sabato 29 giugno 2013

Conti correnti, allarme prelievo forzoso


Conti correnti, allarme prelievo forzoso. Libero: “Il governo ci pensa”

Pubblicato il 29 giugno 2013 10.12 | Ultimo aggiornamento: 29 giugno 2013 
di Redazione Blitz

ROMA – Allarme conti correnti, in arrivo ci potrebbe essere un prelievo forzoso. Lo scrive Maurizio Belpietro nel suo editoriale di sabato sul quotidiano Libero. Il governo Letta, avverte Belpietro, non ha annullato le tasse, le ha solo rinviate: ciò vorrebbe dire che quando il salasso non sarà più rinviabile, il premier e la sua squadra di governo potrebbero optare per una soluzione come quella adottata da Giuliano Amato nel 1992: ovvero rastrellare risorse attraverso un prelievo forzoso sui conti correnti. Un po’ come quello che è successo a Cipro la scorsa primavera.
Di gossip ministeriale si tratta, ma non è fuori luogo domandarsi, che cosa accadrà in autunno quando i contribuenti si troveranno dinanzi allo scoglio delle imposte sin qui rinviate: l’Imu sulla prima casa e il rincaro dell’Iva al 22%, senza tralasciare la Tares. Secondo i conti fatti da Franco Bechis, sullo stesso quotidiano nei giorni scorsi, se i tempi migliori in attesa dei quali il governo vara i suoi decreti a colpi di rinvii non dovessero arrivare, la voragine nelle casse dello Stato sprofonderebbe fino a 10 miliardi di euro.
La soluzione sarebbe quella di dare un taglio deciso alla spesa pubblica ma, osserva Belpietro, “ridurre la spesa comporta una fatica bestiale, bisogna scontentare qualcuno e sopportarne le proteste, che di solito sono chiassose. Insomma, roba da nervi saldi e non da persone che si impressionano subito e al primo strillo fanno retromarcia”.
Lo scenario prospettato da Belpietro è alquanto pessimista:
“Per quanto ci si provi, né sul fronte delle spese pazze né su quello degli immobili lasciati andare in rovina c’è verso di trovare un euro. Ci ha provato Tommaso PadoaSchioppa quando faceva il ministro dell’Economia di Prodi, hanno ritentato Tremonti e anche il Monti senza tre (quello che si sente tanto apprezzato all’estero e sottovalutato in patria), ora ci si sta scornando Saccomanni, ciò nonostante il risultato non cambia”.
E dunque si torna alla domanda di partenza: cosa accadrà dopo la pausa estiva quando il nodo balzelli verrà al pettine? Belpietro riferisce di drammatici rumors che circolano in ambienti ministeriali:
Il passaparola riferisce infatti che al momento giusto, quando la situazione si sarà ingarbugliata per bene e bisognerà porvi rimedio in tempi brevi; quando il Cavaliere grazie ai processi sarà alle corde e ridotto al silenzio dagli arresti domiciliari; cioè quando il Paese sarà cotto al puntino da essere servito in tavola, ecco arrivare la madre di tutte le soluzioni, ovvero l’arma letale per il ceto medio, vale a dire il prelievo forzoso sui conti correnti.
Belpietro rievoca scenari apocalittici del governo Amato:

La misura non è una novità per gli italiani, perché in passato fu usata da Giuliano Amato per far quadrare i conti. Senza dir niente a nessuno e profittando delle tenebre, l’allora presidente del Consiglio non guardando in faccia a nessuno scippò il sei per mille. Gente che doveva l’indomani pagare il mutuo, altri che si apprestavano a un acquisto e per questo avevano accumulato qualche risparmio depositandolo in banca, poveri pensionati che avevano incassato la liquidazione dopo una vita di lavoro, tutti si ritrovarono dalla sera alla mattina un po’ più poveri. La storia si ripete? Può darsi, almeno a sentire gli spifferi che girano in certi palazzi romani.
E mette in guardia da eventuali smentite da parte del governo,
Certo, conferme non se ne trovano e c’è da giurare che oggi, dopo la nostra anticipazione, fonti governative si incaricheranno di smentire l’ipotesi, giurando e spergiurando che nulla di tutto ciò è allo studio. Sarà. Ma per parte nostra, avessimo due euro, staremmo in campana. Risparmiatore avvisato, mezzo salvato.

I Comuni gestiscano l’emergenza: emettano moneta


I Comuni gestiscano l’emergenza: emettano moneta

Avrete presente la peggior cinematografia “catastrofista” d’oltreoceano. Quella con alluvioni, terremoti, asteroidi, disastri nucleari. In ognuna di quelle pellicole i registi hanno voluto deliziarci con una scena onnipresente: il plotone d’esecuzione che passa per le armi gli sciacalli che, approfittando dell’anarchia sociale, saccheggiano case e negozi. Bene, per una volta non è fantascienza: i provvedimenti d’emergenza, le legislazioni d’emergenza esistono davvero.
La legge sull’ordinamento penitenziario n. 354 del 1975, all’articolo 41-bis applicato nel 1986 dalla cosiddetta “legge Gozzini”, gestiva una situazione d’emergenza: al fine di evitare i contatti – dentro e fuori dal carcere – con altri detenuti appartenenti alla medesima rete criminale, ai reclusi condannati per reati di mafia, terrorismo e altri reati estremamente gravi venivano in via eccezionale interdetti i colloqui, la permanenza all’aria aperta, la corrispondenza. Il regime carcerario era per costoro talmente severo al punto di spingere le istituzioni europee a contestare alle autorità italiane il ricorso alla tortura e a trattamenti inumani e degradanti.
La “legge Reale” (n. 152/1975) introduceva invece disposizioni speciali a tutela dell’ordine pubblico prevedendo la possibilità di custodia preventiva anche in assenza di flagranza di reato e permettendo da parte della forza pubblica l’utilizzo delle armi non solo in caso di resistenza ma anche al fine di prevenire determinati reati quali ad esempio quelli di terrorismo.
L’articolo 32 della Carta costituzionale sancisce il sacrosanto principio secondo cui nessuno possa essere obbligato a un determinato trattamento sanitario. Prevede però che a questa regola si possa per legge derogare. Anche qui si tratta di casi di emergenza: epidemie o casi di patologie mentali che possono mettere a repentaglio  la salute pubblica.
La stessa Organizzazione delle Nazioni Unite, che nel 1966 volle regolamentare attraverso una Convenzione i diritti civili e politici, stabilì che ai principi contenuti in quel solenne Atto si potesse derogare in virtù di uno “stato di emergenza”.
Gli esempi riportati dimostrano quindi quanto non solo sia possibile derogare dalla legislazione ordinaria in caso di necessità cogente, ma anche che tale deroga possa addirittura andare a operare nei settori più delicati e comunemente “intangibili” dell’organizzazione della vita civile: la privazione della libertà personale, la violenza legittima, il diritto alla salute, i diritti politici.
Ora il busillis sta tutto nell’individuare in quali casi si possa parlare di situazione d’emergenza. La attuale degenerazione sociale causata da quella che viene eufemisticamente definita “crisi” economica può essere considerata in tale fattispecie? Ragioniamo in prima istanza in termini di pubblica sicurezza: i reati violenti di natura patrimoniale, indotti dalla spasmodica ricerca di denaro di sempre più larghe fasce di popolazione che ne sono state private, stanno subendo un incremento esponenziale. Senza volerci addentrare in dati statistici, l’allarme è tangibile per chiunque viva in una qualunque città italiana; la stampa riporta tali eventi a tamburo battente, il senso di insicurezza sul territorio è sempre più tangibile. Tale situazione inoltre, in determinate zone del Paese, porta fiumi d’acqua al mulino delle organizzazioni criminali che spesso vengono definite il pericolo numero uno per le istituzioni e per la convivenza sociale.
Parliamo poi della questione dei suicidi. La morte auto-inflitta non è comunemente considerata (per via di una certa censura e per una diffusa ignoranza in materia) un fenomeno emergenziale. Nulla di più sbagliato. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2000 ha diffuso dei dati che parlano di una morte per suicidio ogni 40 secondi e di un tentativo di suicidio ogni 3 secondi; per rendere l’idea, ciò significa che muoiono suicidi più uomini di quelli che perdono la vita in tutti i conflitti armati della Terra e in tutti gli incidenti stradali. E si badi: sono dati del 2000, di molto precedenti all’attuale esasperazione della crisi economica che è stata tristemente caratterizzata da un incremento esponenziale del fenomeno. La stessa OMS ha ravvisato nel suicidio un’incidenza sociale tale da istituire un apposito Istituto di prevenzione, il Supre.
I suicidi e i reati violenti di natura patrimoniale debbono quindi essere iscritti, in virtù di incontrastabili dati statistici e di affermati studi sociali, nella categoria delle situazioni di emergenza.
Quale conseguenza deve derivare, in contesto istituzionale, da questa affermazione? Semplice: che in ragione della situazione emergenziale si possa e si debba derogare alla legge ordinaria e ai trattati al fine di porne rimedio, o comunque di arginarla. Un valido strumento d’azione potrebbe essere ad esempio quello dell’emissione, da parte dei Comuni, di uno strumento monetario alternativo e complementare all’Euro, per venire incontro alle esigenze vitali di sopravvivenza economica della popolazione. A questa ipotesi viene comunemente contrapposta la norma enunciata dal Trattato sull’Unione Europea per cui solo alla BCE è consentita l’emissione monetaria. Ma è proprio quanto inizialmente esposto che dovrebbe indurre la autorità a ritenere di dover derogare da questa disposizione internazionale in virtù di una situazione di necessità ed estrema urgenza, una situazione di emergenza sociale.
I Comuni hanno teoricamente il potere di imporre questa linea? Guardiamo nel dettaglio. “Al Comune spettano tutte le funzioni che riguardano la popolazione ed il territorio, in particolare è il Comune stesso che deve farsi carico delle esigenze nascenti in determinati settori specificamente delineati dal dettato normativo”.  A conferma di quanto sopra infatti, l’articolo 112 del TUEL enuncia che: “Gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”. Queste ampie funzioni che come abbiamo visto vengono in diversi modi attribuite all’ente comunale, comportano uno serie di problematiche: a) in primo luogo sono frequenti le controversie circa la definizione dei confini dei ruoli tra i livelli di governo in alcuni settori chiave quali, ad esempio, quello della tutela della salute, governo del territorio e dell’ambiente nonché in tema di servizi sociali. b) In secondo luogo risulta problematico delineare il rapporto tra le nuove competenze attribuite al Comune e le effettive risorse che al Comune stesso vengono messe a disposizione. Tutto questo in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione il quale prevede per i Comuni (e Province, Città Metropolitane e Regioni) autonomia finanziaria di entrata e di spesa, tributi ed entrate propri, compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio nonché un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Prevede altresì il medesimo articolo che le risorse di cui sopra consentono al Comune di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Inoltre l’articolo 7 del Decreto Legislativo 112/1998 prevede la “devoluzione alle regioni e agli enti locali di una quota delle risorse erariali tale da garantire la congrua copertura (…) degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti nel rispetto dell’autonomia politica e di programmazione degli enti; in caso di delega regionale agli enti locali, la legge regionale attribuisce ai medesimi risorse finanziarie tali da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni delegate, nell’ambito delle risorse a tale scopo effettivamente trasferite dallo Stato alle Regioni”. Dal dettato dell’articolo 54 TUEL emerge altresì che il Sindaco, sempre nella sua funzione di ufficiale di Governo: emana atti in materia di ordine e sicurezza pubblica, svolge funzioni in materia di polizia giudiziaria, vigila sulla sicurezza e l’ordine pubblico, adotta Ordinanze contingibili ed urgenti in caso di pericolo per l’incolumità dei cittadini.
E’ necessario ricordare inoltre che il Sindaco opera come Ufficiale di Governo anche relativamente ad altre funzioni sulla base di norme di settore (ad esempio in base alla Legge 833/78 in materia di sanità). Proprio in merito alle funzioni svolte quale Ufficiale di Governo è utile svolgere qualche breve considerazione. Prima di tutto occorre chiarire che il Sindaco che esercita le funzioni di Ufficiale di Governo o di autorità sanitaria non è un organo del Comune, ma dello Stato. Tale principio viene chiaramente sostenuto dalla giurisprudenza, ultimamente si è pronunciata in proposito la Corte di cassazione. In tema di poteri e funzioni del Sindaco la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi più volte; punto di notevole interesse è quello relativo al potere di ordinanza del Sindaco medesimo. Circa tale aspetto, il Consiglio di Stato ribadisce che: “… i presupposti che si richiedono per l’adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti, da parte della massima Autorità comunale, sono – ai sensi dell’art. 38 comma 2, l. 142/1990 – da un lato, l’impossibilità di differire l’intervento ad altra data in relazione alla ragionevole previsione di danno incombente (donde il carattere dell’urgenza); dall’altro, l’impossibilità di provvedere con gli ordinari mezzi offerti dalla legislazione (donde la contingibilità)”.
Alla luce di quanto sopra i Sindaci possono operare con provvedimenti (ordinanze) contingibili ed urgenti in materia di sanità e sicurezza dotandosi di strumenti straordinari rispetto a quelli previsti dalla legislazione. Lo strumento monetario previsto dalla legge (L’Euro) può essere affiancato da uno strumento monetario alternativo e “straordinario” emesso dai Comuni, al fine di prevenire problemi di salute pubblica “mentale” dovuti alla crisi monetaria ed alla angoscia sociale che sono le cause di problemi di sicurezza pubblica quali gesti estremi violenti che potrebbero coinvolgere la comunità (suicidi, esplosioni, messe a fuoco, stragi ) ed evitare l’incremento del crimine dovuto alla affannosa ricerca di soldi.
Va infine evidenziato che questa “moneta convenzionale” è perfettamente compatibile col sistema monetario internazionale, perché  considera solo aspetti di diritto privato (cioè la proprietà della moneta e la posizione di creditore di debitore), come tali di stretto diritto interno e del tutto irrilevanti per il diritto internazionale. Il progetto è altresì perfettamente compatibile col trattato di Maastricht perché  rispetta l'autonomia della Banca centrale europea.
Il presente vuole quindi anche essere un appello ai Sindaci e ai Comuni italiani perché adempiano al proprio dovere di messa in atto di tutte le condizioni possibili che possano tutelare la salute dei cittadini e lo svolgimento ordinato della vita civile, attingendo all’ampia produzione legislativa e alla consolidata giurisprudenza che li autorizzano in questo senso. Chiaramente, occorrono Sindaci e Amministrazioni comunali con gli “attributi”, che non si tirino indietro dinanzi alle loro responsabilità.
Durante le campagne elettorali, ognuno di loro ha detto di avere a cuore il destino dei loro cittadini. Vediamo se, ora, è vero.

Gruppo per l’organizzazione del Convegno Auritiano
convegno28settembre@yahoo.it 
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PMI: il waterboarding d'Enricoletta


Letta e l'elefante sott'acqua

dal blog di Grillo
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Un'estate ero al mare quando avvertii delle mani poderose, implacabili, sulle mie spalle. Qualcuno mi spinse sott'acqua. Cercai di divincolarmi per uno, due minuti, senza riuscirci. Dopo molti inutili tentativi, preso dall'angoscia, stavo per rassegnarmi alla mia sorte ma, per incanto, chi mi voleva morto lasciò la presa. Riemerso lo vidi. Non lo conoscevo. Rideva, ma guardandomi cambiò espressione. "Scusa - mi disse - era uno scherzo, pensavo fossi il mio amico Alberto". Capitan Findus Letta è così. Quando vede una piccola media impresa la affoga, ma per scherzo, come si fa tra amici. Il problema è che lo scherzo non gli riesce mai e l'impresa muore per mancanza d'aria. L'ultima stangata del Nipote dello Zio che annegherebbe un elefante è l'anticipo di 2,6 miliardi di euro per l'aumento degli acconti di fine anno. Sale dal 99 al 100% l'acconto dell'Irpef, dal 100 al 101% quello dell'Ires e dal 100 al 110% quello dell'Irap. Una raffinata tortura dell'acqua, un waterboarding, una forma di annegamento controllato su misura per le imprese. Il problema delle PMI è la cassa, la liquidità, l'argent, i danèe. Le banche non fanno credito impegnate come sono a comprare titoli di Stato italiani. Lo Stato non rimborsa i crediti delle aziende arrivati a circa 130 miliardi. I clienti dilatano i tempi di pagamento a 120, 180 giorni, quando va bene, perché, quando va male, i clienti falliscono e il credito diventa di fatto inesigibile. Il governo però ha assoluto bisogno di soldi per rimandare l'Iva e l'Imu a data da destinarsi. Cosa di meglio allora di un salasso alle imprese invece di tagliare costi inutili? La crisi delle piccole e medie imprese sta facendo crollare il gettito fiscale, che necessita di circa 800 miliardi all'anno, su cui si regge l'Italia. Cosa vuoi di più dalla vita e da Capitan Findus? Una spinta sott'acqua?