martedì 11 giugno 2013

La mafia delle aste giudiziarie


La mafia delle aste

LE VENDITE GIUDIZIARIE NELLE MANI DI COMITATI D’AFFARI, PARTITI E LOGGE OCCULTE CHE CONTROLLANO DA NORD A SUD IL RACKET DEI FALLIMENTI E DELLE ASTE, IVI COMPRESA UN’ALTA PERCENTUALE DELLA MAGISTRATURA DI REGIME. 
Un’associazione a delinquere di stampo massomafioso, finalizzata a sovvertire l’Ordinamento democratico e la legalità, è in grado di condizionare l’attività giudiziaria da nord a sud del Paese, attraverso la collusione di intranei ai centri di comando delle istituzioni, sino alla Corte di Cassazione, al C.S.M. e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo che, ignorando svariate migliaia di denunce inviate ogni anno da cittadini e imprenditori italiani, garantiscono l’impunità di magistrati corrotti, collusi con banche, finanziarie, usurai, speculatori, partiti, logge massoniche e criminalità organizzata.
Dopo oltre 25 anni di attività abbiamo compreso che il sistema delle aste è strutturalmente marcio e privo di dialettica interna e controlli esterni: solo una rivoluzione civile dal basso potrà cambiarlo, trattandosi di un sistema autoreferenziale, dove ogni rimedio giurisdizionale interno è vanificato, a causa dell’assoluta discrezionalità nell’interpretazione ed applicazione delle leggi.
LA SCOMMESSA PERDUTA DELLA GIUSTIZIA ITALIANA.
A partire dal caso eclatante del Tribunale di Milano, i media già 10 anni fa diedero grande risalto alla dilagante corruzione giudiziaria legata alle vendite giudiziarie e ai fallimenti. Lo stesso Tribunale di Milano fece pubblicare varie pagine a pagamento sui maggiori quotidiani nazionali, facendoci credere che con gli arresti di alcuni avvocati e pubblici funzionari di quella che fu definita la “compagnia della morte“, si sarebbe posto fine al cartello di speculatori, in grado di condizionare le gare d’asta per l’acquisto degli immobili pignorati e svenduti a valori vili “agli amici degli amici”.
Istituzioni e media di regime si affannarono a spiegare ai cittadini che per svariati anni una banda di “professionisti” aveva potuto agire impunemente, scoraggiando la partecipazione alle aste del pubblico, che veniva intimidito e minacciato, imponendo il pagamento di una tangente (o “pizzo”) pari al 10-15% del valore dell’immobile pignorato, ovvero pilotando l’assegnazione su prestanomi, professionisti e società, i cui interessi, ci veniva però sottaciuto, risultatavano spesso riferibili agli stessi magistrati o loro parenti, come nei casi da noi vanamente denunciati, tra quello dell’allora Presidente della Sezione Esecuzioni immobiliari, dr.ssa Gabriella D’Orsi, tuttora applicata presso altra sezione del Tribunale di Milano, senza che il CSM e la Procura di Brescia abbiano adottato alcun provvedimento a quanto risulta neanche di carattere disciplinare.
Ma ora (sic!) – ci veniva fatto credere già ben 10 anni orsono – le cose sarebbero “cambiate” …
(Vedasi La Repubblica 11/11/03).
LA NOSTRA ESPERIENZA CI PORTA A RITENERE IL CONTRARIO.
Si trattò infatti solo di un’operazione di maquilllage per cercare di ridare credibilità al volto corrotto della giustizia italiana e del sistema delle aste, solo a fini di marketing. Lo dimostrano l’alto numero di denunce che interessano pressoché tutti i tribunali italiani, senza trovare risposta e soluzione da parte degli organi giurisdizionali interni e sovranazionali.
Gli immobili per lo più pignorati dalle banche continuano a venire svenduti a valori infimi a società vicine o soggetti privati legati a doppio filo agli interessi degli stessi istituti di credito e alle loro clientele politico-affaristiche dedite alla speculazione e allo strozzinaggio, come insegna il caso eclatante dell’associziazione a delinquere denominata Monte dei Paschi di Siena, anello di congiunzione tra il malaffare berlusconiano e quello delle cooperative rosse, su cui si arenò anche “mani pulite”.
Attraverso gli sportelli MPS, come di altri Istituti bancari accreditati ad aprire agenzie all’interno dei tribunali italiani, passano, tra l’altro, senza alcun controllo, il riclicaggio e l’autoriciclaggio di ingenti capitali di illecita provenienza, con il beneplacito degli stessi magistrati che dispongono la vendita e l’assegnazione degli immobili pignorati, grazie a una legislazione costruita ad hoc che, dopo le recenti riforme, nonostante la crisi economica, ha ristretto sempre più le possibilità e gli strumenti di difesa dei cittadini esecutati, lasciati in balia delle mafie locali che controllano i tribunali, seppure spesso risultino oberati da pretese illegittime e tassi usurari.
I casi da noi raccolti e in parte pubblicati nella mappa della malagiustizia vedono tra i tribunali più corrotti Milano, Treviso, Alessandria, Brescia, Firenze, Lucca, Roma, Perugia, Napoli, Palermo, etc.
Lo stesso dicasi per quanto attiene l’ambito delle procedure fallimentari controllate da un vero e proprio racket di professionisti delle estorsioni, che con il caso del maxi-ammanco negli uffici giudiziari del Tribunale di Milano (Radio 101), da cui furono sottratti in 10 anni da una cinquantina di fallimenti, circa 35 milioni di euro, mietendo oltre 7000 vittime, misero a nudo una ultradecennale capacità di delinquere interna agli uffici istituzionali, in grado di resistere ad ogni denuncia-querela, forma di controllo ed ispezione ministeriale.
Fatti per i quali si è cercato, anche in questo caso, di farci credere che tutto sarebbe avvenuto all’insaputa dei magistrati, dei vertici del Tribunale di Milano e degli organismi di controllo preposti (CSM, Ministero di Giustizia, Procura di Brescia, Procura Nazionale Antimafia), i quali, invero, seppure edotti di tutto, dagli anni ’80, hanno sistematicamente insabbiato anche le stesse segnalazioni di magistrati onesti, come la dr.ssa Gandolfi, occultando svariate decine di migliaia di esposti a carico di avvocati, magistrati e curatori fallimentari, nei cui confronti sono rimasti del tutto inerti, giungendo, persino, a tollerare la dolosa elusione dell tassativo obbligo di registrazione delle denunce nel Registro delle notizie di reato (Art. 335 c. 1° c.p.p.).
A riguardo, basti ricordare i ben 26.000 procedimenti mai registrati e occultati in soffitta, sotto la reggenza dell’ex Procuratore di Brescia, Francesco Lisciotto, che anche dopo il ritrovamento, dietro nostra denuncia, sono rimasti inesaminati, portando al mero trasferimento-promozione del magistrato con tessera P2, salito per dirla come Monti alla Corte di Cassazione.
Analoghi insabbiamenti sono toccati alle denunce di onesti magistrati fallimentari romani, come nel caso del Dott. Paolo Adinolfi, il quale è stato addirittura fatto sparire fisicamente.
Un caso di lupara bianca insabbiato dalla Procura di Perugia ad alta densità massonica, trattato anche dalla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto”.
Secondo quanto riferito dal magistrato Giacomo De Tommaso, Adinolfi gli confidò il timore di essere seguito e spiato. La moglie di Adinolfi, Nicoletta Grimaldi, rivelò che il marito aveva acquisito prove e documenti che avrebbero potuto far affondare l’intero Tribunale di Roma. Inoltre Adinolfi pochi giorni prima della sua scomparsa aveva chiesto ed ottenuto un appuntamento con il P.M. di Milano Carlo Nocerino, davanti al quale avrebbe voluto testimoniare come persona informata sui fatti.
Le uniche indagini possibili in questo Paese sono solo quelle rivolte nei confronti di coloro che denunciano con prove alla mano i misfatti del potere, accusandoli a scopo eminentemente persuasivo e dissuasivo, come ai tempi del fascismo, di reati ideologici, quali “diffamazione, calunnia, oltraggio a magistrato in udienza, resistenza a pubblico ufficiale…”, molto spesso in relazione agli stessi scritti difensivi e alle denunce mai esaminate delle incolpevoli vittime delle mafie.
La vastità e gravità del fenomeno che non riguarda le sole zone del sud a forte concentrazione criminale ci ha portati a coniare la definizione di “mafia giudiziaria”, in quanto abbiamo rilevato trattarsi di una condizione connaturata all’esercizio stesso della giurisdizione e alle modalità di gestire le funzioni giurisdizionali, a tutela di interessi particolaristici, corporativi e lobbistici, ovvero al modo di intendere le stesse finalità del diritto, secondo una visione deviata rispetto ai principi dello stato di diritto, ad esclusivo appannaggio di partiti e gruppi affaristici trasversali, corporazioni, logge massoniche, che della giustizia e del suo capillare controllo hanno fatto strumento di indebito arricchimento e fonte di finanziamento illecito, in base ad un “codice non scritto“, secondo cui vince chi ha le giuste aderenze e si sottomette alle logiche dominante, che hanno messo in ginocchio l’intera nazione, entrando a fare parte del “giro” dei vari comitati d’affari.
Un codice criminale e preverso imposto dalla politica e dalla cultura del potere che lega larghi settori della magistratura di regime alla criminalità organizzata, dando luogo ad un fenomeno di elevatissima pericolosità e allarme sociale, che possiamo definire come “mafia giudiziaria”, il cui fine è quello di arricchirsi indebitamente, fare carriera negli apparati della burocrazia statale e attingere, consenso, protezione, scambio di favori e illeciti vantaggi, grazie ai legami con la massoneria e la criminalità organizzata.
Non crediate, dunque, di essere gli unici ad avere subito un’ingiustizia dallo svolgimento delle aste giudiziarie o da anomale procedure fallimentari. Si tratta di un sistema criminale istituzionalizzato, da nord a sud del Paese, voluto ed alimentato da banche, partiti, colletti bianchi e mafie locali che controllano il territorio.
Un malaffare legalizzato e tollerato dallo Stato-mafia, che pur cercando di mostrare il volto legale dei propri tribunali, non riesce a celare, alla prova dei fatti, il largo coinvolgimento nel racket delle aste e dei fallimenti da parte di magistrati ed infedeli funzionari.
A riguardo, basti dire che l’ex Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Milano, dr.ssa Gabriella D’Orsi, indicata nel succitato articolo del quotidiano “La Repubblica”, come una sorta di eroina, che avrebbe denunciato il controllo delle aste giudiziarie da parte della “compagnia della morte”, risultava essa stessa indagata dalla Procura di Brescia per avere favorito la vendita di un appartamento, a prezzo irrisorio, in favore della figlia, quando è notoriamente vietato dall’Ordinamento Giudiziario a magistrati e pubblici funzionari di partecipare, anche tramite terzi, alle aste giudiziarie… (ma questa è un’altra storia che potrete conoscere nelle pagine web della Mappa della malagiustizia in Italia).
Segnalateci gli abusi subiti da banche, società immobiliari, avvocati, giudici, curatori, notai delegati, cancellieri, pubblici ministeri, od anche, i casi di cui siete a conoscenza, gli daremo voce, pubblicandoli in tempo reale nella mappa della malagiustizia in Italia.
E’ l’unico modo per spezzare il silenzio e impedire ai poteri forti di nascondere la verità.
Hanno venduto la Vostra casa ad un prezzo irrisorio?
Hanno venduto all’asta il Vostro immobile senza avvertirvi?
Vi hanno fatto fallire ingiustamente?
I Vostri ricorsi non sono serviti a nulla o il Vostro difensore vi ha abbandonato e nessuno vuole più prendere la Vostra difesa?
Vi hanno impedito di esaminare il fascicolo o sono spariti gli atti? Hanno archiviato senza indagini e senza farvi sapere nulla?
Se volete avere assistenza prima di tutto associatevi e scrivete ad Avvocati Senza Frontiere, cercheremo di aiutarvi nei limiti delle possibilità. A causa dell’elevato numero di richieste non siamo in grado di dare informazioni telefoniche e per regolamento possiamo rispondere solo agli utenti registrati e in regola con i versamenti delle quote che ci hanno inviato la necessaria documentazione di supporto.

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