sabato 17 dicembre 2011

CACCIARE MONTI?


CACCIARE MONTI?
Tagli e tasse sono o non sono uno strumento di tipo idoneo a risolvere la situazione italiana, rilanciando l’economia e riducendo il debito pubblico? I mercati di cui dobbiamo curarci sono soltanto quelli finanziari, o anche quelli della produzione, del lavoro e del consumo, ossia della ricchezza reale?
Tagli e tasse di Monti (e dei suoi predecessori) considerano solo i mercati finanziari, non quelli dell’economia reale. Infatti, aiutano a far quadrare i conti nell’anno riducono il deficit di bilancio, ma riducono automaticamente anche il pil, quindi il gettito fiscale, negli anni successivi (la manovra Monti lo riduce dell’1,5% nel 2012), generando così il bisogno di aumento della pressione fiscale per compensare che rimangia il valore della manovra, lasciando un peggioramento netto. Inoltre, il loro effetto depressivo sul morale e sulla propensione a consumi e investimenti, aggrava la crisi dell’economia reale e stabilizza il trend discendente. Si chiama avvitamento fiscale, ed è una spirale maligna, una spirale recessiva senza via d’uscita. La Grecia ha imboccato tale via con le manovre di risanamento imposte dalla BCE e dall’UE.
I mercati sanno queste cose, prevedono che tali manovre peggioreranno la situazione, quindi sale lo spread e scende la borsa. Intanto, i capitali fuggono all’estero e i dati sul pil vanno così male che se ne sospende l’aggiornamento e la divulgazione. E le aziende chiudono in massa a fine anno.
Monti stesso conosce benissimo questi meccanismi, tanto è vero che, come gli ricordano Giavazzi e Alesina, fino a prima di divenire senatore a vita e premier, raccomandava di evitare simili manovre, cioè esattamente quelle che sta eseguendo ora come premier. 
Paesi che hanno adottato politiche di risparmio fiscale attraverso tagli massicci della spesa pubblica, come l’Italia  fa da molti anni, non solo non hanno migliorato la loro situazione debitoria, ma si sono ritrovati, nel medio termine, con una spesa pubblica maggiore e un crescente indebitamento, a causa degli effetti di tale policy su istruzione, salute, manutenzione, infrastrutture, ordine pubblico, economia reale, morale generale, fisiologia complessiva del sistema-paese.
Allora la domanda diventa: perché e per chi Monti fa cose che sa nocive all’Italia? Perché Napolitano lo ha nominato? Quale dottor Morte glielo ha prescritto come rimedio?
Alla Camera, l’on.le Dal Lago, della Lega Nord, non isolata, l’ha accusato di operare per conto della grande finanza internazionale, colpevole e beneficiaria dell’attuale crisi, nonché Germania. In effetti, Monti, anche con la decisione che lo Stato italiano garantisca i debiti delle banche italiane, sta spremendo questo paese per fargli pagare interessi e debiti vero lo straniero. Interessi e debiti molto discutibili.
In effetti, la priorità della politica di questo governo appare essere quella di rimborsare le banche tedesche e francesi detentrici di debito pubblico italiano. Poi, spremuto lo spremibile, la sua missione sarà compiuta, ovviamente non dovrà curarsi di essere rieletto dagli Italiani, che allora non conteranno più nulla, perché li avrà tanto impoveriti, che questi dovranno cedere tutto ciò che rimarrà loro, anche in termini di diritti, al capitale straniero, in cambio di un filo di credito e di aiuti.
Il recente audit della Fed ha svelato che essa ha emesso liquidità per 16.000 miliardi di Dollari negli ultimi 4 anni prestandoli praticamente senza interesse e senza scadenza a grandi banche speculative, che li usano per comperare i btp italiani (e di altri paesi) e lucrano a costo zero il 6-7% l’anno – ossia noi regaliamo loro il decine e decine di miliardi l’anno. Non è da stupirsi, se un governo bancario agisce in modo di far continuare questo trasferimento di ricchezza, cioè in modo che l’Italia, torchiando i propri cittadini e sbriciolando, svendendo e privatizzando le proprie imprese, onori i propri debiti verso quella finanza internazionale del Bilderberg e della Trilateral, da cui lo stesso Monti viene.
Precisamente, è in corso un processo guidato dalla Fed in cui i grandi banchieri che fanno capo ad essa stanno comprando il mondo attraverso il loro potere di emettere Dollari a migliaia e migliaia di miliardi, in segreto e a costo zero, mentre greci e italiani e altri popoli vengono sottoposti a privazioni, tassazioni e immiserimento per fare manovre di qualche decina di miliardi di Euro, perché Berlino si oppone a che la BCE si comporti da banca centrale di emissione, come la Fed, emettendo Euro come quella emette Dollari – cosa possibile, perché Dollari ed Euro sono fiat money,  e perché USA ed Europa sono pieni di fattori di produzione inoperosi soltanto perché vi è carenza di liquidità.
Questo è l’assurdo: le banche centrali hanno la possibilità di emettere denaro a costo zero, e la esercitano massicciamente, per molte migliaia di miliardi, ma per darli gratis alle grandi banche affinché facciano speculazioni e crisi sempre più gravi. Crisi, ci insegnano, significa però anche anche opportunità – per chi le scatena, ovviamente. Alla gente invece si dice che il denaro scarseggia, che bisogna stringere i cordoni per evitare l’inflazione, che bisogna fare tagli, pagare più tasse, rinunciare allo stato sociale, andare in pensione verso i 70 anni.
La manovra di risanamento, in tale situazione, sarebbe presto fatta: la BCE emetta denaro vincolato a finanziare le attività produttive e di infrastrutturazione, cioè ad attivare i fattori di produzione (lavoratori inclusi), onde rilanciare la produzione, i consumi e il pil, quindi anche il gettito fiscale. Sacrifici, tagli e tasse, non solo sono inefficaci, ma sono controproducenti, sono l’opposto di ciò che gioverebbe, e bisogna essere in mala fede per insistere su di essi. Certo, bisognerebbe, anche, tagliare la spesa improduttiva, parassitaria. E separare l’attività bancaria di credito da quella speculativa. Ma anche su questo i banchieri e i loro governi non ci sentono.
Il governo Monti, dopo la sua presentazione come il governo delle genialità e dell’indipendenza, non ha solo deluso per la pochezza culturale e la distruttività delle sue manovre. Ha anche rivelato, in pochi giorni, di essere retto, in parlamento e fuori di esso, dalla combinazione del peggio, ossia, da una parte, dalla tutela della casta, della partitocrazia, dei privilegi, delle spese parassitarie e clientelari, degli interessi stranieri ed elitari, a danno del popolo italiano. E, dall’altra parte, dalla pratica di spaventare la gente e mantenerla nell’angoscia. Perché non c’era problema quando il debito pubblico era al 115% del pil, e lo spread al 3, mentre al 120%, e 5 di spread, improvvisamente, siamo sul baratro e dobbiamo farci governare dall’eletto della finanza? Ma, come dice lo stesso Monti, abbiamo bisogno delle crisi per rendere i popoli malleabili:http://oknotizie.virgilio.it/go.php?us=1b190309063811a  
E che dire di qualche suo ministro, scelto tra chi ha fatto perdere gran parte del capitale a qualche grande banca che dirigeva, ed è stato liquidato da questa a peso d’oro? Quando una banca perde moltissimo in acquisizioni di altre banche (pagandole a un multiplo del loro vero valore) o in erogazione di crediti (finanziando soggetti che si sa incapaci di rimborsarli), c’è sempre qualcuno che guadagna altrettanto.
Se c’è una cosa chiara, oramai, è che il popolo italiano non si salverà se non insorgerà e non caccerà Monti e il suo governo commissariale di banchieri-liquidatori. Ma non basterà cacciare il governo Monti: bisognerà pensionare anche chi lo ha voluto, nominato e glorificato, ossia Napolitano, il quale da giovane, aderendo al comunismo a guida sovietica, aspirava ad aprire le porte dell’Italia alla dittatura comunista, e ora, da vecchio, ha avuto l’onore di aprirle alla provvidenza finanziaria.
E non basterà: ancora più importante è liberarsi dei parlamentari e dei partiti politici che hanno dato la fiducia a Monti in parlamento: una classe politica che oramai la gente sa avere, nel suo complesso, un’unica competenza: quella del farsi i razzi suoi a spese della società – una classe politica che non può rappresentare né gestire la cosa pubblica, e va eliminata come condizione per potersi aver un’amministrazione funzionale.
Ma anche questo non è sufficiente: se pensiamo a tutto l’insieme di manovre che hanno messo il Monti al potere, al gioco dei ruoli della Commissione Europea, della BCE, della Merkel, alle agenzie di rating – e se pensiamo a come a Papandreou è stato impedito di indire il referendum, a come lo si è sostituito col governo Goldman-Sachs di Papademos (dopo che la stessa Goldman Sachs aveva aiutato, nel proprio interesse, il governo greco a taroccare i propri bilanci, producendo così l’attuale disastrosa crisi) – se pensiamo a tutto ciò, è chiaro che non ne possiamo saltar fuori nemmeno una rivoluzione di tipo francese.
Dovremmo esser capaci di uscire dell’Euro, che non è una moneta unica ma un insieme di cambi fissi come il defunto SME, senza una banca centrale che protegga i vari debiti pubblici dalla predazione speculatrice. Dovremmo uscire dall’Unione Europea, che non è l’Europa, ma uno strumento nelle mani dei forti per spremere i deboli e impedire che facciano concorrenza. Dovremmo uscire dal WTO, che ci deindustrializza inondandoci di merci scadenti. Dovremmo fare come gli islandesi, ripudiare i debiti verso le banche estere, dotarci di una banca centrale di emissione nazionale, e – prevedendo le ritorsioni del sistema finanziario globalista – renderci indipendenti non solo finanziariamente, ma anche in quanto alle materie prime, e soprattutto al petrolio. Dovremmo metterci contro quasi tutto il mondo e renderci autarchici. E tutto ciò sotto il fuoco dei potentati finanziari che andremmo a sfidare.
L’impresa è dunque impossibile, improponibile. L’architettura globale dei poteri reali è troppo vasta, alta e potente, anche militarmente. Una rivoluzione popolare in Italia o in Grecia non basterebbe perché non libererebbe dagli strumenti di dominio finanziario, che sono al di sopra dei confini e dei singoli popoli. La rivoluzione dovrebbe essere mondiale, per riuscire. Quindi è una via impossibile.  L’unica via razionale è vivere la propria vita al meglio e per quanto possibile, sperando che questo “nuovo ordine mondiale” crolli per vizi interni, come sono falliti i precedenti tentativi storici di creare nuovi mondi e nuovi uomini, ossia per l’incapacità di comprendere e governare la complessità sia dell’essere umano che del sistema-mondo. Sperare che crolli, e che allora si possa iniziare una nuova partita.
16.12.11
Marco Della Luna

Il Veneto degli imprenditori suicidi


Il Veneto degli imprenditori suicidi
di Beppe Grillo - 16/12/2011

Fonte: Il Blog di Beppe Grillo

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Forse un veneto, più di altri italiani, non accetta l'idea del fallimento. La sua cultura non lo prevede. Lo considera una vergogna. La chiusura di un'azienda è un evento che NON può succedere. Non è contemplato. I suoi dipendenti sono spesso persone con cui lavora insieme ogni giorno in ufficio o in fabbrica. Il Veneto è la patria delle piccole e piccolissime imprese, dei distretti industriali. Guardare negli occhi i propri colleghi mentre sono licenziati è intollerabile. Per la famiglia vale ancora di più. I figli che finiranno con lui in mezzo a una strada sono gli stessi che gli corrono incontro la sera prima di cena con la speranza di un piccolo regalo. Questo è vero anche altrove, ma in Veneto lo è di più. Il fallimento è una cappa di piombo, che ti isola, che ti porta al suicidio. Il mito dell'imprenditore che non deve chiedere nulla a nessuno, di un piccolo sogno americano, qui è più forte che altrove.
La lunga linea d'ombra degli imprenditori suicidi, 40 dall'inizio della crisi, è qualcosa di profondo, che non può essere spiegato in modo razionale. Perché questa strage silenziosa? Nell'ultima settimana altri due piccoli imprenditori si sono uccisi. Uno di loro si chiamava Giovanni Schiavon. Era titolare della Eurostrade 90 Snc a Peraga di Vigonza, in provincia di Padova. Aveva due figli. Si è seduto alla scrivania del suo ufficio e si è ucciso. Per Natale avrebbe dovuto mettere in cassa integrazione i suoi dipendenti, forse non sarebbe riuscito neppure a pagare stipendi e tredicesime. I clienti ritardavano i pagamenti, le banche avrebbero chiesto di rientrare dalle linee di finanziamento e secondo fonti locali "vantava crediti per oltre 200mila euro verso la pubblica amministrazione.“ Per la moglie il gesto è dovuto al "Sistema in cui nessuno paga". Una situazione da manuale. Il piccolo imprenditore onesto in Italia è un eroe. Lo Stato lo premia con le tasse più alte d'Europa, da incassare in anticipo. Per i rimborsi, invece, c'è sempre tempo. Ed è quasi impossibile riscuotere le fatture non pagate.
Il Veneto ha un male oscuro, tremendo, se costringe chi ha investito in questo Paese la sua vita e le sue risorse a impiccarsi in un garage o a spararsi nell'azienda vuota un sabato mattina. I pensionati sono importanti e anche i dipendenti pubblici, ma senza le imprese finiranno tutti in mezzo a una strada. Chi si occupa delle piccole imprese? Sono mucche da mungere. Nel Veneto hanno la massima concentrazione. I movimenti indipendentisti veneti stanno aumentando. Non sono cani da lecca come la Lega. Il Veneto non si farà suicidare in silenzio.

Il mistero degli immobili ex Bankitalia

Nel maggio 2010, Mario Draghi, allora governatore della Banca d'Italia, indisse una regolare gara europea per affidare la dismissione di parte del patrimonio immobiliare. Una pratica che, sia detto per inciso, non avviene quando invece ogni venti anni la stessa Banca d'Italia ottiene il rinnovo automatico del mandato ad esercitare la funzione di Tesoreria dello Stato, senza alcuna gara né italiana né europea.
Ho quindi provveduto ad informare sia la ditta che ha vinto la gara come intermediaria, Colliers e Exitone, sia Mario Monti come ministro dell'economia, del fatto che l'incasso derivante dalla dismissione degli immobili dovrebbe essere ritornato alla comunità. Ho anche informato il sindaco effettivo revisore dei conti dell'INPS, Antonino Galloni, poiché l'INPS partecipa a Bankitalia per il 5% e quindi avrebbe titolo a reclamare 15,8 milioni di euro dall'esito della vendita, una cifra comunque interessante proprio mentre si tagliano le pensioni...

Chissà che lassù qualcuno ci ascolti ?

Vi pubblico qui la missiva:


ALIENAZIONE IMMOBILI EX BANKITALIA
Data: 17/12/11 17:55

A: Colliers e Exitone
p.c. Al ministro dell'Economia e dellle Finanze Mario Monti, all'Avv. A.L. Marra

Egregi,

a seguito del bando del maggio 2010 indetto dalla Banca d'Italia sulla vendita delle sue ex sedi, a voi aggiudicato (1), vorrei sapere se è stato disposto che i proventi derivanti dalle alienazioni dei detti immobili - inizialmente stimati in 316 milioni di euro - siano affidati al Ministero dell'Economia e delle Finanze opure se se ne intende disporre altrimenti.
Vi notifico ed ammonisco che tali proprietà immobiliari rappresentano il riciclaggio dei proventi da signoraggio della Banca d'Italia stessa e che, al pari delle riserve auree (2), sono di pertinenza delle finanze pubbliche.

Grazie per una sollecita risposta.

Marco Saba
Blogger di Signoraggio.it

Allegato 1:
GIOVEDI' 18 NOVEMBRE 2010
Bankitalia: Colliers e Exitone venderanno il Bagaglino ed ex filiali
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 18 nov - Nei mesi scorsi la Banca d'Italia aveva avviato una procedura per dismettere una parte consistente del proprio patrimonio immobiliare ormai non piu' necessario dopo una serie di chiusure delle sedi di alcune province e altri immobili. Nel portafoglio sono cosi' finite 39 ex filiali sparse in tutta Italia e alcuni complessi di pregio come il Salone Margherita, sede storica del Bagaglino. Il teatro romano, 2.500 mq totali, torna dunque in vendita dopo il tentativo andato a vuoto qualche anno fa quando palazzo Koch aveva indetto un'asta a un prezzo base di 15 milioni di euro. Ora saranno due esperti del settore immobiliare, Colliers e Exitone, a cercare di trovare un acquirente per questo pezzo di storia del varieta' nato nel 1898 come Salone Margherita, in omaggio alla regina di allora e che dal 1972 intreccia il suo percorso con il gruppo del Bagaglino. Il bando indetto nei mesi scorsi da Bankitalia prevedeva un contratto di tre anni, prorogabile di altri due, con un valore di 6,5 milioni, pari al 2% del valore di bilancio degli asset. Palazzo Koch prevedeva anche di riconoscere un premio percentuale incentivante (cosiddetto success fee) in base ai metri quadri di immobili alienati. Il premio massimo, secondo il bando originario, scatta nel caso in cui vengono realizzate vendite nell'arco di tempo previsto, per oltre 235mila metri quadri. Mau-Y- (RADIOCOR) 18-11-10 12:26:38 (0180)IMM 3 NNNN

Allegato 2:
Nell'ottobre del 2005 l'attuale rettore della Bocconi, Prof. Guido Tabellini, affermava che:

"...il patrimonio e le riserve della Banca  d'Italia sono il frutto del Signoraggio pagato nel corso degli anni dai cittadini italiani e riscosso dalle autorità monetarie con la creazione di moneta. Appartengono alla collettività, non sono di proprietà delle banche".
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Ricevuta di ritorno da Exitone: Il messaggio è stato letto in data sabato 17 dicembre 2011 18.20.03 UTC.