lunedì 20 gennaio 2014

Ogni fallimento è organizzato con modalità predatorie

Viaggi e soldi in contanti per comprare le sentenze dei giudici fallimentari (Rita Di Giovacchino).

Toghe
CHIARA SCHETTINI,ARRESTATA IN GIUGNO: “A ROMA ERA UNA PRASSI DIVIDERE IL COMPENSO CON IL MAGISTRATO, 3 SU 4 SONO CORROTTI”.
In un interrogatorio di 60 pagine, reso ai pm Nello Rossi e Rocco Fava il 29 settembre scorso, l’ex giudice Chiara Schettini, arrestata a giugno dal gip di Perugia per corruzione e peculato, offre uno spaccato devastante del sistema di corruzione del Tribunale fallimentare di Roma. Perizie affidate a consulenti dall’ampio potere discrezionale e dai compensi stratosferici, mazzette spartite anche con i giudici. Un crocevia affaristico in cui è coinvolto il vertice dell’ufficio. Il giudice Schettini non risparmia neppure i magistrati umbri competenti su inchieste che coinvolgono i colleghi romani accusandoli di insabbiare gli esposti.Spiega anche il meccanismo delle truffe e i trucchi per pilotare i fallimenti milionari: “Si entrava in camera di consiglio e si diceva questo si fa fallire e questo no”. I soldi delle consulenze venivano poi ripartiti tra giudici delegati, curatori, periti e avvocati facendo levitare oltre misura le parcelle. Chiara Schettini tenta di scrollarsi di dosso le accuse pesantissime che l’hanno portata in carcere, aggravate da intercettazioni che la inchiodano a minacce, a frasi sorprendenti come: “Io se voglio sono più mafiosa dei mafiosi”.
DI FRONTE ai pm romani, provata dai mesi in cella, cambia registro, ridimensiona il proprio ruolo e punta in alto, accuse che non risparmiano i vertici dell’ufficio, in particolare un magistrato che tirerebbe le fila del sistema: “Il più corrotto di tutti”. Afferma di aver ricevuto minacce di morte, anche dopo l’arresto: “L’ambiente della fallimentare è ostile, durissimo, atavico, non ci sono soltanto spartizioni di denaro ma viaggi, regali, di tutto di più, una nomina a commissario giudiziale costa 150 mila euro, tutti sanno tutto e nessuno fa niente”. Ancora: “Era una prassi dividere il compenso con il giudice, tre su quattro lì dentro sono corrotti”. Dito puntato anche contro il padre di suo figlio, l’ex compagno Piercarlo Rossi che accusa di avere conti all’estero. “Mi sono fidata, ero innamorata, lui trafficava anche con il direttore di una filiale di Unicredit su 900 mila euro gliene dava 200 mila”. La percentuale per coprire la tangente. Un j’accuse a tutto campo che non risparmia il giudice fallimentare Tommaso Mar-vasi: “Piercarlo era l’ideatore e promotore, ma ripeto cresce come curatore di Marvasi… perché è troppo penetrante il suo controllo… poi veniva a chiedere a me ‘hai fatto questo? hai fatto quello’. ‘Non ti preoccupare sarà rimesso tutto perfettamente’… Io non l’ho più nominato Federico che rischia di far esplodere lo scandalo del tribunale fallimentare ai massimi vertici”. È un fiume in piena questa signora bionda che al momento opportuno parla come un facchino: “Io a Di Lauro l’avrei investito con la macchina… Lui lavorava con la banda della Magliana”. Descrive il meccanismo della corruzione: “C’era chi si faceva pagare le cene, chi i viaggi, chi smezzava il compenso, sul netto”. Uno in particolare non mollava mai l’osso: “Anche se era in un’altra sezione ha continuato a governare la fallimentare, è il capo della cupola”. Di un altro pezzo grosso dice: “Si sapeva tranquillamente e serenamente che per una nomina a commissario giudiziale andava a via Ferrari con la valigetta e prendeva 150 mila euro da un famoso studio, tutti sanno e ma nessuno fa niente, ha dato tre quarti delle nomine a quello studio”.
TIRA IN BALLO anche l’ex ministro Franco Frattini: “Mi telefonò dicendo che un suo amico, tale Maurizio Bonifati, aveva bisogno di consigli perché aveva questa società, la Mining, che stava per fallire…”. Ogni fallimento è organizzato con modalità predatorie. Crediti inesistenti attribuiti a soggetti inesistenti, sul piatto 2 milioni e mezzo di euro, ma prima di arraffarli è stata arrestata.
Da Il Fatto Quotidiano del 31/12/2013.

Deutsche Bank, buco kolossal

Deutsche Bank, buco kolossal. E indagata


Maxi-perdita di 1 miliardo di euro nel quarto trimestre più 2,5 miliardi per sanare il contenzioso legale.
La sede di Deutsche Bank, a Francoforte.
La sede di Deutsche Bank, a Francoforte.
NEW YORK (WSI) - Una maxi-perdita di un miliardo di euro nel quarto trimestre e 2,5 miliardi di euro per sanare i contenziosi legale 2013. Deutsche Bank, a sorpresa, diffonde i conti, mentre le autorità tedesche accendono un faro sulle attività dell’istituto nel mercato dei cambi.

Come già pochi giorni fa, l’istituto ha ammesso di aver «ricevuto richieste di informazioni dalle autorità di regolamentazione che stanno indagando sulle negoziazioni nel mercato dei cambi». In particolare, secondo lo Spiegel, Bafin, la Consob tedesca, avrebbe intenzione di esaminare con un’attività speciale se Deutsche Bank abbia gestito l’attività sul mercato dei cambi in modo adeguato e con sufficienti controlli. 

All’inizio della scorsa settimana, il Wall Street Journal aveva rivelato che il colosso tedesco, il più grande operatore al mondo nel mercato dei cambi che vale qualcosa come 5.000 miliardi di dollari al giorno, ha provveduto alle prime sospensioni di trader potenzialmente coinvolti nello scandalo dei cambi, che adesso sembra diventare molto più ampio di quello legato all’uso sconsiderato delle chat room fra i dipendenti di diverse banche d’affari. Nell’autunno scorso, Ubs, Rbs, Jp Morgan e Barclays hanno sospeso circa 12 operatori e, solo nella settimana scorsa, Hsbc ha sospeso due trader, Citigroup altri due e licenziato il capo delle negoziazioni della sede di Londra, Rohan Ramchandani, membro proprio della chat room sotto inchiesta, quella `The Cartel´ che comprendeva i principali trader di tutto il mondo.