venerdì 25 novembre 2011

Un partito contro le banche

Personaggi
Scilipoti-Marra, la strana coppia 
Un partito contro le banche
Libero.it
Scilipoti-Marra, la strana coppia Un partito contro le banche

25/11/2011

Una strana coppia, che ha fatto della politica materia da Youtube. Il primo è Alfonso Luigi Marra, il "filosofo, giurista e scrittore napoletano" diventato famoso in rete con i trailer dei suoi libri, che contano su testimonial d'eccezione come Manuela Arcuri, Ruby Rubacuori, Sara Tommasi e titoli enigmatici (Il labirinto femminile su tutti). Il secondo è Domenico Scilipoti, il più famoso dei Responsabili, un Danny De Vito del parlamento che da peone è diventato in qualche mese il più intervistato da radio e tv dell'ultima legislatura. Due tormentoni viventi uniti ora da una battaglia comune: il referendum contro le banche, iniziativa che verrà presentata domani, sabato 26 novembre, al Teatro Quirino di Roma alle 10.30. Tema, quello degli istituti di credito, assai 'caro' a Marra, che tra uno strategismo sentimentale e l'altro ha lanciato il movimento "FermiamoLeBanche", finalizzato, si legge nel comunicato, "alla costituzione del Comitato Promotore del referendum per l'abrogazione delle 6 gravi leggi anticostituzionali, 4 delle quali recentissime, regala-soldi alle banche, e per l'abolizione del signoraggio bancario. Nell'occasione verrà eletto un Coordinamento provvisorio". E c'è chi sussurra che il legame con Scilipoti possa dare frutti più duraturi che una semplice campagna referendaria.

L'On. Scilipoti apre l'incontro di domani a Roma


“I signori banchieri e la loro Associazione ABI ben sapevano, continua il deputato Scilipoti (MRN), che il sistema aveva usurato gli Italiani, e hanno estorto a Tremonti l'aumento dei tassi di soglia col decreto Sviluppo di luglio scorso”.
“Oggi sono stati premiati dandogli l’opportunità di poter guidare il Paese!” 


L'On. Scilipoti sarà il primo ad intervenire all'incontro di
domani, sabato 26 novembre a Roma, aprendo con un discorso
alle ore 10.30, in merito al referendum sulle sei leggi regala-soldi
alle banche. Raccomandiamo quindi la puntualità.


Madrina dell'incontro sarà - come anticipato - la bocconiana Sara Tommasi.


Alle 12.30 ci sarà la presentazione del docufilm 1992: IL BIVIO.


Tra gli altri oratori interverranno l'Avv. Alfonso Luigi Marra, Nino Galloni, Paolo Ferraro, Giovanna Canzano, Giorgio Vitali, Orazio Fergnani, Giuseppe Turrisi, Nicoletta ForcheriMarco SabaErnesto Melappioni, Antonella Rustico, Guglielmo Lolli-Ghetti ed altri.


Gianmario Ferramonti, segretario nazionale del PDA (Partito delle Aziende), interverrà alle ore 17.45.


Roma, Teatro Quirino, h 10.30 - 18.30, via delle Vergini 7

SIETE TUTTI INVITATI A ROMA SABATO 26


L'INCONTRO SI TERRA'

DALLE ORE 10,30 ALLE 18.30
AL TEATRO QUIRINO, ROMA, 
VIA DELLE VERGINI 7 

E' L'INCONTRO COSTITUTIVO, APERTO A TUTTI, PER ATTIVARE IL COMITATO PROMOTORE DEI REFERENDUM PER L'ABROGAZIONE DELLE

SEI LEGGI REGALA-SOLDI ALLE BANCHE E L'ABOLIZIONE DEL SIGNORAGGIO PRIVATO



NELL'OCCASIONE VERRÀ INOLTRE PRESENTATO
IL DOCUMENTARIO/FILM "1992: IL BIVIO"
/

Iscriviti al comitato per:
1) Candidarti alle elezioni dei membri del Coordinamento del referendum.
2) Confermare, se ritieni, la tua presenza.
3) Inviarci le tue proposte.

Per approfondire: Le 6 leggi da abrogare; Cos’è il signoraggio; Quando e come opporsi alla propria banca;Testo integrale ricorsi per incostituzionalità delle 6 leggi pro-banche

Il Club dei Monti - 2


 2. Goldman Sachs, Federal Reserve, Banca cinese e BNP Paribas

Nel precedente articolo abbiamo visto come Monti sia (stato?) membro del Consiglio di consulenti d'alto livello per l'Europa di Moody's, l'agenzia di rating che con le sue notazioni sui debiti dei paesi, e non solo, ha influito pesantemente sull'aumento esponenziale del nostro debito sovrano.

Ma Monti è anche Senior Advisor di Goldman Sachs, legata alla Moody's da Warren Buffet, azionista di entrambe. GS è quella banca che ha speculato sui titoli del debito, e che secondo Le Monde sarebbe all'origine del default greco mentre il giornalista di indagine Greg Palast (cfr.http://it.peacereporter.net/articolo/31466/Grecia,+un+collasso+targato+Goldman+Sachs ) descrive dettagliatamente come la Goldman Sachs International (la sede di Londra) abbia truccato i conti della Grecia, con uno strumento teorizzato e difeso dall'allora vice presidente di quella banca  per l'Europa (dal 2002 al 2005), Mario Draghi, una sorta di swap dollaro-euro, uno strumento a termine che come una bomba a orologeria sarebbe poi scoppiato con la necessità di rimborsare quell'importo nascosto nel frattempo lievitato. Uno strumento che ha fatto introitare profitti a GSI di un valore tuttora segreto, quando ha rivenduto come da contratto tale strumento alla National Bank of Greece, banca commerciale distinta ma forse parzialmente proprietaria della Banca centrale greca - ipotesi tutta da verificare - altrimenti non si spiega che tale debito sia poi scoppiato in faccia a tutto il paese.

Una Goldman Sachs che per molti operatori del settore ha innescato l'attacco sull'Italia (cfr.http://www.milanofinanza.it /news/dettaglio_news.asp?id=201111100904011010):
Lo si legge in un articolo di MF che spiega che neppure l'ombrellino
della Bce, con l'acquisto di titoli di Stato italiani, e' servito. Goldman
Sachs ha dato il via a un vecchio giochetto: con opportune vendite si
schiacciano i prezzi dei Btp il piu' possibile per poi, un attimo prima
del superamento della crisi (le dimissioni effettive di Berlusconi), farne
incetta a prezzi da saldo.
Una BCE che ha cominciato a comprare i nostri titoli, per fare scendere la febbre, unicamente quando Berlusconi si è dimesso. Vero e proprio ricatto.

Ma chi sono questi 'mercati' che tiranneggiano la nostra vita? Sono il contrario del libero mercato, quello che vediamo in piazza, fisicamente, visto che si comporta - Marx insegna - come un cartello monopolista che spadroneggia il mondo: sono i proprietari della Federal Reserve, e le loro propaggini o meglio i loro patrigni europei. E' a loro che Monti (e fratelli) rende conto, in qualità di membro del comitato direttivo del Bilderberg - club anglosassone transatlantico dalle decisioni di politica globalista segrete - voluto dal principe di Olanda e David Rockefeller; è alla loro logica che sottosta in qualità di membro del consiglio di amministrazione di Coca Cola, alla loro nazionalità che appartiene in virtù della sua carica dal 2010 di presidente per l'Europa della Trilaterale, la lobby fondata e finanziata dallo stesso David Rockefeller, il magnate proprietario di banche e corporations, tra cui Goldman Sachs (?), Monsanto (?), Exxon (?), Chevron Texaco Unocal (?).

Attraverso la comproprietà della Federal Reserve, Rockefeller e GS, i cui azionisti Soros, Paulson, Warren Buffett e uno sceicco, tra gli altri, hanno la prerogativa di stampare moneta, assieme alle altre sorelle azioniste, non si sono mai privati di servirsi della stampa della moneta per arricchire e salvare le loro banche, far penetrare a consociate e controllate mercati senza concorrenza.
Tra le banche azioniste della Federal Reserve americana figurano, secondo vecchi dati che girano sul net: oltre alle banche Rothschilds di Londra e di Berlino, alle Warburg di Amburgo e di Amsterdam, alla Lehman Brothers di New York, alla Lazard Brothers di Parigi, alla Kuhln Loeb di New York, alla Chase Manhattan di New York, naturalmente la Goldman Sachs di New York... (http://www.disinformazione.it/banchecentrali.htm).

Pertanto Monti fa parte di circoli, e aziende, finanziate dal club dei proprietari della Federal Reserve, che continua a stampare moneta per salvare le banche sue azioniste (cfr. http://www.appelloalpopolo.it/?p=1633) con un giochetto che privatizzando i profitti e socializzando le perdite, indebita il mondo intero, poiché ad ogni emissione di dollaro 'sovrano' destinato ai circuiti finanziari bancari equivale un debito (buono del tesoro) che poi il normale cittadino dovrà ripagare, con perdita di potere di acquisto, tasse, interessi, mutui, rientri dai mutui e aumenti di prezzo dovuti all'inflazione della stampa moneta e alla privatizzazione dei servizi ex pubblici, oppure con tributi di sangue come in Libia o in Irak, nei casi in cui un cosiddetto 'dittatore' non volesse piegarsi alla logica del debito imposta dagli strozzini internazionali.
Gli stessi titoli del debito americano sono massicciamente comprati dalla banca centrale cinese che svolge il ruolo di scaricabarile quando stampa moneta sovranamente non già per redistribuire la ricchezza equivalente allo sviluppo del paese ma per reggere il gioco della stampa illimitata della Federal Reserve nella speculazione finanziaria globale. Peraltro la banca nazionale cinese è azionista al 20% della banca Edmond de Rothschilds (cfr.http://www.infowars.com/bank-of-china-buys-into-rothschild-bank/), il ramo francese, che si è poi fuso con la Rothschilds di Londra. Tale giochetto dei poteri molto forti in realtà lascia presumere che le partecipazioni siano incrociate, con la banca dei Rompi azionista di filiali della banca centrale cinese. Donde si spiega la forte spinta alla globalizzazione cinese...sponsorizzata dalla ragnatela dei Rompi.
Tant'è vero che Rompi e fratelli oramai controllerebbero tutte le banche centrali del mondo tranne quelle di Iran, Cuba e Corea del nord, dopo avere preso il controllo delle altre quattro, Afghanistan, Iraq, Sudan e Libia (cfr.http://www.godlikeproductions.com/forum1/message1680855/pg1) - notizia da controllare: sono quattro dei paesi privatizzati dal Club dei Monti, dopo le invasioni seguite al pretesto dell'11 settembre e del terrorismo: la presa di controllo della banca centrale libica è stata consumata sin dai primi bombardamenti, quest'anno, quando hanno preso di mira la Zecca, bombardamento preceduto alla presunta privatizzazione totale, di una banca che era già stata parzialmente "aperta" al club dei Monti: traspare dai cabli di Wikileaks (cfr.http://www.cablegatesearch.net/cable.php?id=10TRIPOLI39&q=efin+libya&fb_source=message) che BNP Paribas Securities Corp, banca misto pubblico privato Francia/Belgio + Axa, banca dealer della Federal Reserve filiale di New York,
la cui banca madre è dealer,o banca specialista in titoli del Tesoro italiano,
banca associata di Banca d'Italia attraverso BNL, e che controlla in particolare Agos Ducati, Findomestic e Artigiancassa, aveva già acquisito una congrua partecipazione nella banca centrale libica con l'opzione di acquisirne un'altra posteriormente: esattamente come la tecnica di Edf su Edison, che era già controllata al 50% dai francesi al momento dello scoppio dello scandalo... I giornalisti non sapevano, perché era troppo complicato fare il disegnino della struttura proprietaria su un pezzo di carta: nel 2007 lo avevo già scritto che Edison apparteneva ai francesi:

Una BNP Paribas che, dalla lettura di un cablo di Wikileaks del 14 gennaio 2010 (cfr. http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.com/2011/11/la-banca-centrale-di-libia-parzialmente.html) risulterebbe già parzialmente proprietaria della banca centrale libica dal 2007. Si legge infatti che il sistema bancario è nel 2010 dominato da quattro banche detenute totalmente o in maggioranza dalla Banca centrale libica (la Banca della Jamahiriya che si è fusa con la Banca Umma nel 2008, la Banca Wahda, la Banca del Sahara e la Banca commerciale nazionale) che detengono quasi il novanta per cento del settore bancario libico degli asset, ognuna con un capitale di almeno 100 milioni di dinari libici mentre due di loro (le banche Wahda e Sahara) furono recentemente privatizzate. Si legge anche che la BNP Paribas di Francia ha acquisito il 19% della Banca del Sahara nel luglio 2007 acquisendo il controllo operativo della banca. L'accordo includeva un'opzione con la possibilità per BNP Paribas di acquisire ulteriori azioni fino al 51% del capitale della Banca Sahara nei prossimi tre-cinque anni, scadenza che sarebbe caduta l'anno prossimo, probabilmente senza conseguenza per l'assetto proprietario non fosse intervenuta la guerra. Vi è stata anche un'asta pubblica per privatizzare la Banca Wahda, dove è stata scelta la banca araba di Giordania, a discapito di banche francesi e italiane, non citate, con un'offerta sul 19% delle quote e l'opzione di aumentare la partecipazione al 51% entro 3-5 anni. Forse che l'intellighentzia libica non voleva accettare che l'opzione di BNP Paribas venisse esercitata?

E chi è BNP Paribas:  è l'azionista di riferimento, in joint-venture con l'impero di Albert Frère, di GDF Suez, Total, Lafarge, Imerys, Pernod Ricard, Banca Leonardo, Transcor Astra, un colosso che passando da scatole occulte in Svizzera e Olanda, arriva alla City di Londra, fino al colosso energetico del Canada (segue nel prossimo articolo).

N. Forcheri
25 novembre 3011

Tempo e denaro


Tempo e denaro
di Franco Berardi "Bifo" - 24/11/2011

Fonte: Come Don Chisciotte

  
   
Pensiamo a queste frasi:
“Dammi tempo.”
“Stai perdendo tempo.” “Risparmiare tempo.”
Sono frasi insensate che possiamo capire solo metaforicamente, che, non appena presuppongono l'idea che il tempo sia qualcosa che può si può dare o togliere, implicano sia anche qualcosa che possiamo guadagnare o perdere, possedere o immagazzinare. 

E su questo tipo di assurdo si basa l'economia, un macchinario il cui fine è la cosificazione e l’accumulazione del tempo. Che cosa mettiamo nella banca, quando depositiamo una somma di denaro? Tempo. In un certo senso depositiamo il nostro tempo scorso o il nostro tempo futuro. Il nostro tempo o quello degli altri, nel caso in cui si appartenga alla classe capitalista e che ci dedichiamo, precisamente, a spogliare gli altri del tempo loro. La trasformazione che ha portato dal capitalismo borghese al semio-capitalismo attuale implica un cambiamento nella percezione delle relazioni tra denaro, linguaggio e tempo. Quando parliamo di banche parliamo di posti nei quali si deposita e si risparmia il tempo. Ma la maniera di farlo va legata ai cambiamenti nella storia del capitalismo, come alla storia delle relazioni tra capitalismo e vita, soggettività e individualità. Ci risulta difficile essere sistematici a proposito del tempo e, pertanto, rinunciamo alla sistematicità. Il gran mistero della fase finanziaria del capitalismo si radica proprio in questo: il denaro che metto nella banca è il mio tempo passato, il tempo che già ho vissuto prima? O il denaro che metto nella banca mi dà la possibilità di comprare un futuro? E questa domanda racchiude un segreto o un enigma?
Sapete qual è la differenza tra un segreto e un enigma? Un segreto è qualcosa che è nascosto da qualche parte. Dovete sapere il codice, bisogna trovare la chiave corretta, e il segreto cesserà di esserlo, si trasformerà nella verità. L'enigma è distinto perché c’è una chiave da trovare, la chiave non è in nessun posto e neanche la verità. Perciò, quando parliamo di capitalismo finanziario, quando parliamo della relazione tra tempo, futuro e debito, stiamo parlando di un segreto o di un enigma? Credo che stiamo parlando di un enigma, perché nessuno sa niente circa il futuro, nessuno sa che cosa si nasconde nel tempo futuro di chi si è indebitato, e quindi l'unico mezzo per risolvere l'enigma è la violenza. O paghi o ti elimino. O mi dai il tuo tempo presente in cambio del tempo futuro, o ti lascio nella miseria. Questa è la ragione per la quale in questo momento greci, portoghesi, spagnoli e irlandesi devono pagare denaro alle banche tedesche: per evitare di uscire dall'Unione Europea e non venire emarginati. Ma il problema è che per pagare il debito con le banche tedesche si vedono obbligati a impoverirsi, a rinunciare all'educazione, alla sanità e a una vita comoda. Un enigma, si tratta senza dubbio di un enigma.
Valori fluttuanti
La verità del capitalismo finanziario non si riesce a scoprire perché il trucco essenziale del capitalismo finanziario è precisamente questo: la verità è sparita, è svanita. Non esiste più. Non esiste oramai nessuna verità, ma solo uno scambio di segni, una de-territorializzazione del significato. Ne “Lo scambio simbolico e la morte”, Baudrillard afferma che tutto il sistema si basa sull'indeterminazione. Su di essa si è poggiato lo spostamento che ci ha portato dal capitalismo industriale al semio-capitalismo, dove l'indeterminazione rimpiazza la relazione fissa tra tempo di lavoro e valore della merce, e in questo modo tutta la regolazione dello scambio cade nel sistema aleatorio dai valori fluttuanti.
Il capitalismo finanziario si basa essenzialmente sulla perdita di ogni relazione tra tempo e valore. Nelle prime pagine di “Il capitale”, Marx spiega che il valore è tempo, accumulazione di tempo. Tempo oggettivato, tempo che si è trasformato in cose, in merci, in valore. Attenzione: per determinare il valore non vale qualunque specie di tempo, bensì la media di tempo di cui la società ha bisogno per produrre una determinata merce. Se sei fannullone o troppo rapido, non conta. Quello che conta nel momento di determinare il valore è la media di tempo necessario per produrre un determinato bene. Ciò accadeva nei bei vecchi tempi in cui era possibile determinare il tempo di cui si aveva bisogno per produrre qualcosa. Poi le cose cambiarono: improvvisamente è avvenuto qualcosa nell'organizzazione del lavoro e nei metodi di produzione che ha modificato le relazioni tra tempo, lavoro e valore.
Giunse il momento in cui il lavoro smise di essere l'attività fisica muscolare della produzione industriale. Basta con i prodotti materiali, ora ci sarebbero stati solo segni; basta produrre cose tangibili, visibili, materiali, ora bisognava produrre qualcosa che sarebbe essenzialmente semiotico. Quando volete stabilire la media di tempo necessario per produrre un oggetto materiale, l'operazione che dovete fare è molto semplice: quanto tempo di lavoro fisico richiede il trasformare la materia in quel prodotto. È facile stabilire il tempo richiesto per produrre un oggetto materiale, basandosi su determinate condizioni tecniche. Ma cercate di stabilire il tempo che ci vuole per produrre un'idea. Cercate di fissare il tempo che occorre per produrre un progetto, un stile o un'innovazione. Provateci e vedrete che, quando il processo di produzione diventa semiotico, la relazione tra tempo di lavoro e valore imprevedibilmente evapora, si volatilizza. Baudrillard fu il primo pensatore che comprese e descrisse questo cambiamento.
Baudrillard scrisse “Lo scambio simbolico e la morte” nel 1976. Ma alcuni anni prima il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon aveva fatto qualcosa che cambiò il mondo. A quell'epoca i presidenti degli Stati Uniti erano veri profeti, non perché fossero capaci di predire il futuro, ma perché abbastanza potenti da poterlo determinare o, detto meglio, erano abbastanza potenti per poter imprimere la volontà del capitalismo americano nel futuro del mondo. Nixon fece un qualcosa che ebbe conseguenze future cruciali: fece in modo che il dollaro uscisse dal sistema monetario fissato nel 1944 a Bretton Woods. In altre parole, decise la fine di un sistema basato su di una relazione fissa tra le varie monete e da quel momento il dollaro fu liberato da ogni regolazione fissa. Indipendente, autonomo, o - meglio – aleatorio, fluttuante e indeterminato. Aleatorio è quello che non si può prevedere, che non si può stabilire o determinare in alcun modo. Il latino usa la parola “ratio” per definire la relazione fissa, il modello, la misura. Nel linguaggio filosofico, la ratio è la misura universale su cui si regge per la comprensione delle cose: la ragione. Con la decisione di Nixon si pose fine al modello di riferimento. L'unità di misura non esisteva più. E non esisteva più neppure la possibilità di stabilire, in media, la quantità di tempo necessaria a produrre un bene. Naturalmente ciò voleva dire che il presidente Nixon aveva deciso che la violenza doveva prendere il posto della misura. Perché, in condizioni di aleatorietà, che cosa è che, altrimenti, condiziona la decisione finale? Quale elemento o processo determina il valore? La forza, la violenza. Qual è la maniera di decidere qualcosa, per esempio di decidere il valore del dollaro nei mercati internazionali? La violenza, naturalmente. Dammi tempo. La coincidenza tra finanziarizzazione del capitalismo e violenza non ubbidisce a una congiuntura casuale o estemporanea. È qualcosa di totalmente strutturale. Non esiste economia finanziaria senza violenza, perché la violenza diventa l’unico mezzo con il quale si prendono decisioni, quando non ci sono strumenti di misurazione.
Semio-inflazione
Allo stesso modo vorrei parlare di semio-inflazione, quel tipo di inflazione che ha luogo nel campo dell'informazione, della comprensione del significato e delle conseguenze. William Burroughs ci dice che l'inflazione consiste essenzialmente nel fatto che col passare del tempo sia necessaria una maggior quantità di più denaro per comprare sempre meno cose. Col termine semio-inflazione voglio dire che è necessario un numero sempre maggiore di segni, di parole, di informazione per ottenere sempre meno significato. Anche in questo caso si tratta di un problema di accelerazione. Quando Marx parlava di produttività e di plusvalore relativo, parlava anche di questo: di accelerazione, di aumento della velocità. Marx afferma che se si vuole ottenere un aumento nella produttività, che implica a sua volta un aumento del plusvalore, è necessario accelerare il ritmo di lavoro. Ma arriva un momento in cui la velocità salta a un'altra dimensione. Baudrillard parlerebbe di iper-accelerazione; Virilio, di velocità assoluta.
L'accelerazione della produttività nell'ambito della produzione industriale equivale a intensificare il ritmo della macchina, in modo che i lavoratori si vedono obbligati ad agire con più rapidità durante la manipolazione dei materiali e durante la produzione di oggetti fisici. Quando l'attrezzo principale della produzione incomincia a essere la macchina linguistica e la principale forza produttiva è il lavoro cognitivo, allora l'accelerazione entra in un'altra fase, in un'altra dimensione. Aumentare la produttività nell'ambito del semio-capitalismo equivale essenzialmente a imprimere un'accelerazione nell'info-sfera. Nell'ambito del semio-capitalismo, se si vuole intensificare la produttività è necessario accelerare l'info-sfera, il mezzo grazie al quale l'informazione circola e stimola il cervello degli agenti semio-produttivi. Che cosa accade allora al cervello di quelle persone, al cervello sociale? Il procedimento mentale richiede tempo. Pensiamo a quello che si significa il mettere attenzione. L'attenzione è l'attivazione di reazioni fisiche nel cervello, ma anche di reazioni emozionali, affettive. L'attenzione non può intensificarsi illimitatamente e questo è la ragione per la quale la "nuova economia" precipitò alla fine degli anni ’90, dopo un lungo periodo di accelerazione e intensificazione costante.
Agli inizi del decennio passato, nel 2000, la crisi delle imprese tecnologiche fu conseguenza del sovra-sfruttamento del cervello sociale. Dopo l'esplosione della bolla di Internet cominciarono a uscire un mucchio di libri sull'economia dell'attenzione. Improvvisamente gli economisti si resero conto che il mercato del semio-capitalismo è il mercato dell’attenzione. Il mercato e l'attenzione si trasformarono nella stessa cosa. In realtà, la crisi del 2000 fu una crisi di sovrapproduzione nel campo dell'attenzione. Marx parlava di crisi dovuta alla sovrapproduzione: se si producono troppe unità di determinata merce, la gente non potrà comprare tutto e le merci rimarranno nei magazzini. Allora il capitalista, che non deve più produrre, licenzia gli operai, e la cosa, come ben sappiamo, peggiora la situazione generale. Ma che cosa è la crisi di sovrapproduzione nella cornice del semio-capitalismo? La sovrapproduzione è un effetto della relazione tra la quantità di beni semiotici prodotti dal lavoro cognitivo e la quantità di tempo di cui disponiamo.
La quantità di tempo di attenzione di cui dispone la società non è illimitata, dato che l'attenzione non può intensificarsi oltre certi limiti. Possiamo accelerarla in una certa misura: ad esempio, ci prendiamo alcune anfetamine e si intensifica così la nostra attenzione. Esistono tecniche e droghe che ci permettono di essere più produttivi sul campo dell'attenzione, ma sappiamo già dove porta tutto questo. La decade degli anni ’90 fu l'epoca delle piccole imprese dell’”intelligenza collettiva”, l'epoca della produttività in costante aumento, dell'entusiasmo per la produzione, dell'euforia dei lavoratori della conoscenza, dei knowledge workers e degli agenti finanziari. Ma furono anche gli anni della Prozac-mania. Non ci si può spiegare quello che Alan Greenspan definì "esuberanza irrazionale" se non si tiene conto del semplice fatto che milioni di lavoratori della conoscenza consumarono tonnellate di cocaina, anfetamine e Prozac durante tutto un decennio. Questo può funzionare un po’ di tempo; poi basta. E, improvvisamente, da un giorno all’altro, dopo l'eccitazione e l'accelerazione, giunse l'apocalisse.
Black out
Sicuro che tutti voi vi ricorderete della notte del passaggio di secolo, quando tutti stavamo aspettando l’"effetto" del 2000. Quella notte ero seduto davanti al televisore, aspettando il blackout definitivo, ma non accadde niente. Niente di niente. Avev0 creduto fino in fondo al vaticinio che quella notte di fine anno fosse l'ultima della vita moderna e, invece, non accadde niente. Quindi, l'aspettativa di un collasso generale era nell'aria. Come può spiegarsi tutta questa aspettativa? Il collasso non era nell'effetto 2000, ma nel calo dell'eccitazione provocata dal Prozac nel cervello dei lavoratori della conoscenza in tutto il mondo. Quando Greenspan faceva notare una certa esuberanza irrazionale nei mercati, non parlava di economia, o per lo meno non parlava solo di economia. Parlava della perdita di effetto del Prozac, della fine degli effetti della cocaina nel cervello di milioni di lavoratori cognitivi. E dopo che cosa avvenne? Il passo seguente fu la crisi di sovrapproduzione del semio-capitalismo. Nel primo anno del nuovo secolo il problema fu la percezione di un collasso imminente. Poi venne l'undici settembre e la guerra divenne la soluzione di tutti i mali. L'organismo cognitivo collettivo, depresso da cause economiche e farmacologiche, fu trattato con la terapia anfetaminica della guerra amministrata dal folle dottor Bush. Il dottore non era proprio normale, ma gli effetti della sua terapia continuano ancora: la guerra infinita. Il dottor Bush non voleva vincere questa guerra, gli era completamente indifferente vincerla o perderla. Era evidente, del resto, che intraprendere una guerra in un luogo come l’Afghanistan con un alleato come il Pakistan era roba da pazzi, era una maniera di cercare la sconfitta. Ma la questione non era vincere o perdere, ma di dare inizio a una guerra destinata a non finire mai. In effetti, la guerra infinita è un segno di un genere di pazzia che ha la sua causa nella semio-inflazione. I segni col tempo acquisiscono sempre meno significato. Il significato tende a sparire, il senso si perde, mentre la bolla della produzione di segni si va gonfiando all'infinito.
Nel suo libro “Data trash” Arthur Kroker racconta un aneddoto: in una lettera diretta al linguista Thomas Seboek, Bill Gates scriveva: "Il potere consiste nel far diventare le cose facili", parole che dimostrano come Gates capisse perfettamente la relazione tra significato e potere. Il potere consiste nel semplificare le cose. Steve Jobs e Steve Wozniak avevano creato le semplici interfacce di Apple partendo di un idea fricchettona: "l'informazione per la gente ". Ma le interfacce semplificate erano solo il principio di un processo davvero pericoloso che portò Gates all'idea di "semplificare" per ottenere potere. Se fai sembrare le cose facili, la gran maggioranza della gente, per non dire quasi tutto il mondo, seguirà la strada da te indicata. L'evoluzione della rete è derivata dall'evoluzione quasi totalitaristica di un sistema che parte come un processo difficile e personale di ricerca, di scoperta e di creazione, ma finisce per essere un posto nel quale le cose diventano facili. Il processo di semplificazione della rete iniziò incominciò con Windows 95, col navigatore Explorer e dopo è proseguito con Facebook che facilita perfino le difficilissime relazioni di amicizia, di amore e la vita in generale. Basta rispondere alla domanda: sei o non sei il mio amico? Sì, sono il tuo amico e l'amicizia viene vidimata. Non è necessario che si cerchi la risposta. La risposta è già lì.
Di cosa abbiamo bisogno in un contesto di semio-inflazione, quando l'info-sfera comincia a essere troppo rapida e la nostra attenzione non riesce più a seguirla? Abbiamo bisogno di qualche dispositivo che faciliti le cose, qualche dispositivo che riduca la velocità dell'info-sfera. È un problema di tempo, di accelerazione e decelerazione, è un problema di semplificazione. Il fine della modernità incominciò col collasso del futuro, con Sid Vicious che gridava "No future". (Ndt: Sid Vicious non era il bassista dei Pistols all’epoca dell’uscita del loro primo singolo, e soprattutto non cantava). Dopo di che la storia postmoderna, per quello che ne so, è stata ed è la storia della creazione di una macchina tecnolinguistica che penetra in tutti gli angoli della nostra vita giornaliera, in tutti gli spazi del cervello sociale. La tecnolinguistica è la macchina che fornisce il linguaggio agli esseri umani e che li rimpiazza nella produzione del linguaggio, come suggeriva Rose Goldsen nel 1975 quando affermò che “stiamo allevando una nuova generazione di esseri umani che impareranno più parole da una macchina che dalla propria madre".
Questa generazione è già tra noi. La prima generazione che ha imparato più parole da una macchina che dalla madre ha un problema riguardo la relazione tra parole e corpo, tra parole e affettività. Questo fenomeno con il quale si separa l'apprendistato del linguaggio dal corpo della madre, e dal corpo in generale, modifica il proprio linguaggio e modifica le relazioni tra linguaggio e corporeità. Secondo quello che ci è dato sapere, durante la storia dell’uomo l'accesso al linguaggio è stato sempre mediato dalla fiducia nel corpo materno. La relazione tra significante e significato è sempre stata regolata dal corpo della madre e comunque, in termini più generali, dal corpo di un'altra persona. So che la parola “acqua” vuole dire acqua perché mia madre, e non una macchina, mi disse: "Questa è acqua". So che il significante attribuisce il significato perché la corporeità, il calore del corpo, l’"altro" come calore corporale mi iniziò alla relazione tra significante e significato. Che cosa succede quando la dimensione del linguaggio e del desiderio, quando l'accesso al linguaggio rimane svincolato dal corpo? Quando la relazione tra significante e significato non si stabilisce grazie alla presenza del corpo, la relazione affettiva col mondo incomincia a frantumarsi. Forse la relazione col mondo diventa più funzionale, operativa, rapida, ma diventa anche più fragile. A partire da quel momento, tutto diventa insicuro, instabile: a partire dal momento in cui il linguaggio si stacca del corpo.
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Ottobre 2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

Monti è l'ultimo rantolo...


Monti non è il meno peggio. E' l'ultimo rantolo prima del Ballo di San Vito
di Giulietto Chiesa - 24/11/2011

Fonte: megachip

wallstreet-mainstreet
Il punto di partenza di questo ragionamento è una constatazione: nel 2007 è sopravvenuto il crollo repentino del sistema finanziario mondiale (sarebbe più preciso dire del sistema finanziario occidentale, perché la Cina e altri paesi del mondo emergente sono rimasti per ora fuori dalla catastrofe, per diversi motivi che non è possibile qui approfondire).  Alla fine del 2007, in sostanza, tutte le grandi banche d’investimento, e affini, che rappresentano il vero potere mondiale al momento attuale - di gran lunga più potenti di quasi tutti i più forti paesi dell’occidente, e indifferenti al destino di questi ultimi - sono andate in fallimento.
La prima cosa da rilevare – ed è molto importante sottolinearlo – è che la finanza mondiale è crollata per cause interne, endogene. Non ha subito minacce da un qualche “esterno” ostile. È affondata da sola. Il che si può anche esprimere in termini economici, con la formula di “crisi sistemica”. Perfino il presidente della Commissione Europea, Manuel Barroso, ha usato recentemente questa definizione. Che significa che una semplice cura (cura da crisi ciclica, cura da crisi di sovrapproduzione, etc.) non basterà per risollevarne le sorti. Anzi, si può dire, al contrario, che è ormai impossibile salvare il sistema, che si è rotto irrimediabilmente perché ha in sé la causa della sua fine.
Le cause di questo disastro sono da analizzare, ma qualche data di riferimento è già possibile individuarla. La più importante delle quali è il 12 novembre 1999, quando il presidente William Jefferson Clinton promulgò la legge Gramm-Leach-Bliley, che cancellava la legge Glass-Steagall del 1933 e dava licenza alle banche d’investimento e a tutta una serie di operatori finanziari, di lanciarsi in ogni forma di attività speculative.
I disastri successivi della finanza americana sono noti, anche se non sono stati abbastanza studiati. Nel 2001 crolla la Enron Corporation, dopo che erano già crollati altri giganti come la LTCM (Long Term Capital Management). Sono solo alcuni esempi dei molti eventi nuovi che cominciarono a palesarsi. Anche in funzione e come effetto di altre norme ultra-liberalizzatrici , come il Commodity Futures Modernization Act (CFMA), anch’esso firmato da Clinton nel 2000, poco prima di lasciare il suo secondo mandato, che legalizzava quasi totalmente la sottrazione da ogni forma di controllo di tutti i prodotti finanziari derivati , sia da parte della Security Exchange Commission (SEC), sia dalla Commissione che controllava il commercio dei futures.
Fu così che prese avvio una forsennata, davvero demenziale, moltiplicazione di derivati finanziari che venivano trattati fuori dalle borse e fuori da ogni controllo. Per rendersi conto di cosa è avvenuto (e di cosa sta continuando ad avvenire mentre scrivo queste righe) basti rilevare che dal 2000 alla metà del 2008 (anno del fallimento globale) questo tipo di operazioni balzarono da circa 100 trilioni di dollari a 684 trilioni.
Ora io affermo che la causa della crisi sistemica attuale deriva dalle decisioni sopra ricordate, che hanno prodotto una liberalizzazione completa dei movimenti di capitali e di creazione di derivati: decisioni che hanno creato le premesse per una smisurata crescita del debito mondiale.
Così, alla “bolla” tecnologica, che produsse il crollo del NASDAQ, seguì poi la bolla dei subprime, che ha portato al crack di quasi tutti i principali protagonisti della finanza occidentale. Questo ha condotto, come sappiamo, alla liquidazione di un gruppo ristretto di questi giganti: sono stati sacrificati, sull’altare della follia, Bear Sterns, Merrill Lynch, Morgan Stanley, Lehman Brothers, ma altri giganti, prima di tutto Goldman Sachs, si sono salvati e hanno continuato a prosperare.
Quello che qui importa sottolineare, di nuovo, è che le regole non sono state mutate affatto. Bisogna trovare una risposta a questa domanda. E la risposta è semplicissima. I “proprietari universali” non lo hanno permesso. Aggiungo: non c'è alcuna ragione per pensare che lo faranno in futuro.
Barack Obama non ha mosso una virgola in questa direzione. E, sotto la sua guida, la Federal Reserve ha erogato (tra il dicembre 2007 e il giugno 2010) la fantastica cifra di 16 trilioni di dollari, a tasso d’interesse uguale a zero, a tutte le più importanti banche d’investimento dell’Occidente. A partire dal gigantesco flusso che erogava a Citigroup 2,3 trilioni di dollari. Tra gli altri, poco meno di un trilione (864 miliardi $) è transitato sui pingui conti di Goldman Sachs.
Le cose curiose sono numerose: la prima è che la Federal Reserve ha rivelato con ciò stesso di essere la banca di tutto l'occidente, il vero e unico prestatore in ultima istanza (e che, se questo stato di cose non cambierà, il sistema è destinato a un crollo globale per molte e convergenti ragioni, la prima delle quali è che gli interessi attuali degli Stati Uniti non coincidono più, ad esempio, con gl'interessi dell'Europa). La seconda è che la manovra è stata fatta segretamente, e in violazione delle stesse leggi americane, che prevedono l’autorizzazione del Congresso degli Stati Uniti per operazioni anche di gran lunga inferiori quanto a dimensioni. La terza è che la Federal Reserve ha ricapitalizzato non solo le banche d’investimento americane, ma tutte le più importanti banche occidentali. Fanno parte dell’elenco, infatti, giganti “europei” come Deutsche bank, Paribas, Union des Banques Suisses, Credit Suisse, Barclays, the Royal Bank of Scotland etc
Questa mossa è il riconoscimento del fallimento globale della finanza americana. Ovvio che non potesse essere resa pubblica, finché qualche benemerito parlamentare non ha costretto la FED a tirare fuori le carte. Ma altrettanto ovvio che, senza cambiare le regole, le banche ricapitalizzate avrebbero continuato a muoversi verso il precipizio alla stessa velocità. Solo che gli assettossici americani, già sparpagliati su tutto il mercato globale, non potevano e non possono più essere venduti, perché non ci sono più compratori disposti ad acquistarli.
In una certa parte sono stati assorbiti dalla Federal Reserve. Ma gli altri sono rimasti e sono carta straccia inutilizzabile. In sostanza il volume del debito, già spropositato (si calcola da più parti che abbia ormai superato di almeno una quindicina di volte il prodotto interno lordo mondiale, scavando un fossato incolmabile tra il mercato dei beni e servizi materiali e un mercato finanziario sempre più fittizio e irreale) si va ulteriormente ingigantendo.
Chiunque dovrebbe capire che la tenuta di questa nuova bolla, dalle dimensioni senza alcun precedente, non può durare a lungo. E, quando esploderà, l’effetto si annuncia ben più grave del crollo del 1929.
È in questo contesto che esplode il problema dei debiti sovrani europei. La Grecia ha svolto il ruolo di prima vittima, di cavia sperimentale. Ma, se si capisce il meccanismo, si vedrà subito che la questione è di vita o di morte per la sopravvivenza degli Stati europei, di tutti (in quanto Stati sovrani come li conosciamo al momento), e per la sopravvivenza stessa di una Europa sovrana, composta di Stati sovrani.
Non si vede infatti come possa esistere una Europa sovrana se essa risulterà composta di stati assoggettati a logiche e interessi “esterni”, in quanto non sottoposti ad alcuna verifica di legittimità democratica da parte dei rispettivi popoli, che rimangono l'unica sorgente di potere, ma ormai vengono sopravanzati da una logica tecnocratica che non intende e non può più dare spazio ad alcun controllo dal basso del suo operato.
L'origine di questa crisi è, a mio parere, il derivato di un tentativo disperato delle grandi banche d'investimento di riprendere la corsa forsennata a redditività "over 15%"(il famoso ROE, ovvero Return on Equity), nelle condizioni in cui la crescita dell'intero occidente (sempre che ce ne sia una) è ormai confinata nei decimali dell'unità. Se c'è una prova della follia, sta proprio in questa assurda pretesa.
L'occasione era già stata preparata nel momento stesso e nel modo in cui fu concepito l'euro. Fu in quel momento, alla fine degli anni '90, che l'Europa autorizzò le banche d'investimento del pianeta a considerare a zero rischio i debiti dei paesi dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).
Come scrive il New York Times in un articolo assai rivelatore dell'11/11/11, erano loro quelli che “made it”, che avevano fatto il grande passo di creare una moneta nuova. Che, nelle intenzioni di alcuni, avrebbe dovuto diventare unalter ego del dollaro, nelle intenzioni di altri un contraltare del dollaro, un'alternativa alla divisa statunitense. Ma in ogni caso si trattava di un'operazione dall'evidente significato globale e occorreva lanciare in tutte le direzioni un messaggio di assoluta sicurezza: noi saremo in grado di proteggere tutti da ogni fallimento. Appunto: i capitali che arriveranno qui saranno assicurati al 100%: rischio zero.
Adesso sappiamo che si sbagliarono di grosso. Ma allora sembrava il contrario, e non ci furono voci che misero in discussione quell'assunto.
Le grandi banche d'investimento, quelle americane in primis (ma anche quelle europee, i gestori dei fondi pensione, dei fondi comuni, delle compagnie di assicurazione, tutti emergenti dal disastro dei subprime che si erano sparsi come un'epidemia su tutti i mercati), si precipitarono a piazzare le loro liquidità (o, più brutalmente, nell'aprire altri debiti) nell'acquisto dei bonds europei.
E, come di nuovo scrive il New York Times nell'articolo citato (“What banks once saw as safe has now turned toxic”. Quello che le banche avevano considerato sicuro, si è ora trasformato in tossico), «intrappolati nel caos del subprime, i prestatori avevano visto il debito europeo come un paradiso da cui trarre profitto». E, per trarre il massimo profitto, in situazione pressoché disperata di insolvenza, ecco che, «per paura e avidità», si gettarono su quei bond che avrebbero garantito il massimo interesse. Dunque il loro obiettivo diventarono subito non i più sicuri (era stato detto che tutti sarebbero stati ugualmente sicuri, sebbene l'evidenza dicesse il contrario), ma i più redditizi. L'esempio greco è illuminante.
Ma, a parte i sesquipedali “errori” di valutazione della finanza internazionale, più simili a cecità ideologica assoluta, si vede qui in trasparenza che l'Europa odierna, quella di Lisbona, altro non è che il luogo dove le decisioni dei “proprietari universali” (così li chiama, opportunamente, Luciano Gallino) vengono trasformate in leggi, cioè dove la rapina del sistema a danno degli Stati e dei popoli viene legalizzata.
Intendo precisare che la finanziarizzazione del debito pubblico degli Stati non è stato un incidente di percorso, né un portato oggettivo di tendenze inevitabili. Essa è stata introdotta da noi con una decisione politica precisissima, ben meditata e preparata. Questa decisione politica si chiama Trattato di Maastricht e, per realizzarla, sono state spese risorse enormi, un esercito di propagandisti e zelatori è stato messo in movimento, armato e finanziato da decine di centri di influenza, di think-tanks, di lobbies.
Qui varrebbe la pena di analizzare in dettaglio come funziona la macchina che ha prodotto una tecnocrazia di “posseduti” dal denaro.
Una rete di rapporti che copre tutte le assemblee elettive europee, i governi, le coorti di funzionari provenienti dai centri universitari sotto il controllo della finanza, le commissioni governative, i dipartimenti della Commissione Europea, i dirigenti dei partiti politici.
Questo campo di forze è stato cementato dall'ideologia della insostituibile efficienza dei mercati finanziari, dalla sacralità delle valutazioni delle agenzie dirating, dall'ideologia della crescita, mantra che porta in sé una serie di corollari dogmatici assoluti: la inevitabilità della globalizzazione, l'interesse superiore che deve annullare, in nome della stessa crescita, ogni pretesa di “particulare”, di “local”, di non standardizzato. Cioè, per definizione di questo stuolo di sacerdoti della religione del dominio finanziario, ostile all'efficienza, cioè ostile alla “razionalità della rapina”.
È con questa micidiale rete di pressioni che il ristrettissimo vertice dei “proprietari universali” riesce a far passare la propria visione del mondo. È mediante questo esercito di “posseduti”, del quale sono parte integrante i massimi dirigenti politici dei partiti di destra e di sinistra, dei ministri di ogni ordine e rango, dei vertici militari e dei servizi segreti, degli ambiti accademici più importanti e meglio retribuiti che è passata l'ideologia del pensiero unico finanziario.
Il risultato è stato ottenuto, e ben prima di questa crisi. Il Trattato di Maastricht vieta alle banche centrali di finanziare direttamente gli Stati, obbligandoli, letteralmente, a cercare prestatori nei mercati finanziari.
Il debito degli Stati si trasforma così in una merce finanziaria, che può essere comprata e venduta su ogni mercato, può essere oggetto di speculazione e scommessa, può essere spezzettata in parti e inserita in “pacchetti” di derivati, districare la cui composizione diventa impossibile a chiunque.
I destini sottostanti dei popoli, delle donne e uomini in carne ed ossa, vengono totalmente oscurati. Ciò che rimane visibile sono le sequenze di valutazioni delle borse che ormai sfilano sotto gli occhi dei telespettatori nella stazioni ferroviarie, sui treni, in ogni programma informativo. È l'ipnosi di massa cui è impossibile sottrarsi. Il tenore di vita di milioni e milioni di individui viene sconvolto in base a meccanismi che paiono inesorabili, comunque sconosciuti alle grandi masse, spesso manovrati da pochissime mani, spesso addirittura frutto di elaborazioni automatiche di computer opportunamente preparati.
Sono decine gli esempi che potrebbero essere portati per svelare il meccanismo del dominio dei “proprietari universali”, un dominio che ha già annullato da tempo ogni illusione di democrazia. La democrazia liberale, la divisione dei poteri, sono stati da tempo sostituiti da meccanismi decisionali che scavalcano ogni forma di controllo. Nell'utilissimo libro di Luciano Gallino intitolato “Con i soldi degli altri”, vengono portati esempi al tempo stesso agghiaccianti e illuminanti di come l'Europa, cioè il Consiglio, la Commissione, il Parlamento usino commissionare la stesura delle regole a gruppi privati di “esperti”, che sono, tra i “posseduti”, i più direttamente legati proprio ai grandi centri finanziari.
È superfluo notare che normative cruciali sono state fatte passare nella più grande ignoranza della stragrande maggioranza degli stessi parlamentari europei, che votano quasi tutto ciò che viene loro proposto senza sapere cosa votano e come è stata confezionata la polpetta avvelenata che viene loro proposta, compilata in uffici privati, a loro volta profumatamente retribuiti per organizzare la rapina su pubblici ignari.
Alla luce di tutto questo, non dovrebbe stupire il fatto nuovo che stiamo registrando: di fronte a una crisi che diventa sempre più ingovernabile, i “proprietari universali” appaiono costretti a portare al potere, direttamente nei singoli Stati, i loro uomini più fidati.
La politica tradizionale, negli Stati più deboli, è troppo corrotta e inefficiente, troppo necessitata dallo scendere a patti – nel modo più indecoroso, naturalmente, cioè con il voto di scambio – per poter consentire la macelleria sociale necessaria. Quindi si va verso “governi tecnici” (presentati cioè come tali, ma niente affatto tecnici) guidati da uomini di assoluta fiducia, che devono agire al di fuori delle norme democratiche precedenti. L'arrivo al potere in Grecia di Lucas Papademos (ex governatore della Banca Centrale Greca dal 1994 al 2002, cioè uno degli organizzatori dei conti truccati fatti da Goldman Sachs, che hanno aperto l'offensiva contro Atene), di Mario Draghi al vertice della Banca Centrale Europea (uomo di Goldman Sachs, come vice-presidente per l'Europa dal 2002 al 2005, stessi anni in cui si realizza l'affondamento greco), di Mario Monti alla testa del governo Napolitano (anche Monti, che dal 2005 era consigliere internazionale della stessa Goldman Sachs): tutti questi avvicendamenti, accompagnati dalla ripetizione che si devono adottare “misure impopolari”, cioè misure antipopolari, e che non si deve assolutamente chiedere il parere dei popoli, cioè niente elezioni, niente referendum, solo decisioni “tecniche” per realizzare la T.I.N.A. (There Is No Alternative), dimostrano che la situazione è divenuta ormai ingovernabile e che i poteri forti hanno scelto di adottare misure energiche per affrontare l'imprevisto.
Tra le misure energiche, ovviamente, non è previsto il cambio delle regole vigenti. Se non nel senso, del tutto opposto, di trasformarle in leggi universali alle quali non sarà possibile sfuggire. Non è un caso che i governi di Grecia e Italia siano stati di fatto commissariati dalla Banca Centrale Europea (e da Goldman Sachs), invertendo quasi comicamente il dogma già elevato sugli altari bancari dell'occidente: la Banca Centrale dev'essere del tutto indipendente dai poteri politici. Adesso i poteri politici sono diventati dipendenti da quelli della Banca Centrale, al punto che è quest'ultima che decide come si formano e come devono essere esautorati.
In fila, ad aspettare la loro sorte, ci sono Spagna, Portogallo, Irlanda. E, tra non molto, anche Francia e altri. Dunque il costo del presunto risanamento (comunque impossibile perché la massa del debito e di diversi ordini di grandezza superiore alle possibilità tecniche di ripianarlo) deve ricadere sulla gente comune europea. Questo, a sua volta, significa la rottura del patto sociale che ha retto la costruzione europea negli ultimi cinquant'anni. In particolare questa rottura sarà percepita subito dai paesi dell'Europa occidentale, che hanno potuto apprezzare i vantaggi del welfare state. Il resto dei 27 percepirà con qualche ritardo, ma non potrà uscirne meglio.
Resta il grande interrogativo: quale sarà la reazione popolare a questa svolta, sicuramente drammatica? Il quadro visibile dice che, in questo momento, in Europa non esiste una opposizione organizzata, continentale, a questa svolta.
I partiti delle sinistre si rivelano imbelli e privi di ogni visione alternativa. Le leadership, sia di destra che si sinistra, non solo non si rivelano all'altezza, ma danno l'impressione di non capire nemmeno quello che sta accadendo.
E neanche questo non deve stupire. Essendo essi “posseduti”, non fanno che riflettere l'incertezza e il panico che pervade i “proprietari universali” loro committenti.
Si danno due esiti possibili: nel primo i popoli europei saranno schiacciati, cioè divisi, manipolati e repressi, con varie gradazioni di ciascuna di queste componenti. Oppure reagiranno. Ma, privi di guida come sono, lo potranno fare solo in forme confuse, senza obiettivi politici comuni, senza una “visione strategica”. Il rischio è una generale deriva a destra, verso forme xenofobiche, reazionarie, isolazioniste, primitive. E, anche questa è la premessa per una sconfitta epocale, che precede una catastrofe continentale: in primo luogo dei diritti e delle libertà, in secondo e immediato luogo, delle condizioni sociali di larghissime masse di popolo.
Tutto ciò impone una riflessione di tutti coloro che, invece di piangere e deprecare, si pongo il problema del che fare. Quello che manca è un grande partito europeo di alternativa. Un “Partito dei Popoli Europei”. Da creare nei tempi più rapidi possibile. I movimenti, per lo più giovanili, che si stanno formando, possono esserne la base. L'essenziale è non illudersi che, da soli, possano produrre questo partito europeo.
Ma la cosa più grave è che, con queste ricette (quelle di Draghi, Monti e Napolitano, cioè quelle della finanza vincente) non si risolverà nulla. Tutte le chiacchiere con cui viene ammantata la serie delle misure anti-popolari sono fondate sull'ipotesi di una futura crescita economica. Ma tutto ciò che sappiamo è che l'Europa sta andando in recessione, tutta intera. La stessa locomotiva tedesca è prevista in crescita, per il 2012, dello 0,8%, che equivale alla stagnazione. Per gli altri è peggio. Dunque impostare sulla crescita un programma di sacrifici a intere popolazioni, per salvare le banche, significa costruire sulla sabbia. Tra una manciata di mesi sarà evidente che la crisi della finanza e dell'economia occidentale è irrimediabile.

La prospettiva è un altro 1929. Solo che sarà di gran lunga più devastante.Le previsioni più attendibili vengono da un gruppo di esperti francesi (per questo solo fatto più attendibili, perché ciò che scrivono i commentatori americani e britannici è ormai quasi del tutto inattendibile) raggruppati dietro il bollettino con sigla GEAB (Global Europe Anticipation Bulletin).
Anche loro individuano una “crisi sistemica globale”. Nella quale sono già stati bruciati, dallo scorso luglio, circa 15 trilioni di dollari. La deriva, sostengono, è inarrestabile e porterà alla sparizione nel nulla, da dove sono venuti, di altri 30 trilioni di dollari nel corso del 2012. com'è noto, sono già stati bruciati, dallo scorso luglio, 15 trilioni di dollari. Si prevede che, dopo la svalutazione reale del 50% del debito greco, seguiranno le svalutazioni, mediamente, del 30% dei debiti italiano, spagnolo, portoghese, irlandese.
Tuttavia il gruppo GEAB appare assai meno preoccupato del destino dell'euro di quanto non sia di quello del dollaro USA. Infatti – sulla base di quanto già detto in precedenza in queste righe – la detonazione dei debiti pubblici europei, oltre a mettere in crisi le banche francesi, tedesche, belghe e olandesi, produrrà l'esplosione del debito pubblico americano, data l'esposizione degli investitori istituzionali statunitensi sul debito europeo. La cifra più impressionante in merito viene dalla valutazione del debito privato negli Stati Uniti che, oltre allo stato pre-comatoso di quello pubblico, ha ormai raggiunto il 240% del PIL (basti pensare che il debito privato greco, già altissimo, raggiunge appena il 120% del PIL di quel paese. Quello italiano, si noti, è appena del 43% del PIL). La conseguenza, prevista, potrebbe essere una misura obbligata: la svalutazione del dollaro del 30% almeno, unico modo per attenuare il peso dell'indebitamento complessivo degli Stati Uniti.
In sostanza chi sta peggio non è l'Europa, ma sono gli Stati Uniti. In queste condizioni una vittoria di Obama appare sempre meno probabile. E se vince uno dei candidati repubblicani, c'è ragione di temere il peggio per il contesto internazionale. Perché anche di questo occorre tenere conto. La crisi colpisce l'economia e la finanza occidentale, ma occorre cercare di capire gli effetti che questa produrrà sul resto del mondo e sulle sue relazioni con l'Occidente. Una cosa è certa: il quadro mondiale sta entrando in una fase di vertiginosa ebollizione. È il contesto che prepara una guerra.