva saltato il fosso e pubblicato uno studio con gli ingegneri dellaHokuriku Electric in cui aveva respinto le accuse dei cittadini riguardo l’insicurezza dell’impianto. Il documento aveva ignorato un congresso amministrativo a cui avevano partecipato i geologi del governo in cui si affermò che le piccole faglie entro i cinque chilometri l’una dall’altro dovevano essere considerate parte di un’unica fessurazione.
Malgrado il report, nel marzo del 2006 il tribunale ordinò alla compagnia di chiudere il secondo reattore, citando “l’inadeguatezza” della progettazione antisismica. Anche se l’appello all’Alta Corte di Nagoya consentì di tenere in funzione l’impianto, fu poi chiuso quattro mesi più tardi dopo che furono scoperte lesioni nelle turbine.

"Kinugasa era sicuramente il principale esperto specializzato nello studio delle linee di faglia alla commissione per le approvazioni della NISA”, ha detto Haruo Yamazaki, un professore della Tokyo Metropolitan University che una volta prese posto nel gruppo della commissione per la sicurezza nucleare che esaminò le approvazioni delle licenze rilasciate dai precedenti controllori: "Dieci anni fa erano presenti davvero pochi specialisti delle linee di faglia”.
"O Kinugasa è un incompetente o lo ha fatto di proposito”, ha detto il sismologo dell’Hiroshima Institute of Technology, Takashi Nakata: "Io pendo che l’abbaia fatto intenzionalmente, cercando di indovinare il numero fortunato”.
"Le stesse persone scrivono le regole, fanno le perizie e approvano le ispezioni”, ha detto Nakata, che siede nella commissione di indagine sui terremoti del Ministero della Scienza: “I controllori fotocopiano i resoconti degli operatori”.

Centrale nucleare di Kashiwazaki Kariwa - Tokyo Electric Power Company

Nel 2007 un terremoto colpì al mattino nei pressi dell’impianto Kashiwazaki Kariwa di TEPCO nella prefettura di Niigata. I lavoratori sul posto cercarono di spegnere un incendio a un trasformatore, mentre l’acqua contaminata da una vasca di raffreddamento trovò la strada per il mare a fiotti, visto che i tamponi isolanti non erano mai stati installati. Dopo la scossa il Ministro del Commercio, Akira Amari, riferì che i controllori non avevano correttamente analizzato lo studio della Tokyo Electric quando il sito venne approvato nel 1974.
Venne citato un ex consigliere della città: “La cosa per cui abbiamo allertato tutti per trentatre anni è avvenuta”, ha detto Takemoto, 57 anni, la cui casa è a tre chilometri di distanza dai sette reattori della centrale nucleare: “Tutte le nostre abitazioni sono collassate, ma siamo molto più preoccupati per l’impianto”.

Il 7 dicembre del 2007, Tokyo Electric, la più grande compagnia giapponese, ha affermato che sapeva da uno studio del 2003 che una faglia sottomarina vicina a Kashiwazaki Kariwa avrebbe potuto provocare un terremoto di magnitudo 7.

Gli incidenti riportati alla centrale nucleare di Kashiwazaki Kariwa

Nel maggio del 2000, l’Unità 6 è stato spenta per precauzione dopo che vennero rilevate concentrazioni in aumento di iodio nel circuito di raffreddamento.
Il 12 giugno 2004, la pressione in un condensatore dell’Unità 1 iniziò a diminuire. I gestori ridussero la potenza, e la pressione del condensatore si stabilizzò, dopo di che l’unità fu mantenuta in esercizio a una potenza inferiore pari a 800 MW per un certo periodo di tempo.
Il 4 febbraio del 2005 l’Unità 1 fu spenta manualmente a causa di una fuga di vapore al piano sottostante la stanza della turbina.

Il 3 luglio del 2005 il reattore dell’Unità 5 si fermò per un blocco alla turbina, provocato da un calo di pressione nel condensatore (i blocchi alle turbine avvengono per proteggere la turbina).
Il 26 maggio del 2006 TEPCO e la Ch?bu Electric Power Company pubblicarono unreport in seguito alla rottura delle barre di controllo in afnio.
Il 12 luglio del 2006 fu scoperto che un lavoratore era stato esposta alle radiazioni al di sopra del limite di legge di 0,8 in un giorno, avendo ricevuto 1,03 millisievert.

Il 16 luglio del 2007 un terremoto al largo della costa di Ch?etsu provocò seri danni a parti dell’impianto, causando piccolo fughe radioattive, lo spegnimento completo e miglioramenti per l’antisismica.
Il 20 settembre del 2007 prese fuoco un condizionatore d’aria temporaneo sul tetto dell’impianto, ma non ci furono pericoli di fughe radioattive.
Il 22 maggio 2008 TEPCO annunciò che gli standard per la resistenza ai terremoti dovevano essere incrementati di un fattore 5 e il lavoro per il rafforzamento dei reattori sarebbe dovuto iniziare a giugno.

Il Primo Ministro Koizumi portò la centrale di Kashiwazaki all’attenzione del pubblico nel 2001, quando respinse i progetti di TEPCO per usare il combustibile MOX nella centrale nucleare. Un portavoce di TEPCO, Takashi Kurita, disse che la compagnia non avrebbe insistito nel suo progetto di introduzione del MOX contro i voleri dei residenti, ma aggiunse che TEPCO avrebbe cercato di vincere queste resistenze.

Il combustibile Nucleare MOX in Giappone

Dopo che la Francia decise di chiudere il suo reattore Superphoenix dopo una sequela di problemi, il Giappone era rimasta l’unica nazione che stava ancora sviluppando i reattori nucleari autofertilizzanti. Gli alti costi di gestione uniti ai problemi che avevano tormentato il reattore di Monju dal 1995, misero pressione sull’industria per trovare un combustibile alternativo. Fu scelta una miscela di uranio e plutonio riciclato dal combustibile nucleare esausto, chiamata MOX. Il combustibile MOX sarebbe stato riciclato negli impianti presenti in Francia e nel Regno Unito, e poi rispedito in Giappone.


La centrale nucleare di Tokaimura

Prima del marzo 2011, la città di Tokaimura era nota soprattutto per aver ospitato uno dei peggiori incidenti nucleari del Giappone, ma ce ne erano stati molti altri che avevano colpito i lavoratori e la comunità locale.
Nel marzo del 1997, scoppiò un incendio alla centrale nucleare di Tokaimura, provocando l’esposizione alle radiazioni di 37 lavoratori. Nell’agosto dello stesso anno, furono rinvenute perdite radioattive da 2.000 fusti in acciaio.
Nel settembre del 1999, in un'altra struttura vicina all’impianto di processamento dell’uranio, trentacinque lavoratori furono contaminati dalle radiazione dopo che un incendio non fu spento correttamente, provocando un’esplosione.

Fu poi descritto come un "classico caso di errore umano", ma più di 400 residenti di Tokaimura furono contaminati dopo che i lavoratori avevano provocato un evento critico per aver utilizzato standard illegale nella trasformazione dell’uranio.
La causa della perdita – rintracciata alle 10:35 ora del posto (01:35GMT) – non fu subito resa nota. Il direttore dell’ufficio di Tokyo della compagnia, Makoto Ujihara, disse che i lavoratori avevano comunicato alle altre squadre nell’impianto che "avevano visto una fiamma blu che saliva dal combustibile" e soffrirono di nausea.

Due dei lavoratori, Hisashi Ouchi e Masato Shinohara, morirono in un secondo tempo in ospedale. Shojiro Matsuura, direttore della Commissione per la Sicurezza del Nucleare, disse che "i lavoratori non erano a conoscenza dei pericoli e non hanno rispettato le regole".
Il portavoce della JCO riportò subito dopo il disastro: “Stiamo ancora cercando di capire cosa è successo esattamente, ma crediamo che l’uranio abbia raggiunto il punto critico".
The incidente avvenne mentre i lavoratori stavano preparando un piccolo lotto di combustibile per il reattore sperimentale autofertilizzante della J?y?. Le procedure standard prevedevano l’utilizzo di un massimo di 2,3 kg di uranio in ogni procedura per prevenire un incidente grave. I fatti emersi hanno dimostrato che i lavoratori stavano mischiando 25 libbre di uranio arricchito invece delle 5 previste. Non solo l’uranio aveva un grado di arricchimento più alto di quello usato fino a quel momento, ma i lavoratori avevano tentato di usare secchi di acciaio per mischiare la soluzione di uranio, invece dei contenitori di sicurezza prescritti dal governo.
Avvenne così una reazione a catena, il calore intenso portò a un eccesso di pressione all’interno del contenitore e alla susseguente esplosione. L’edificio non era stato progettato per contenere le radiazioni, e i gas radioattivi furono dispersi nell’atmosfera.

I livelli di radioattività all’impianto di processamento del combustibile nucleare di Tokaimura erano 15.000 volte più alte del normale. Tre lavoratori furono portati all’ospedale, dopo uno dei lavoratori vomitava in continuazione, mostrando già i sintomi dell’esposizione alle radiazione. Centinaia di residenti delle vicinanze dell’impianto danneggiato furono evacuati. Greenpeace riferì che il numero delle persone esposte alle radiazioni durante l’incidente era certamente più alto rispetto alle stime ufficiali.
Le autorità furono costrette ad avvisare migliaia di residenti nei pressi della stazione nucleare di rimanere in casa, di evitare le verdure coltivate sul posto e di lavarle dalla pioggia. "Una situazione di questo tipo non è mai stata provata dalla nostra nazione" , disse il Primo Segretario del Governo, Hiromu Nonaka, in una conferenza stampa convocata in emergenza: “Ci sono preoccupazioni sulla radioattività presente nelle aree circostanti."

Greenpeace evidenziò che l’incidente si verificò solo un giorno prima della consegna, da parte di una nave battente bandiera britannica, di 495 libbre di una miscela di ossido di uranio di plutonio (MOX) all’impianto di Takahama, nel centro del Giappone. "L’incidente odierno a Tokaimura conferma i nostri timori, la cultura della sicurezza in tutto il Giappone è in crisi profonda e l’uso pericoloso del plutonio nel reattori non farà altro che aumentare le probabilità di una catastrofe nucleare", disse Shaun Burnie, un’attivista di Greenpeace International.
Il Primo ministro Keizo Obuchi criticò duramente la JCO, un’azienda con sede a Tokyo, evidenziando le leggerezze e lo scarso addestramento dei lavoratori, oltre alla mancanza di adeguati protocolli per le emergenze.

Dopo il disastro, il Primo Ministro Obuchi visitò le aree colpite, e dopo che fu terminata la polizia giapponese fece irruzione negli uffici di JCO raccogliendo le informazioni che sarebbero state usate successivamente contro l’azienda. Dopo ilraid, in seguito alla pubblica umiliazione e alle conseguenti azioni legali, JCO fu costretta ad ammettere di aver cambiato il manuale delle procedure senza la necessaria approvazione del governo, nel tentativo di velocizzare il processamento.
L’agenzia di stampa Kyodo, citando una fonte anonima della Science and Technology Agency, riferì che il governo aveva pianificato di revocare la licenza alla JCO "per la gravità dell’incidente". Hideki Motoki della JCO cercò di distrarre l’opinione pubblica affermando che la compagnia sapeva che i suoi standard non erano adeguati alle disposizioni di legge, ma che non era certo che le violazioni avessero provocato l’incidente.
Hisashi Ouchi fu il primo lavoratore a morire per le radiazioni dopo il disastro di Tokaimura. La causa fu provocata dalle lesioni multiple agli organi dopo che Ouchi ricevette una dose di radiazione di 17.000 volte superiori al consentito.
Gli esperti dissero che le violazioni davano un esempio della scarsa attenzione dell’azienda per la sicurezza. Queste informazioni si aggiungono al catalogo di incompetenza e standard permissivi che sono stati scoperti dalle indagini successive all’incidente.

I residenti delle aree limitrofe cominciarono a manifestare le proprie paure e la propria rabbia, soprattutto per la mancanza e per la qualità delle informazioni rilasciate dalle autorità.
L’insegnante di inglese Toshio Tadokura ha detto di non aver sentito niente fino a che il vicepreside del suo collegio fece un annuncio sei ore dopo che si era verificata la perdita. "Sono molto, molto arrabbiato", disse ai media: "Tante persone, me compreso, potrebbero essere state esposte agli effetti del nucleare per quasi sei ore prima di aver sentito di dover chiudere le finestre. Non so quali saranno gli effetti sulla mia salute. La televisione ci ha dato un numero da chiamare per le indicazioni sanitarie, ma non riesco a raggiungerlo."

Il dottor Philip Badzell, un cittadino britannico, che vive nei pressi nel sito nucleare, ha ricevuto la notizia dagli amici in Inghilterra: "Le prime informazioni che abbiamo ricevuto sulla situazione furono alle 4 di mattina da un amico preoccupato che mi ha chiamato da Londra. Viviamo a circa 50 chilometri di distanza dall’impianto e fino ad ora non abbiamo ricevuto né avvertimenti e neppure la più piccola informazione."
Ninja, un ventiquattrenne che vive a 300 chilometri di distanza dall’impianto, ha espresso lo sbigottimento di molti per la mancanza di conoscenza della propria sicurezza: "Sono preoccupato del modo con cui il governo giapponese gestisce la questione in pubblico. Siamo sicuri oppure no? Se sapete qualcosa di quello che succede da queste parti, per favore fatecelo sapere."

Neil Smith, un residente di venticinque anni, ha espresso il suo sgomento sull’accuratezza dei notiziari locali: "Anche se le foto che metti a disposizione mostrano un danno evidente al tetto dell’edificio dove è avvenuto l’incidente, quelle presenti nei giornali giapponesi usciti oggi e addirittura le riprese aeree nel notiziario di questa sera della NHK non fanno vedere alcuna lesione. Presumibilmente stanno tutti usano vecchie fotografie."
Il governo giapponese ha citato in giudizio gli operatori dell’impianto di processamento dell’uranio a Tokaimura. Sei persone sono state arrestate in relazione all’incidente. Tra di loro l’ex gestore dell’impianto Kenzo Koshijima e un vicegestore incaricato delle operazioni del processamento.
Tutti e sei i lavoratori sono stati ritenute responsabili per il disastro di Tokaimura. Kenzo Koshijima fu condannato alla spesa di 4.000 dollari e al carcere per tre anni. Gli altri, compreso un ferito sopravvissuto all’incidente, sono stati messi in libertà condizionata per tre anni.
L’ex presidente di JCO, Hiroharu Kitani, fu condannato per aver violato le procedure della centrale nucleare. Nel marzo del 2000 le autorità giapponesi hanno revocato la licenza di esercizio a JCO.

La centrale nucleare di Tsuruga

La centrale nucleare di Tsuruga ha visto la sua dose di incidenti, un refrigerante del reattore si è disperso nel dicembre del 1995, provocando la chiusura del reattore per un anno, e come al solito nessuna fuga radioattiva fu riportata a seguito di quell’incidente.
Il 13 luglio del 1999 al mondo furono ricordati i pericoli insiti nell’energia nucleare dopo che una rottura in una tubazione provocò la fuoriuscita di 90 tonnellate di acqua radioattiva. Il reattore coinvolto nel guasto aveva iniziato la propria attività nel 1987.
Il livello delle radiazioni nella fuga d’acqua era 11.500 volte superiore ai limiti di sicurezza, un incremento sostanziale rispetto alla quantità di 250 volte che era stata comunicata in un primo momento. L’enorme differenza tra i dati comunicati ha fatto sì che molte persone pensassero a un insabbiamento.

Dopo una successiva ispezione, la Japan Atomic Power Company ha scoperto una frattura lunga 8 centimetri nell’impianto per l’energia nucleare di Tsuruga, che ha causato un’inondazione di acqua radioattiva nella struttura.
La tubazione faceva parte di un sistema utilizzato per rimuovere le impurità dal circuito primario di raffreddamento e per controllare la temperatura. Il liquido di raffreddamento è diventato radioattivo a causa del contatto diretto con il reattore nucleare.
Anche dopo la chiusura del reattore, i funzionari furono messi in allarme perché la radioattività continuava a uscire. Dopo 14 ore convulse per la difficoltà delle operazioni di spegnimento, la stanza era abbastanza fredda per farvi entrare i lavoratori, per indagare e fermare la perdita.
Il ministro dell’Industria e del Commercio giapponese, Kaoru Yosano, ha detto che verranno svolte indagini che giungeranno alle cause: "Se questo incidente sia avvenuto a causa di un guasto inatteso o per la disposizione dell’impianto, dobbiamo condurre un’indagine accurata per scoprirne la causa.” All’epoca, l’industria nucleare giapponese forniva circa un terzo dell’elettricità della nazione.

La centrale nucleare di Mihami – Prefettura di Fukui

Nell’agosto del 2004, del vapore e acqua in ebollizione stavano spillando da una turbina nei pressi del reattore numero 3. Furono inizialmente riportati almeno quattro feriti e più di dieci persone ebbero delle ustioni. Almeno uno dei feriti è in condizioni gravi, con l’80% del corpo ustionato. La Kansai Electric Power Company, che gestisce l’impianto di Mihama, ha detto di aver interrotto la produzione di energia alle 3:28pm (06:28 GMT), e che stava ancora indagando le cause dell’incidente.
Il ministro per il Commercio giapponese, Shoichi Nakagawa, che è responsabile per le politiche sul nucleare, si è scusato giovedì per l’incidente: "Non dobbiamo abbassare la nostra fiducia per le politiche dell’energia nucleare. Siamo intenzionati a indagare la causa e assicurarci che non accada di nuovo."

Il vice-direttore dell’impianto della KEPCO, Akira Kokado, disse che la compagnia era stata informata dagli appaltatori privati nell’aprile 2003 che le condutture di raffreddamento che avevano ceduto necessitavano di un accurato controllo di sicurezza e che erano una minaccia per la sicurezza. Fu più tardi confermato che la tubazioni di raffreddamento era stata pericolosamente corrosa dai suoi originali 10 mm di spessore fino a solo 1,4 mm. L’azienda comunicò che la tubazione non fu più controllata perché non ci si aspettava che venisse corrosa così rapidamente, e non era stata testata dal 1976.

"Abbiamo fatto ispezioni visive, ma non abbiamo mai fatto test agli ultrasuoni, che possono misurare lo spessore della tubatura in acciaio", ha detto il portavoce Haruo Nakano.
L’agenzia di stampa giapponese Kyodo citò le fonti investigative, riportando che la polizia credeva che KEPCO non avesse rispettato gli standard di sicurezza consentendo ai lavoratori di effettuare un’ispezione annuale mentre l’impianto era ancora in esercizio.
Il portavoce della polizia, Fuminaga Miyamoto, disse che gli ispettori della polizia furono accompagnati dalle autorità regionali e nazionali appena arrivati all’impianto il giovedì: "La polizia sta indagando l’azienda per sospetti di negligenza che hanno provocato un decesso."
L’azienda reiterò che non c’erano state fughe dall’impianto, e che non c’era pericolo ai residenti del posto. I funzionari dissero che l’incidente era stato causato da una mancanza di liquido refrigerante, provocando l’uscita del vapore dalle turbine.
Sempre a Mihama, una perdita di liquido refrigerante dal reattore 2 nel 1991 fece attivare una campagna giapponese contro la costruzione di nuovi reattori.

La centrale nucleare di Ohi – Fuikui

Nel Marzo 2006, un incendio divampò ferendo due persone, ma i resoconti iniziali stabilirono che non c’era stata fuga di radioattività. La centrale di Ohi è gestita dalla Kansai Electric Power Co. (KEPCO). Anche se la struttura per il contenimento dei rifiuti è collocata tra i due reattori, KEPCO riferì che i due generatori non erano stati interessati e che stavano operando come al solito. KEPCO disse che la vampata poteva essere partita da una zona dove la cenere è stivata in barili di acciaio.
Ikuo Muramatsu di KEPCO disse che il fumo aveva ritardato l’ingresso dei pompieri per due ore. Un funzionario della prefettura disse che la struttura di contenimento dei rifiuti aveva una quantità molto scarsa di rifiuti radioattivi.
"Non c’è stato impatto sull’ambiente e abbiamo verificato che gli impiegati non fossero venuti a contatto con radiazioni insolite", così l’agenzia di stampa Reuters citò le parole dell’anonimo funzionario.

La centrale nucleare di Shika

Nel marzo del 2006, un tribunale ha ordinato la chiusura del reattore allora più giovane, per rischi alla sicurezza. I residenti avevano intentato una causa nel 1999, quando iniziò la costruzione del secondo più grande reattore del paese.
Le persone del posto dissero che il reattore 2 era stato costruito usando linee guide sulla sicurezza ormai datate. Denunciano che sarebbero stati in pericolo di gravi incidenti perché nei pressi di una faglia tettonica, dove gli esperti del governo avevano già fatto presente la possibilità di un terremoto di magnitudo 7,6.

Il 18 giugno del 1999, nel corso di un’ispezione, fu praticata un’inserzione di emergenza di una barra di controllo all’Unità 1. La barra doveva essere inserita nel reattore, ma a causa di un errore nell’esecuzione della procedura, furono tolte tre barre invece di una. Nei successivi quindici minuti, il reattore raggiunse lo stato critico. Questo evento non è stato rivelato fino al 15 marzo del 2007, dopo che è stato rintracciato nelle registrazione.
Un tribunale di ordine inferiore aveva ordinato la chiusura dell’intero impianto, ma quella decisione fu rivista all’alta corte di Nagoya. L’azienda fece richiesta al governo della Prefettura di Ishikawa e alla città di Shika per il riavvio dell’Unità 1. L’unità fu riaccesa l’11 maggio 2009 e ridivenne operativa il 13 maggio.

Le aziende nucleari giapponesi

Chubu Electric Power Company (CHUDEN)
Chugoku Electric Power Company (Energia)
Hokkaido Electric Power Company (HEPCO)
Hokuriku Electric Power Company (RIKUDEN)
Kansai Electric Power Company (KEPCO)
Kyushu Electric Power Company (Kyushu Electric)
Shikoku Electric Power Company (YONDEN)
Tohoku Electric Power Company (Tohoku Electric)
The Tokyo Electric Power Company (TEPCO)

Alcuni incidenti degni di nota (riepilogo):

1981: circa trecento lavoratori sono stati esposti a un eccessivo livello di radiazioni dopo una spaccatura a una barra di combustibile nel corso delle riparazioni alla centrale nucleare di Tsuruga.
Dicembre 1995: la perdita di sodio ai reattori autofertilizzanti della centrale nucleare di Monju. L’azienda di stato Donen fu scoperta per aver nascosto spezzoni di videotape che evidenziavano notevoli danni al reattore.
Marzo 1997: l’incendio e l’esplosione all’impianto di riprocessamento nucleare di Tokaimura, nord est di Tokyo. Trentasette lavoratori esposti a basse dosi di radiazione. Donen più tardi ammise di aver inizialmente soppresso le informazioni sull’incendio.
1999: un malfunzionamento al sistema di prelievo del carburante nella centrale nucleare della Prefettura di Fukui avviò una reazione nucleare incontrollata e un esplosione.
Settembre 1999: l’incidente critico alla struttura di produzione del combustibile di Tokai. Centinaia di persone sono state esposte alle radiazioni, tre lavoratori hanno ricevuto dosi sopra i limiti di legge, due dei quali sono morti.
2000: tre dirigenti di Tokyo Electric Power Co. Sono stati costretti alle dimissioni dopo che nel 1989 la compagnia ordinò a un impiegato di editare le riprese che mostravano le crepe nelle condotte per il vapore della centrale nucleare che dovevano essere mostrati ai controllori.
Agosto 2002: l’avvio di uno scandalo per le falsificazioni che poi ha portato alla chiusura di tutti e 17 i reattori nucleari di Tokyo Electric Power Company; i funzionari di Tokyo Electric avevano falsificato i rapporti delle ispezioni e cercarono di nascondere le fessurazioni nel mantello protettivo dei reattori in 13 delle 17 unità.
2002: Due lavoratori sono stati esposti a una piccola quantità di radiazioni e hanno avuto piccole ustioni durante un incendio all’impianto nucleare di Onagawa nel nord del Giappone.
9 agosto 2004: quattro lavoratori sono deceduti in seguito a un’esplosione di vapore alla centrale Mihama-3; l’indagine conseguente ha rivelato gravi mancanze nelle ispezioni sistematiche alle centrali nucleari giapponesi, che ha portato a un severo programma di ispezioni.
2006: una piccola quantità di vapore radioattivo è stato rilasciato dall’impianto Fukushima Dai-ichi ed è uscita dalla struttura.
16 Luglio 2007: un forte terremoto (6,8 della scala Richter) ha colpito la regione dove è situata la centrale nucleare Kashiwazaki-Kariwa di Tokyo Electric e l’acqua radioattiva si è rovesciata nel Mare del Giappone; ancora nel marzo 2009, tutti i reattori erano ancora chiusi per la verifica ai danni e le riparazioni; l’impianto con le sette unità era la più grande centrale di energia nucleare al mondo.

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Fonte: http://en.m4.cn/archives/19904.html
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE