domenica 31 marzo 2013

EURO: una guerra di classe con altri mezzi

Altro che fallimento: l’euro sta provocando ciò per cui è stato progettato dall’elite. Ecco come nasce una dittatura

 euro-scheletro.jpgL’euro ha centrato il suo obiettivo: ovvero quello di distruggere le nazioni europee in soli 10 anni! “L’idea che l’Euro sia un fallimento è stupidamente errata, l’Euro sta provocando ciò per cui è stato progettato dal suo ideatore e da quel 1% di oligarchi che l’hanno imposto”.

Così ha scritto il giornalista americano Greg Palast sul Guardian del 26 giugno 2012, ricordando che “l’ideatore”, Robert Mundell, ha sempre visto la sua creatura (l’euro) come l’arma che avrebbe spazzato via norme e regolamenti sul lavoro: “Ho conosciuto Mundell tramite il mio docente universitario Milton Friedman”.
Palast descrive bene l’idea di Mundell:
“L’Euro inizia davvero a svolgere il suo compito in tempi di crisi, infatti la moneta unica e soprannazionale toglie ai governi eletti la possibilità di usare politiche creditizie e fiscali capaci di farci uscire dalla crisi, in quanto pone le politiche monetarie al di fuori dalla portata dei politici (eletti) e, senza queste prerogative, l’unico modo che hanno i governi per cercare di mantenere i posti di lavoro è quello di ridurre regole e diritti verso imprese e lavoratori, tutto nel nome della concorrenza”. Per Mundell niente deve interferire col MERCATO.
Palast continua dicendo che Mundell gli spiegava che “l’euro è tutt’uno con la Reaganomics; la disciplina monetaria impone la disciplina fiscale ed agisce anche sui politici (servi del mercato invisibile… sic), e quando la crisi morde allora alle nazioni resta ben poco da fare se non liberalizzare, privatizzare, deregolamentare e soprattutto distruggere il welfare garantito dallo Stato”.
Il termine “riforme strutturali” non è altro che un eufemismo per nascondere l’annullamento dei diritti dei lavoratori (e degli imprenditori…), Mundell sostiene che “l’unione monetaria è una guerra di classe con altri mezzi” (la classe oligarchica contro il 99% dei cittadini).
Fonte: informarexresistere.fr – tratto da ilnavigatorecurioso.myblog.it

PAPA FRANCESCO SCUOTE LO IOR


PAPA FRANCESCO SCUOTE LO IOR A COLPI DI BERTELLO

Piano di Bergoglio: affidare il controllo della “Banca di Dio” al Governatore vaticano Giuseppe Bertello, stimato per onestà e correttezza - Il Papa non vuol perdere tempo: rientrare al più presto nella “white list” dell’Ocse e arginare la marea di scandali (l’ultimo con protagonista Briamonte…)

Giacomo Galeazzi per La Stampa (DAGOSPIA)
C' è un piano per ricondurre lo Ior sotto il Governatore vaticano in vista dell'ingresso nella «white list» dell'Ocse. Porre l'Istituto Opere di Religione sotto il controllo del Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano (il governatore vaticano Giuseppe Bertello, stimato da tutti per la sua onestà e correttezza) assicurerebbe maggiori verifiche e garanzie legali rispetto all'attuale fase di crisi e inchieste delle procure.
L'ARCIVESCOVO GIUSEPPE BERTELLOL'ARCIVESCOVO GIUSEPPE BERTELLO
Lo Ior verrebbe inglobato organicamente nella macchina burocratica della Santa Sede sul modello di ciò che accade già per l'Apsa, l'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica che ha anch'essa i suoi correntisti. Si tratta di un progetto di riforma ispirata ad un criterio di trasparenza che bilancia due spinte opposte.
Quella di chi, come i cardinali Schoenborn e Onayekan, intende chiudere lo Ior (per stipulare una convenzione con una banca etica o comunque un istituto esterno al Vaticano) quella di quanti come Sodano e Sandri vorrebbero che le cose restassero come sono ora, con i bilanci dell'Istituto che non vengono resi noti a differenza di altre amministrazioni e con la «banca del Papa» che tecnicamente non fa parte degli organismi della Santa Sede.
papa francescoPAPA FRANCESCO
Inoltre la struttura rinnovata della Segreteria di Stato avrà una gestione più collegiale e sarà ricalcata sull'impostazione della Compagnia di Gesù dove il Preposito generale è affiancato da responsabili di area geografica. Insomma, il modello del «direttorio» consueto per gli istituti religiosi e garanzia di collegialità nell'esercizio del potere. Mentre Francesco si appresta a riformarla, la «banca di Dio» finisce ancora al centro della bufera. La Guardia di Finanza ha fermato all'aeroporto romano di Ciampino monsignor Roberto Lucchini e l'avvocato Michele Briamonte.
NUNZIO APOSTOLICO GIUSEPPE BERTELLONUNZIO APOSTOLICO GIUSEPPE BERTELLO
«Il primo - riferisce il settimanale L'Espresso - è uno dei collaboratori più fidati del segretario di Stato Tarcisio Bertone, mentre il legale, partner dello studio torinese Grande Stevens, è da anni consulente dello Ior». A fine febbraio «Briamonte e Lucchini si sono opposti alla perquisizione esibendo un passaporto diplomatico vaticano». Dopo una convulsa trattativa e numerosi contatti telefonici con la Santa Sede, l'avvocato e il monsignore hanno potuto lasciare l'aeroporto romano senza consegnare ai militari le loro borse. Una ricostruzione contestata da Briamonte (classe 1977, ascoltato consulente della Curia romana, entrato nel 2012 anche nel cda Monte dei Paschi) secondo cui «occorre molta fantasia per trasformare un normale controllo doganale in un caso dopo l'incidente di Ciampino, il legale o diplomatico».
Proprio pochi giorni dello studio Grande Stevens si è visto perquisire casa e ufficio su richiesta della procura di Siena che indaga su un presunto caso di insider trading al Mps. Intanto si discute sul futuro dell'Istituto. Risollevare l'immagine di una Chiesa dilaniata dagli scandali. Rivedere gli assetti di potere all'interno delle mura vaticane. E riformare la gestione delle risorse economiche. Per don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana, sono soprattutto queste le sfide prioritarie che Bergoglio dovrà affrontare. «Mi aspetto una significativa riforma della Curia romana, che dovrà avere un look e uno stile più umile, più sobrio e meno legato a ritualismi medievali», raccomanda Davanzo.
michele briamonteMICHELE BRIAMONTEPAPA BERGOGLIO FRANCESCO GRILLO BY SPINOZAPAPA BERGOGLIO FRANCESCO GRILLO BY SPINOZA
«Occorre evitare di offrire al fianco ad attacchi esterni», aggiunge, mettendo il guardia il nuovo Pontefice dalle insidie che lo attendono. «Oggi ci sono problemi di gestione delle risorse e di lotte intestine che tanto hanno fatto male alla Chiesa in particolare durante il pontificato di Benedetto XVI. Esistono problemi di cattiva gestione del potere da rivedere: è questo il mondo con cui il Papa dovrà fare i conti» dice don Davanzo che suggerisce a Francesco di «scegliersi collaboratori leali, schietti e trasparenti». È soprattutto nella gestione delle risorse economiche del Vaticano che è attesa una svolta radicale: «Il problema non è se usarle o meno, ma come farlo».

Moneta Complementare Comunale Anticiclica

MONETA COMPLEMENTARE
di Antonio Miclavez

Una persona che voglia avere in tasca del denaro da spendere deve:

1) Affaticarsi lavorando Oppure:
2) Vendere qualcosa di cui è proprietaria. Oppure:
3) Chiederlo ad una banca pagando interessi. Oppure:
4) Rubarlo commettendo un reato.

Un comune che voglia disporre di danaro da spendere
Deve:
1) Spremere i cittadini affinché paghino tasse .Oppure:
2) Farselo dare dalle banche pagando gli interessi.

La Banca Centrale Europea se vuole disporre di danaro (per prestarlo a banche o altro) deve:
1) Solamente decidere………. e schiacciare qualche pulsante senza sopportare alcun costo.

Noi vogliamo che il COMUNE DI UDINE PER UNA PICCOLISSIMA PARTE DEL DANARO CHE GLI SERVE FACCIA COME FA LA Banca Centrale Europea. Questa crisi finanziaria è una grave emergenza che giustifica atti eccezionali.

Il Comune potrà e dovrà emettere una modestissima quantità di moneta complementare (potrà chiamarsi sempicemente "Comunale" per essere equiparato ai Comunali di altri Comuni italiani e come personalizzazione locale “soldo” o “palanca” o altro...) che non gli costerà nulla. Con questa pagherà ogni anno il 10% di quello che oggi paga in euro. Chi incasserà queste monete le spenderà sul territorio, l’ultimo con queste pagherà parte delle tasse comunali ed il Comune le rimetterà in circolazione facendo altri pagamenti.
Si creerà una circolazione di “denaro alternativo” che non uscirà dal territorio del Comune e non costerà nulla al Comune stesso. 

CHI RITIENE CHE CIO’ NON SIA GIUSTO, NON SIA UTILE, O NON SIA POSSIBILE CORTESEMENTE CI DICA IL PERCHE’ E NOI GLI RISPONDEREMO. 
Dettagli li trovate su: www.monetacomplementarecomunale.com

Una sola preghiera: non venite a dirmi che la moneta complementre crea inflazione; in una rarefazione monetaria come quella odierna, prima di arrivare ad una sovrabbondanza tale di denaro circolante da creare inflazione da eccesso di valuta, ci vorrebbero almeno 2.000 miliardi di Comunali emessi, tali da bilanciare il Debito Pubblico; così finalmente da una situazione di debito andremmo in pari. Qui si parla, se ogni Comune accetta, di 700 miliardi di Comunali creati in tutta Italia, quindi ben di sotto alla soglia inflativa.

Alta preghiera: non parlatemi dello "Scec", che tra l'altro è registrato all'Ufficio brevetti a nome mio. Tale Moneta Complementare, dalla quale mi dissocio, è creata da gruppi privati e NON prevede il rientro fiscale per il Comune.

PS Il Comunale, come lo intendo io, farebbe parte di un circuito finanziario di 700 Monete Complementari mondiali, il che ci aprirebbe nuove possibilità di scambi commerciali con tutto il mondo in cui tale circuito è presente, ovvero Europa, America latina e Nord America. Comprende le transazioni al computer come un qualsiasi software bancario, il POS, le transazioni con cellulare. Le banconote sono di libera circolazione, e solo il conto bancario è sottoposto a prelievi fiscali. Un eventuale conio in mealli preziosi darebbe lustro alla Città e ne farebbe oggetto di collezione. 
In Italia, saremmo al prima città ad averlo, ed al coraggioso sindaco andrebbero onori e gloria.

venerdì 29 marzo 2013

Una nuova trappola europea

Incontro tra PD e M5S

Leggi ingiuste, Tasse perverse e Resistenza al tiranno


Ecco perché evadere le tasse può essere Lecito e Doveroso

http://www.quieuropa.it/politica/

Mercoledì, Settembre 5th/ 2012

- L'Editoriale di Sergio Basile - 
Ue / Italia / crisi eurozona / Mario Monti / Casta parlamentare / MES / Evasione Fiscale / Faccenda notarile / San Tommaso d'Aquino / Sant'Agostino / Morale cattolica / Padri della Chiesa / Debito illegale / Legge iniqua / Abuso di potere / Tasse giuste e tasse ingiuste / Moralisti / Gesuiti / Bocconi / Diavolo / Mammona / Gesù Cristo / Nuovo Ordine Mondiale / Resistenza / Rerum Novarum / Ergastolo domestico / Ergastolo / Padre Andrea Oddone / Papa Leone XIII / Corruptio Legis / Speculazione bancaria / Diktat dei mercati / Stato di polizia / Tirannide / Risvaglio / Rinascita / Resurrezione / Sergio Basile / Qui Europa / Europa 
Crisi Eurozona: Ecco perché evadere le
tasse può essere Lecito e Doveroso
Tasse giuste e tasse ingiuste: la saggezza della
dottrina cattolica e la stoltezza di Mario Monti
e dell'Europa dei tecnocrati
Leggi ingiuste, Tasse perverse e Resistenza al tiranno:
gli insegnamenti di San Tommaso d'Aquino, Sant'Agostino,
Papa Leone XIII e Padre Andrea Oddone 
La Tirannide e le derive della Democrazia e del fisco in Italia:
l'Analisi di "Qui Europa" alla luce dei Principi della Dottrina
della Chiesa e dei principi economici e giuridici europei
Roma, Bruxelles – Ne è passata di acqua sotto i ponti dalla nomina di Mario Mo

giovedì 28 marzo 2013

MADOFF: Otto agenzie indagano su JP Morgan


Otto agenzie indagano su JP Morgan per complicità nella truffa Madoff

JP Morgan è al centro di inchieste da parte di almeno otto diverse agenzie federali americane. Lo rivela il New York Times, che solleva il sipario anche su un'indagine finora non emersa pubblicamente: il sospetto che la banca sapesse della truffa di Bernard Madoff ai danni degli investitori ben prima che il caso scoppiasse e non avesse allertato le authority con la dovuta celerità. Altre inchieste riguardano la manipolazione del Libor (l'indice di riferimento dei tassi d'interesse), i controlli sul riciclaggio di denaro e irregolarità nei mutui e nei pignoramenti. Tra gli organismi federali impegnati nell'analizzare le attività di Jp Morgan ci sono la Sec, la Cftc, la Fdic e il Dipartimento della Giustizia, attraverso la procura di Manhattan e l'Fbi.
Il moltiplicarsi delle indagini rappresenta una svolta per l'istituto guidato da Jamie Dimon, in passato considerato tra i più solidi del settore anche al cospetto della crisi del 2008.

Crack bancario, crack sociale: INTERVISTA PROFETICA ?

lunedì 25 marzo 2013

IL DEBITO ETERNO (ITALIANO)

BANCHE: ASSALTO FINALE ALLA CDP


MENTRE I POLITICI SPARANO CAZZATE, ASSALTO FINALE ALLA CDP

La Cassa Depositi e Prestiti, 300 miliardi di euro di denaro pubblico, su cui le Fondazioni bancarie stanno definitivamente imponendo il suo controllo. Prima approfittando della sobria complicità del governo Monti. Adesso sfruttando il caos post-elettorale…. - -

Dagospia

Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"

GIUSEPPE GUZZETTI resizeGIUSEPPE GUZZETTI RESIZE
Il sonno della politica genera mostri. Come la Cassa Depositi e Prestiti, 300 miliardi di euro di denaro pubblico su cui le Fondazioni bancarie stanno definitivamente imponendo il suo controllo. Prima approfittando della sobria complicità del governo Monti. Adesso sfruttando il caos post-elettorale.
Mentre i parlamentari a 5 stelle si apprestano a contare le caramelle di Montecitorio e quelli del Pd sognano governi impossibili, un drappello di sopravvissuti di Prima e Seconda Repubblica acquisisce un potere economico paragonabile all'Iri dei tempi d'oro. L'ultimo colpaccio l'hanno messo a segno l'altro ieri. La Banca d'Italia ha ceduto al Fondo Strategico Italiano, braccio operativo della Cdp, il 4,5 per cento delle Assicurazioni Generali. Così la Cdp si trova a essere il secondo azionista del gigante europeo delle polizze.
chiamparinoCHIAMPARINO
Il leader e profeta di questo contro-potere è Giuseppe Guzzetti, 78 anni: presidente della Regione Lombardia dal 1979 al 1987, poi deputato Dc, è da 16 anni presidente della Fondazione Cariplo, terzo azionista della prima banca italiana, Intesa Sanpaolo. Primo azionista dell'istituto milanese è un'altra fondazione, la Compagnia di San Paolo, alla cui testa è stato sistemato l'ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino.
E chi è il secondo azionista di Intesa? Le Generali di cui sopra. E chi è l'amministratore delegato della Cdp? Giovanni Gorno Tempini, ex manager di Intesa nonché pupillo del presidente della banca Giovanni Bazoli, che sta per farsi rieleggere, nonostante gli 80 anni compiuti, dai suoi fedeli azionisti: Guzzetti, Chiamparino e Generali.
Questi irriducibili stanno arpionando una ricchezza immensa. Il pacchetto delle azioni Generali completa un bouquet di partecipazioni tra le quali spiccano il controllo dell'Eni, di Terna, della Snam, della Sace, della Simest e della Fintecna, che a sua volta possiede la Fincantieri. Le partecipazioni azionarie valgono 30 miliardi, un decimo del patrimonio gestito dalla Cdp. Che infatti è una banca, l'unica in Italia ad andare bene, forse perché finora non è stata gestita dai baroni della Fondazioni, sicuramente perché esercita una sorta di strozzinaggio di Stato.
Giovanni Gorno TempiniGIOVANNI GORNO TEMPINI
Raccoglie il risparmio postale che vale 233 miliardi di euro (un quarto di tutti i depositi bancari) e viene pagato dalla Cassa al tasso del 2,7 per cento al lordo delle tasse e delle spese di Poste Italiane. Cdp impiega quei soldi "a sostegno della crescita del Paese". Per circa 90 miliardi li presta agli enti pubblici, soprattutto i Comuni, per mutui su cui impone tassi attorno al 4,5 per cento. Il resto finisce in titoli e liquidità. Pagando poco i risparmiatori e imponendo interessi esosi ai Comuni la Cassa ha guadagnato l'anno scorso 3,5 miliardi. E tra pochi giorni distribuirà agli azionisti un miliardo di dividendi.
Luigi ZingalesLUIGI ZINGALES
Tutti pensano che la Cdp sia statale, però ha anche azionisti privati: le Fondazioni. Due economisti di scuola bocconiana come Roberto Perotti e Luigi Zingales sostengono che le Fondazioni bancarie, create nel 1990 dall'oggi aspirante presidente della Repubblica Giuliano Amato, sono il frutto di una "perversa genialità: dopo aver sottratto soldi ai cittadini (i legittimi proprietari delle vecchie casse di risparmio pubbliche), ora si presentano come i loro benefattori", vantando le generose "erogazioni" di finanziamenti ai momenti nobili della società civile (cultura, volontariato, assistenza ai più poveri).
In realtà, spiegano i due economisti che da tempo ne propugnano la ri-nazionalizzazione, le Fondazioni si sono impadronite di denaro pubblico ribattezzandolo privato. Il loro istinto è dunque di allungare le mani anche sul denaro della Cdp. Nel 2003 l'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti ebbe l'idea di far diventare "privata" la Cassa, per nasconderci un po' di debito pubblico e non farlo risultare. Aveva bisogno di soci privati e li trovò nelle Fondazioni: acquistarono per un miliardo di euro azioni privilegiate della Cdp, facendo firmare allo Stato l'impegno a garantire un dividendo del 3 per cento più l'inflazione.
Ciò che lo Stato si guarda bene dal promettere ai chi compra i suoi Bot Tremonti lo concesse alle Fondazioni, che in questi dieci anni hanno ripreso in interessi il loro miliardo, alla media del 10 per cento all'anno di rendimento. L'accordo prevedeva però che a un certo punto l'azionista di minoranza convertisse le azioni privilegiate in ordinarie, versando un conguaglio.
Mussari Passera BassaniniMUSSARI PASSERA BASSANINI
Da quando è stata "privatizzata" la Cdp ha triplicato i suoi attivi patrimoniali e quadruplicato il suo patrimonio netto, la redditività, a spese dei risparmiatori, è esplosa. Così la Deloitte, incaricata di periziare il valore attuale della ditta, ha detto che le Fondazioni dovevano versare un conguaglio di 4,5 miliardi per la conversione delle loro azioni. Apriti cielo. Guzzetti, Chiamparino e Bazoli hanno messo il muso.
Subito si è mobilitato per accontentarli il presidente della Cdp, Franco Bassanini, deputato di vari partiti per 27 anni e quando era senatore di Siena lord protettore di Giuseppe Mussari, sposato con il vicepresidente del Senato, Linda Lanzillotta. Con la silenziosa complicità di un altro amico delle Fondazioni, il ministro dell'Economia Vittorio Grilli, Bassanini ha pilotato una soluzione ottima: anziché 4,5 miliardi le Fondazioni ne pagheranno solo uno, in tre comode rate annuali corrispondenti ai dividendi incassati. In più una modifica dello statuto fa sì che ai "soci di minoranza" ora spetti la nomina del presidente della Cdp. Così Bassanini, solo indicato da Guzzetti per il primo mandato, sarà da lui rinnovato in modo diretto all'assemblea del prossimo 17 aprile.
Spetterà al prossimo governo, quando e se ci sarà, dare un parere su questo modo di gestire il denaro pubblico.

Lo Studio Staff - Euro Schiavi

domenica 24 marzo 2013

Un salvataggio bancario che funziona


Un salvataggio bancario che funziona

Joseph Stiglitz



La notizia che la nazionalizzazione delle banche potrebbe essere necessaria anche secondo Alan Greenspan dimostra quanto la situazione sia disperata. Come è evidente da tempo, l'unica soluzione è che il nostro sistema bancario sia rilevato dal governo, forse sulla falsariga di quanto fecero Norvegia e Svezia negli anni '90. Bisogna farlo, e farlo in fretta, prima che altri soldi vadano sprecati in manovre di salvataggio.
Il problema delle banche americane non è solo un problema di liquidità. Anni di comportamenti sconsiderati, tra cui la concessione di crediti inesigibili e l'avere giocato d'azzardo con i derivati, le hanno ridotte in bancarotta. Se il nostro governo rispettasse le regole del gioco - che prevedono tra l'altro la chiusura delle banche il cui capitale è inadeguato - sono molte, se non moltissime, le banche che uscirebbero dal mercato.

Nessuno sa con certezza quanto sia grande il buco; secondo alcune stime la cifra ammonterebbe a duemila o tremila miliardi di dollari o più.

Dunque la domanda è: chi si farà carico della perdite? Wall Street non chiederebbe di meglio che uno stillicidio continuo del denaro dei contribuenti. Ma l'esperienza di altri paesi suggerisce che quando sono i mercati finanziari a comandare, i costi possono essere enormi. Paesi come l'Argentina, il Cile, l'Indonesia, per salvare le proprie banche hanno speso il 40% e oltre del loro prodotto interno lordo.

Il costo per il governo è di particolare importanza, dato l'indebitamento ereditato dall'amministrazione Bush, che ha visto il debito nazionale lievitare da 5.700 miliari di dollari a oltre 10.000 miliardi di dollari.

Se non stiamo attenti, la spesa pubblica per il salvataggio determinerà l'esclusione di altri programmi essenziali del governo, dalla previdenza sociale ai futuri investimenti in campo tecnologico.

C'è un principio fondamentale nell'economia dell'ambiente, detto «l'inquinatore paga»: gli inquinatori devono farsi carico del costo necessario a eliminare l'inquinamento da essi prodotto. Le banche americane hanno inquinato l'economia globale di rifiuti tossici; è una questione di equità ed efficienza che esse vengano costrette, prima o poi, a pagare il prezzo della bonifica. Solo facendo sì che il settore paghi i costi delle sue azioni, recupereremo efficienza.

L'amministrazione Obama ha lanciato una serie di idee, dal comprare i bad assets (detti anche «asset tossici», ndt) e metterli in una bad bank, lasciando che sia il governo a disporne; all'assicurare le banche; all'aiutare gli investitori privati (come gli hedge funds) a comprare i bad assets, presumibilmente prestando denaro agli investitori a condizioni di favore. Causa la mancanza di dettagli, il mercato ha accolto con perplessità l'annuncio dell'amministrazione Obama del suo cosiddetto piano. Il diavolo è nei dettagli, e senza i dettagli non possiamo essere certi di come si presenteranno le cose.

Una delle prime idee lanciate da Paulson era che il governo comprasse i bad assets dalle banche. Naturalmente, Wall Street era entusiasta di questa idea. Chi non vorrebbe scaricare la propria spazzatura sul governo a prezzi gonfiati? Le banche potrebbero liberarsi di alcuni di questi asset «cattivi» anche adesso, ma non al prezzo che vorrebbero.

Poi ci sono altri asset con cui il settore privato non vuole avere niente a che fare. Il 15 settembre il colosso delle assicurazioni Aig ha annunciato che era sotto di 20 miliardi di dollari. Il giorno successivo, le sue perdite erano salite a circa 85 miliardi di dollari. Un po' dopo, quando nessuno ci faceva caso, c'è stata una ulteriore sovvenzione, che ha portato il totale a 150 miliardi di dollari. Poi il 1° marzo il governo ha stanziato per l'Aig altri 30 miliardi di dollari di soldi dei contribuenti: il quarto intervento in meno di sei mesi.

Quasi tutte le varianti della proposta «cash for trash» («soldi in cambio di spazzatura») si basano sull'idea di mettere i bad assets in una bad bank (i fautori del piano preferiscono il termine più gentile «banca aggregatrice»).

Ma le banche, anche se avessero solo gli asset «buoni», probabilmente non disporrebbero di liquidità neanche dopo che i contribuenti avessero strapagato la spazzatura.

Io credo che la bad bank, senza nazionalizzazione, sia una cattiva idea. Dobbiamo respingere qualunque piano di tipo «soldi in cambio di spazzatura». È un altro esempio dell'economia voodooche ha segnato il settore finanziario: il tipo di alchimia che ha consentito alle banche di sminuzzare i mutui subprime, che avevano rating F, trasferendoli in titoli presunti sicuri con rating A.

Ancora peggiori sono le proposte di cercare di spingere il settore privato a comprare la spazzatura. In questo momento i prezzi che esso è disposto a pagare sono così bassi che le banche non sono interessate - la dimensione del buco nei loro bilanci verrebbe allo scoperto. Ma se il governo assicurasse gli investitori del settore privato - e inoltre concedesse prestiti a condizioni favorevoli - il settore privato sarebbe disposto a pagare un prezzo più alto. Con una sufficiente assicurazione e termini per i prestiti favorevoli, oplà! Possiamo rendere le nostre banche solvibili. Questa proposta, come molte altre provenienti dagli ambienti bancari, si basa in parte sulla speranza che, se le banche renderanno le cose sufficientemente complesse e opache, nessuno noterà il regalo al settore bancario finché non sarà troppo tardi.

Le imprese spesso si mettono nei guai - accumulando più debiti di quanti ne possano ripagare. Da sempre c'è un modo di risolvere il problema, chiamato «riorganizzazione finanziaria», o bancarotta.

La bancarotta spaventa molte persone, ma non dovrebbe. Tutto quello che succede è che le pretese finanziarie nei confronti dell'impresa vengono ristrutturate. Quando l'impresa naviga in acque molto brutte, gli azionisti vengono spazzati via, e gli obbligazionisti diventano i nuovi azionisti. Quando la situazione è meno grave, una parte del debito viene convertita in capitale netto. In ogni caso, senza il fardello dei pagamenti mensili del debito, l'impresa può tornare alla redditività.

Le banche differiscono sotto un solo aspetto. Il fallimento di una banca si traduce in un particolare stato di sofferenza per i correntisti e può portare a problemi più ampi sul piano economico.

Ancor peggio, la lunga esperienza ci ha insegnato che quando le banche rischiano di fallire, i loro dirigenti mettono in atto comportamenti che comportano il rischio di far perdere ancora più soldi ai contribuenti.

Ad esempio, possono fare grosse scommesse: se vincono, si tengono il ricavato; se perdono - e allora? tanto sarebbero morti comunque.

Ecco perché abbiamo leggi che dicono che quando il capitale di una banca è poco, questa deve essere chiusa. Non aspettiamo che la cassa sia vuota.

L'amministrazione Obama sembra proporre una via d'uscita da questo pasticcio: vi sottoporremo a uno «stress sotto sforzo». Vediamo come ve la cavate. Se superate il test, vi aiutiamo a uscire dalle vostre difficoltà temporanee. Il ricorso a test sotto sforzo comporta l'utilizzo di modelli matematici per vedere che cosa succede nei diversi scenari. Le banche dovevano sottoporsi esse stesse a questo tipo di test regolarmente. I loro modelli dicevano che tutto andava bene. Sappiamo che quei modelli hanno fallito.

Quello che non sappiamo è se i modelli che userà l'amministrazione saranno migliori. Ci è stato detto che servirà del tempo per fare il test, e mentre aspettiamo, metteremo altri soldi in istituzioni che stanno fallendo, soldi buoni in cambio di cattivi, con un debito nazionale sempre maggiore.

Gradualmente l'America sta capendo che dobbiamo fare qualcosa, adesso.

Abbiamo già una cornice di riferimento per quanto riguarda il modo di trattare con le banche il cui capitale è inadeguato. Dovremmo usarla, e velocemente, forse con alcune modifiche necessarie ad affrontare la natura inusuale dei problemi odierni. Possiamo procedere in molti modi. Una proposta innovativa (varianti della quale sono state lanciate da Willem Buiter alla London School of Economics e da George Soros) prevede la creazione di una good bank (una «banca buona»). Invece di riversare gli asset tossici sul governo, dovremmo estrarre quelli buoni - quelli a cui si può facilmente assegnare un prezzo. Se il valore delle pretese dei correntisti e di altre pretese che riteniamo debbano ricevere tutela è minore del valore degli asset, allora il governo firmerà un assegno alla vecchia banca (la chiameremmo bad bank). Se accade il contrario, allora il governo potrebbe vantare una pretesa prioritaria nei confronti della vecchia banca. In tempi normali, sarebbe facile ricapitalizzare la banca «buona» privatamente. Ma questi non sono tempi normali, perciò il governo potrebbe dover gestire la banca per un po' di tempo.

Di questi tempi, non suonano convincenti coloro che dicono che non si può confidare nel fatto che il governo allochi il capitale in modo efficiente. Dopo tutto, il settore privato non si è comportato molto bene. Nessun governo in tempo di pace ha sprecato tante risorse quante ne ha sprecate il sistema finanziario privato americano. Gli incentivi di Wall Street erano studiati per incoraggiare un comportamento miope ed eccessivamente rischioso.

C'è ogni motivo per credere che una banca temporaneamente nazionalizzata si comporterà molto meglio - anche se la maggior parte dei dipendenti saranno comunque gli stessi - semplicemente perché avremo cambiato gli incentivi perversi.

L'esperienza maturata in altri paesi, compresi quelli scandinavi, dimostra che l'intera operazione può essere condotta bene - e quando alla fine l'economia torna alla prosperità, le banche in grado di fornire un utile possono essere restituite al settore privato.

Non servono soluzioni mirabolanti. Le banche, semplicemente, devono tornare a ciò a cui servono: prestare soldi, con prudenza, alle imprese e alle famiglie, sulla base di una valutazione buona - e non marginale - dell'utilizzo cui è destinato il prestito e della possibilità per chi lo ha ricevuto di restituirlo.

Ogni fase di flessione prima o poi termina. Alla fine potremo vendere le banche ristrutturate a un buon prezzo - anche se, è sperabile, non a un prezzo basato sull'aspettativa esuberante e irrazionale di un'altra bolla finanziaria. L'idea che trarremo profitto dalle manovre di salvataggio - il settore finanziario ha cercato di spacciarcele per «investimenti» - sembra essere caduta dal discorso pubblico. Ma almeno possiamo usare i proventi della vendita finale delle banche ristrutturare per ripagare l'enorme deficit che questa debacle finanziaria avrà causato al nostro paese.

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Fonte: http://www.thenation.com/doc/20090323/stiglitz?rel=hp_currently

Versione italiana abbreviata: il manifesto, 8 marzo 2013. Traduzione a cura di Marina Impallomeni.



DEMOCRAZISMO: C'É VITA DOPO ?

OLIGARCHI: SUICIDATO BEREZOVSKY

Addio a Boris Berezovsky, 
Boris Berezovsky (Reuters)
Boris Berezovsky (Reuters)Boris Berezovsky è stato trovato morto nel bagno della sua residenza vicino ad Ascot, nel Surrey (Regno Unito). Secondo il suo avvocato Alexander Dobrovinsky, l'oligarca russo si sarebbe suicidato. «Ho ricevuto una telefonata da Londra un'ora e mezza fa», ha dichiarato il legale all'emittente televisiva Russia 24, «e mi è stato comunicato che Berezovsky si era suicidato». Il suo corpo esanime è stato ritrovato in casa verso le 11 del mattino ora locale, le 13 in Italia, ma non si sa da chi né esattamente dove. L'annuncio della morte è stato diffuso su Facebook dal genero, Egor Schuppe, senza chiarirne le cause. Secondo Schuppe, il suocero appariva depresso, non si manteneva più in contatto con amici e conoscenti e spesso sceglieva di rimanere in casa.
Berezovsky aveva 67 anni e aveva lasciato il suo Paese dopo essere entrato in rotta di collisione con il presidente Vladimir Putin. La notizia del decesso è stata diffusa dal genero con un post su Facebook. I dettagli sulla sua morte non sono ancora noti ma non si esclude il suicidio. Già in passato avrebbe subito un paio di tentativi di assassinio: uno di questi era stato rivelato dall'ex spia del Kgb Livtinenko poi avvelenato con il polonio.
Oligarca dell'era Eltsin, nell'ultimo periodo Berezovsky si era trovato ad affrontare diverse traversie finanziarie. Motivo per cui era stato costretto a vendere il «Lenin Rosso» di Andy Warhol. A fine gennaio, la Corte suprema di Londra aveva congelato i suoi beni per 200 milioni di sterline, su richiesta della ex convivente Elena Gorbunova, che chiedeva 5 milioni di sterline.
Inoltre Berezovsky era appena uscito sconfitto dalla battaglia legale con il patron del Chelsea, Roman Abramovich, sulla cessione di pacchetti azionari di grosse compagnie russe. Le difficoltà economiche lo avevano portato anche a tagliare personale e uffici.
Una storia controversa
Nato a Mosca nel 1946, laureato in matematica, Boris Abramovic Berezovsky emerse come uno dei primi oligarchi del neocapitalismo post-sovietico fin dall'inizio degli anni Novanta, dopo una controversa quanto repentina ascesa economica. Entrato rapidamente nell'agone politico, fu tra i protagonisti della rielezione di Boris Eltsin alla presidenza nel 1996, guadagnandosi poi la nomea di eminenza grigia del Cremlino.
Divenuto deputato e vice-consigliere per la sicurezza nazionale (nella cui veste fu protagonista di negoziati con i ribelli islamici in Cecenia), fu indicato anche tra i grandi sponsor della transizione fra Ieltsin e l'ex capo dei servizi segreti Vladimir Putin nel 2000, salvo poi entrare quasi subito in conflitto con il nuovo presidente. Trasformatosi in oppositore del Cremlino, e in voce di denuncia del "neo-autoritarismo putiniano", si autoesiliò a Londra da dove cominciò a finanziare l'opposizione. Noti in particolare i suoi legami all'interno del fronte anti-Putin con Aleksandr Litvinenko, ex ufficiale del Kgb pure esule in Gran Bretagna, ucciso nel 2006 da un presunto avvelenamento col polonio. 
Berezovski è stato accusato negli ultimi anni in Russia in numerosi casi giudiziari, sia per reati economici,sia per presunte cospirazioni. Accuse da lui sempre respinte come persecuzioni a sfondo politico. La magistratura russa lo ha coinvolto - contumace - pure nelle indagini sull'uccisione della giornalista d'opposizione Anna Politkovskaia, la cui testata l'oligarca sosteneva viceversa di aver sostenuto.
Il Cremlino: aveva chiesto scusa a Putin
Secondo il Cremlino, poco tempo fa Berezovsky aveva inviato una lettera al suo acerrimo nemico Vladimir Putin, «riconoscendo di aver commerro numerosi errori» e di fatto chiedendogli perdono. Lo ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov in collegamento telefonico con il canale Russia 24.
L'ambasciata a Londra chiede in formazioni
L'ambasciata russa nel Regno Unito ha chiesto a Londra informazioni sulla morte di uomo d'affari Boris Berezovsky. «Per ora risposta non abbiamo risposta» ha detto l'addetto stampa della missione diplomatica russa. Berezovsky, trovato morto nel bagno di casa a Londra quest'oggi, era uno degli uomini chiave in tante questioni che dividono tutt'oggi Mosca e la Gran Bretagna e che hanno significativamente i rapporti. Dalla morte proprio di Litvinenko a Londra alla diaspora miliardaria di ricchi russi, entrati in rotta di collisione con Putin (Berezovsky compreso).

Cipro: vescovo benedice uscita da euro


Cipro: vescovo benedice uscita da euro

'Anatema' su ex governanti comunisti, ''meritano la galera''

23 marzo, 18:02
Cipro: vescovo benedice uscita da euro(ANSA) - NICOSIA, 23 MAR - L'arcivescovo Chrysostomos II, capo della potente Chiesa greco-ortodossa cipriota, si e' detto favorevole a un'uscita regolata di Cipro dall'euro. L'alto prelato - che ha messo a disposizione dello Stato gli ingenti beni della Chiesa per un fondo di solidarietà nazionale - ha poi denunciato le responsabilità dell'presidente comunista Dimitris Christofias e della sua amministrazione: ''I governanti comunisti ci hanno portato alla catastrofe e alcuni di loro dovrebbero andare in galera''.