venerdì 4 luglio 2014

Derivati: il club dei 9 denunciato da Lannutti nel 2010

Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01814


Atto n. 3-01814 (in Commissione) 

Pubblicato il 13 dicembre 2010, nella seduta n. 472
Svolto nella seduta n. 222 della 6ª Commissione (03/02/2011)

LANNUTTI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'economia e delle finanze e degli affari esteri. -
Premesso che:
secondo un articolo de "La Stampa" pubblicato il 13 dicembre 2010 "Una setta di banchieri decide le sorti del mondo. Sono nove, si riuniscono il terzo mercoledì del mese, controllano tutta la finanza". Secondo un articolo dello stesso giorno de "la Repubblica" è un club segreto: «Stessi nomi, stessi vizi, una storia che sembra condannata a ripetersi e col finale che rischia di essere già scritto: l'impunità. Stavolta è l'intero mondo dei titoli derivati - finanza "tossica" che ebbe un ruolo cruciale nella crisi del 2008 - l'oggetto delle loro congiure. Una vera e propria "cupola" di grandi banchieri che esercita un potere esclusivo di controllo su questo mercato. Fuori da ogni trasparenza, e al riparo da ogni concorrenza. "Il terzo mercoledì di ogni mese - il New York Times rivela - nove membri di una élite di Wall Street si riuniscono a Midtown Manhattan. I dettagli delle loro riunioni sono coperti dal segreto. Rappresentano Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Deutsche Bank, Barclays, Ubs, Credit Suisse".
Ufficialmente, i nove banchieri di questo potentissimo comitato d'affari hanno il compito di "salvaguardare la stabilità e l'integrità" su un mercato che muove ogni giorno migliaia di miliardi di dollari. Di fatto, il club dei nove "protegge gli interessi delle grandi banche che ne fanno parte, perpetua il loro dominio, contrasta ogni sforzo per rendere trasparenti i prezzi e le commissioni". La denuncia raccolta dal New York Times viene dal massimo organo di vigilanza. La fonte più autorevole all'origine dell'inchiesta è Gary Gensler, capo della Commodity Futures Trading Commission»;
si legge ancora nel citato articolo de "La Stampa": «Nove banchieri delle più importanti istituzioni finanziarie di Wall Street si riuniscono (...) nel Distretto finanziario di Manhattan per assicurarsi il controllo e la floridezza del mercato che più preoccupa la Casa Bianca: quello dei derivati. L'amministrazione Obama ha tentato invano di sottoporli a rigidi controlli nella recente riforma finanziaria varata dal Congresso, e Paul Volcker, l'ex presidente della Federal Reserve consigliere dello Studio Ovale, ne è il critico più aspro, indicandoli come un mercato che "sfugge a ogni regola" e continua a minare la stabilità di Wall Street dopo aver già contribuito alla crisi del settembre 2008. Ma le pressioni di Casa Bianca e Congresso hanno una debole eco nelle riunioni che vedono attorno ad un tavolo banchieri di giganti come JP Morgan Chase, Goldman Sachs, Deutsche Bank e Morgan Stanley interessati soprattutto a mantenere il controllo di scambi annuali per molti trilioni di dollari che sfuggono a ogni supervisione visto che i derivati sono prodotti finanziari in gran parte non quotati in Borsa. Dunque vengono scambiati privatamente e spesso registrati nei bilanci in maniera così ambigua da suggerire sospetti di illeciti. È proprio per indagare sul possibile rischio di frodi capaci di mettere a rischio la stabilità delle maggiori banche - e dunque i risparmi di milioni di cittadini - che il ministero della Giustizia di Washington ha creato una task force investigativa, il cui titolare Robert Litan ha scoperto il segreto del "club del mercoledì" finito ieri sulla prima pagina del New York Times. A dare corpo all'indagine sono state le testimonianze raccolte fra gli alti funzionari di Bank New York Mellon, fondata nel 1784, che hanno consentito di ricostruire come la loro richiesta di entrare nel "club del mercoledì" - che porta il nome di Ice Trust - sia stata rifiutata dai nove banchieri sulla base della convinzione che "la domanda non era sostenuta da un sufficiente volume di scambi di derivati durante l'anno". "Si tratta di una risposta assurda perché siamo una delle banche da più tempo attive nel Distretto finanziario" ha fatto presente Sanjay Kannambadi, ceo della sussidiaria creata da Bank New York Mellon per entrare nell'Ice Trust, secondo il quale "il vero motivo per cui ci hanno tenuti fuori è la volontà di mantenere alti margini di profitto e di non condividere con altri la redazione delle regole che governano questo tipo di scambi". Di fronte a tale ricostruzione Robert Livan non ha fatto altro che riscontrare la possibile creazione di un gruppo finanziario impegnato a gestire il mercato dei derivati con metodi non pubblici, sollevando lo scenario di qualcosa che assomiglia a una setta segreta di banchieri nel cuore di Wall Street per gestire i prodotti derivati che continuano a essere quelli capaci di garantire i maggiori profitti economici»;
si legge ancora: «Gary Gensler, presidente della Commodity futures trading commission incaricata di regolare gli scambi della maggioranza dei derivati, suggerisce la necessità di "una maggiore supervisione sull'operato delle banche" al fine di scongiurare il rischio di intese non pubbliche destinate ad "aumentare i costi per tutti i cittadini americani". Ma i membri del "club del mercoledì" respingono tali accuse, affermando l'esatto contrario. "Il sistema creato consente di ridurre i rischi esistenti in questo mercato e fino a questo momento la cooperazione fra noi si è rivelata un successo" ha dichiarato al New York Times una portavoce di Deutsche Bank, lasciando intendere che il super-club svolge quelle mansioni di controllo che la riforma finanziaria non è riuscita ad assegnare ad alcuna istituzione»;
considerato che:
la crisi dei mutui sub-prime, iniziata il 7 luglio 2007 negli Stati Uniti, prestiti allegramente elargiti a richiedenti privi di reddito sufficiente per la loro solvibilità e che non sarebbero mai stati restituiti, oltre a produrre una delle più grandi bolle immobiliari negli Usa, ha contagiato le borse di tutto il mondo con titoli cartolarizzati privi di una minima tracciabilità ed immessi nei circuiti finanziari e nelle borse di tutto il mondo, per precise responsabilità della triade costituita da banche di affari, agenzie di rating, in conflitto di interessi per rapporti azionari incestuosi e autorità vigilanti;
la creazione del denaro dal nulla con i prodotti derivati, pari ad oltre 700.000 miliardi di dollari a fronte di un Pil di 55.000 miliardi di dollari, ha favorito la speculazione che ha generato, nella crisi sistemica, la distruzione di ben 30 milioni di posti di lavoro;
i Governi di tutto il mondo, per salvare le banche, dopo il fallimento di Lehman Brothers, sono stati costretti a fornire oltre 4.000 miliardi di dollari ad un sistema bancario che utilizza quei fondi e la liquidità a basso costo per i tassi di interessi bassissimi, per fare profitti con il leverage e la leva finanziaria dei derivati, incassando laute stock option ed elevate prebende,
si chiede di sapere:
se al Governo risulti corrispondente al vero che i rappresentanti di Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Deutsche Bank, Barclays, Ubs e Credit Suisse si riuniscono in segreto per speculare con il trading sui derivati e sui destini del mondo per conseguire profitti enormi sulla pelle dei mercati, dei risparmiatori, degli investitori ed azionisti del mercato globale;
se il Governo non ritenga doveroso porre nelle riunioni ai vertici internazionali i gravissimi problemi di ripetute speculazioni planetarie con gli strumenti derivati, con l'unica finalità di conseguire profitti enormi per gli stessi banchieri autori del trading;
se le banche che speculano sulla sovranità degli Stati depauperando la ricchezza delle nazioni, non debbano essere depennate dalla lista del Ministero dell'economia e delle finanze per le operazioni internazionali alle quali vengono assegnate funzioni di collocamento dei titoli del debito pubblico italiano ed altre similari;
quali misure urgenti il Governo intende intraprendere, in coordinamento con gli altri Governi del G20, per impedire che questa ristretta "cricca" di finanzieri, che l'interrogante definisce bankster, possa continuare ad attentare alla ricchezza economica delle nazioni ed al sudato risparmio dei cittadini.

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