martedì 7 maggio 2013

Il fondatore tedesco dell’Euro: “Basta con la moneta unica"

Il fondatore tedesco dell’Euro: “Basta con la moneta unica, sta portando al disastro”

Oskar Lafontaine, tra i padri fondatori dell'euro, cambia radicalmente la sua posizione e ne chiede la dissoluzione per evitare un disastro economico e sociale.


L'ex ministro delle finanze tedesco Oskar Lafontaine chiede la fine dell'Euro per evitare un ”disastro” economico e sociale a livello europeo. Lafontaine è solo l'ultimo in ordine di tempo che si unisce al sempre più folto gruppo di euroscettici che si oppongono al progetto dell'Europa unita. Le sue dichiarazioni fanno notizia, dal momento che l'esponente del “die Linke” è stato uno padri della moneta unica. Ora, però, direttamente dal sito del suo partito esprime tutte le sue perplessità nei confronti di quella che definisce “catastrofica moneta”. Lafontaine ammonisce che “la situazione economica sta peggiorando di mese in mese, la disoccupazione [in Europa, ndr] ha raggiunto un livello che mette in discussione sempre più le strutture democratiche”. Le cose sono davvero cambiate da quel lontano 2002, anno in cui monete e banconote uniche iniziarono a circolare in Europa al posto di quelle nazionali. “I tedeschi ancora non hanno realizzo che i paesi dell’Europa meridionale, compresa la Francia, prima o poi saranno costretti dalla miseria a combattere contro l’egemonia tedesca” ha detto, attribuendo gran parte delle responsabilità della crisi alla compressione salariale della Germania, attuata per ottenere quote di esportazione, che condurrà però, a suo dire, alla ribellione contro Berlino dei paesi in difficoltà.
Le posizioni di Lafontaine sembrano aver trovato una prima conferma nel Ministro delle finanze francese,Pierre Moscovici, secondo cui “è giunta la fine del dogma of austerity”, che sta rendendo sempre più freddi i rapporti tra Germania e Francia. “Abbiamo perorato la causa della crescita per un anno. L'austerità da sola impedisce la crescita” dice Moscovici, sottolineando come la mossa porterà ad una maggiore flessibilità di bilancio, che consentirà a Parigi di avere due anni più, fino al 2015, per riportare il rapporto deficit/pil al 3%. Moscovici ha sottolineato che Parigi intende vendere parte delle azioni detenute in società statali per finanziare gli investimenti necessari a stimolare la crescita del Paese. Il ministro ha quindi precisato che l'esecutivo non ha intenzione di privatizzare le società in cui lo Stato ha una quota di maggioranza.

Banchieri pagliacci distrutti dalla coca


La cocaina dilaga tra banchieri e manager
In Svizzera è emergenza da "dipendenza"

Oltre la metà dei pazienti dell'ospedale che a Ginevra si occupa di tossicodipendenza ricopre incarichi di responsabilità in banche, società finanziarie e gruppi assicurativi. Le città elvetiche sono le capitali europee del consumo della polvere bianca

di FRANCO ZANTONELLI
LUGANO - Avvolti in una nuvola di polvere bianca. Succede, in Svizzera, agli alti quadri delle banche e delle compagnie di assicurazione. Lo rivela uno studio dell'università di Ginevra, lanciando un vero e proprio grido d'allarme sulla dipendenza da cocaina di molti manager della piazza finanziaria elvetica. Lo rivela il dottor Daniele Zullino, responsabile del centro che si occupa delle dipendenze all'Hug, l'Ospedale universitario ginevrino. 

"I nostri pazienti - spiega l'esperto, in durante un'intervista al quotidiano 20Minuten - hanno tra i 25 ed i 45 anni e, per oltre la metà, ricoprono posti di responsabilità in banche, società finanziarie e gruppi assicurativi". Un universo di gente apparentemente normale che, tuttavia, ad un certo punto, è costretta a chiedere aiuto. "Hanno una rete sociale di amici, un partner o una famiglia, spesso sembrano persone in forma", dice Zullino. In realtà, spesso, sono dei disperati costretti a tirare avanti a suon di sniffate. "Molti di loro iniziano, con la prima striscia, la mattina presto, poi vanno avanti, così, per tutta la giornata, come degli atleti prigionieri del doping", continua il medico dell'Ospedale universitario di Ginevra. 

Quando la coca presenta il suo conto questo si manifesta con "l'insonnia, gli stati depressivi e gli attacchi di panico. Quando vengono da noi magari hanno già perso il posto di lavoro, perché sorpresi a consumare droga in ufficio e, spesso, sono spinti a intraprendere una terapia da qualche famigliare, il più delle volte dalla moglie", afferma Zullino. La terapia contro la dipendenza il più delle volte parrebbe funzionare, quantomeno il soggetto vittima della droga riesce a non esserne più schiavo. Anche perché, come è trapelato di recente, con riferimento ad un uomo politico rovinatosi con la cocaina, questa era finita per costargli 8mila franchi al mese (6.500 euro), un salasso che anche i manager ben pagati fanno fatica a sopportare. Il che non impedisce a città come Zurigo e Ginevra di detenere, con Amsterdam, il ruolo di capitali europee del consumo di cocaina, con una cifra d'affari, annua, di circa mezzo miliardo di franchi, circa 400 milioni di euro. E parecchi consumatori, come ha rivelato il dottor Zullino, appartengono al mondo degli affari. 

Non è forse un caso che i pusher a Losanna si ritrovino davanti alla sede della Banca Cantonale. Fatto sta che, per molti analisti, il problema evidenziato dallo studio di  Ginevra non sarebbe estraneo alla crisi finanziaria, esplosa nel 2008. Che l'ex-presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan, attribuì a "un'esuberanza irrazionale". "Molti politici e finanzieri in vista hanno preso decisioni irrazionali perché in preda a una megalomania indotta dalla cocaina", rileva, dal canto suo, il dottor Chris Luke, dell'ospedale universitario di Cork, in Irlanda. Più esplicito l'editorialista del quotidiano britannico Guardian, Geraint Anderson, secondo cui "solo dei pagliacci distrutti dalla cocaina potevano investire miliardi di dollari in crediti ipotecari privi di copertura".