lunedì 24 febbraio 2014

Nuovo superdicastero economico di Papa Francesco

24/02/2014 

Arriva il nuovo superdicastero economico di Papa Francesco

http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/pell-francesco-francisco-francis-32295//pag/1/

Card. Pell
(©ANSA) CARD. PELL

Segreteria per l’Economia guidata da Pell e Consiglio per l’Economia. C’è anche un Revisore, Apsa “banca centrale”. Chiude il consiglio dei 15 cardinali. Non citato lo Ior

IACOPO SCARAMUZZICITTÀ DEL VATICANO
Nasce il nuovo superdicastero economico di Papa Francesco. Dopo mesi di consultazioni, nuovi scandali come l’arresto di monsignor Nunzio Scarano, e dopo l’ultima riunione del consiglio degli otto cardinali consiglieri (il cosiddetto “C8”), Jorge Mario Bergoglio ha creato una “nuova struttura di coordinamento per gli affari economici e amministrativi della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”: il motu proprio firmato oggi dal Pontefice argentino, e pubblicato nel pomeriggio dall’Osservatore Romano, prevede una nuova “segreteria per l’Economia” guidata dal cardinale australiano George Pell, un nuovo “consiglio per l’economia” formato da otto tra cardinali e vescovi e sette laici, un nuovo “revisore generale”. Viene formalizzato il ruolo dell’Apsa (Amministrazione per il Patrimonio della Sede apostolica) come “banca centrale del Vaticano”, l’authority finanziaria (Aif) continua a svolgere il suo ruolo, nessuna menzione dello Ior (Istituto per le Opere di Religione). Esaurisce le sue funzioni il consiglio dei 15 cardinali creato da Papa Giovanni Paolo II per esaminare i bilanci vaticani.

“Fidelis dispensator et prudens...”, sono le parole del Vangelo di Luca con cui inizia il provvedimento papale: “Come l’amministratore fedele e prudente ha il compito di curare attentamente quanto gli è stato affidato, così la Chiesa è consapevole della responsabilità di tutelare e gestire con attenzione i propri beni, alla luce della sua missione di evangelizzazione e con particolare premura verso i bisognosi. In special modo, la gestione dei settori economico e finanziario della Santa Sede è intimamente legata alla sua specifica missione, non solo al servizio del ministero universale del Santo Padre, ma anche in relazione al bene comune, nella prospettiva dello sviluppo integrale della persona umana”.

Le modifiche “consentiranno il coinvolgimento più esplicito di esperti di alto livello di esperienza in amministrazione finanziaria, pianificazione e reporting”, recita un comunicato della sala stampa della Santa Sede illustrato dal portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. Queste le novità contenute nel motu proprio del Papa: innanzitutto, “l'istituzione di una nuova Segreteria per l'Economia, che avrà autorità su tutte le attività economiche e amministrative all'interno della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”. Se ne deduce, anche se non vengono citate espressamente, che la potestà di questo nuovo organismo si estenderà anche su strutture come il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano o dicasteri dotati di budget significativi come la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (Propaganda Fide). Si tratta di un vero e proprio “dicastero della Curia romana”, recita il motu proprio, che “risponde direttamente al Santo Padre”. La Segreteria “sarà responsabile, tra le altre cose, per la preparazione di un budget annuale per la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano, nonché la pianificazione finanziaria e le varie funzioni di supporto quali le risorse umane e l'approvvigionamento. La Segreteria sarà inoltre tenuta a redigere il bilancio dettagliato della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”. 

La Segreteria per l'Economia, a sua volta, “metterà in opera le direttive formulate da un nuovo Consiglio per l'Economia: un Consiglio di 15 membri, composto da otto Cardinali o Vescovi, che riflette l'universalità della Chiesa, e sette esperti laici di varie nazionalità con competenze finanziarie e riconosciuta professionalità. Il Consiglio si riunirà periodicamente per valutare direttive e pratiche concrete, e preparare e analizzare i rapporti sulle attività economiche amministrative della Santa Sede”. La Segreteria per l'Economia sarà presieduta da un Cardinale Prefetto, “il quale collabora con il Segretario di Stato”, e avrà un Segretario Generale che “collaborerà con il Cardinale Prefetto nella gestione delle attività quotidiane”. Il Papa ha già nominato il cardinale George Pell, "attuale Arcivescovo di Sydney", Australia, quale Prefetto della Segreteria per l'Economia. Anche il Consiglio per l’Economia sarà presieduto da un “cardinale coordinatore”.

Le nuove disposizioni comprendono poi “la nomina di un Revisore Generale, nominato dal Santo Padre, che sarà dotato del potere di svolgere revisioni di qualsiasi agenzia o istituzione della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”. La Prefettura per gli Affari economici, guidata dal cardinale Giuseppe Versaldi, “viene ad essere in rapporto con il revisore”, ha spiegato Lombardi rispondendo alle domande dei giornalisti. Le modifiche, ancora, “confermano il ruolo dell'Apsa come Banca Centrale del Vaticano, con tutti gli obblighi e le responsabilità delle istituzioni analoghe in tutto il mondo”. E' la prima volta che l'Amministrazione per il Patrimonio della Sede apostolica - il dicastero guidato attualmente dal cardinale Domenico Calcagno, dove peraltro lavorava mons. Nunzio Scarano e dove il Papa ha nominato a settembre mons. Mauro Rivella come delegato della sezione ordinaria - viene definita ufficialmente “banca centrale” del Vaticano. L'authority finanziaria, Aif (Autorità di informazione finanziaria), guidata sino a poco tempo fa dal cardinale Attilio Nicora andato in pensione, e dal direttore, l'esperto di anti-riciclaggio René Bruelhart, “continuerà a svolgere il suo ruolo attuale e fondamentale di vigilanza prudenziale e disciplina delle attività all'interno della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”. Non viene citato l'Istituto per le Opere di Religione. “È stato chiesto al Prefetto della nuova Segreteria per l'Economia - conclude la nota - di iniziare il suo compito il più presto possibile" al fine di permettere al Papa la approvazione degli "statuti finali". Non è ancora chiaro se il cardinale Pell, uno degli otto cardinali del “C8”, rimarrà arcivescovo di Sidney.

L’annuncio odierno “giunge in seguito alle raccomandazioni della rigorosa revisione condotta dalla Commissione Referente di Studio e di Indirizzo sull'Organizzazione della Struttura Economico - Amministrativa della Santa Sede (Cosea)”, una delle due commissioni create nei mesi scorsi dal Papa sulle questioni economiche (l’altra esamina la situazione dello Ior) il cui segretario è monsignor Lucio Angel Vallejo Balda. Tali raccomandazioni “sono state esaminate e approvate sia dal Consiglio di Cardinali istituito per consigliare il Santo Padre sulla riforma della Curia Romana”, il cosiddetto “C8” che si è riunito da lunedì a mercoledì scorso, “sia dal Consiglio di 15 Cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede”, riunito oggi. Con la decisione odierna, la funzione di questo organismo (ne fanno parte i cardinali Meisner, Rouco Varela, Pengo, Rivera Carera, George, Fox Napier, Cipriani, Scola, Toppo, Pell, Vallini, Urosa Savino, Ricard, Odilo Scherer, Tong Hon) “ha terminato il suo compito”, ha spiegato Lombardi.

Non c’è più tempo: fuori dall’euro, salviamo gli italiani!

Messaggio a Renzi: Tasse e tagli non servono senza sovranità monetaria


EDITORIALEhttp://www.ioamolitalia.it/editoriale/messaggio-a-renzi-tasse-e-tagli-non-servono-senza-sovranita-monetaria.html
Messaggio a Renzi: Tasse e tagli non servono senza sovranità monetaria
(Il Giornale) - L’unica bugia di Matteo Renzi che veramente deve preoccupare tutti noi italiani non è né il tradimento di Letta (“Enrico stai sereno nessuno ti vuole prendere il posto”), né il tradimento della democrazia (“Non accetterò di prendere il potere con una manovra di palazzo...sarà solo dopo essere passato da elezioni democratiche”), bensì l’inganno che il risanamento economico attraverso la riduzione del cuneo fiscale possa essere conseguito tassando il patrimonio, decurtando la spesa pubblica e dando la caccia agli evasori fiscali.
È la stessa ricetta che dal 16 novembre 2011 ci hanno rifilato prima Monti e poi Letta, con risultati catastrofici: con il Governo Monti il debito pubblico è aumentato mediamente di 7.5 miliardi al mese, mentre con il Governo Letta il debito pubblico è aumentato mediamente di 9 miliardi al mese! Con Monti il debito pubblico è aumentato in 17 mesi di 128.904 miliardi attestandosi a 2.041 miliardi, mentre con Letta il debito pubblico è aumentato in 7 mesi (da aprile a novembre 2013) di 63 miliardi, attestandosi a 2.104 miliardi di euro!
La cosiddetta politica di austerità, volta a rispettare costi quel che costi il vincolo del 3% nel rapporto tra il deficit e il Pil impostoci da quest’Europa dei burocrati e dei banchieri, sta uccidendo non solo il nostro corpo (come si desume dal fatto che ci sono 4 milioni e 100 mila italiani che fanno letteralmente la fame), ma soprattutto la capacità d’intendere e di volere, al punto che fatichiamo a prendere atto della realtà dell’Italia ricca che si trasforma in italiani poveri, del fatto che abbiamo beni e servizi per far stare bene tutti ma sempre più italiani non hanno i soldi per acquistarli. Il paradosso è che abbiamo tutto tranne i soldi a sufficienza.     
Com’è possibile che gli economisti si accaniscano contro la spesa pubblica e/o la guerra ad oltranza all’evasione fiscale, quando è del tutto palese che il problema principale dell’Italia è il debito dello Stato (2.067 miliardi), delle banche (1.275 miliardi), delle imprese (1.200 miliardi) e delle famiglie (975 miliardi), complessivamente 5.517 miliardi, pari al 326% del Pil, sui quali ogni anno si pagano interessi passivi pari al 4%, ovvero 220 miliardi che equivalgono al 14,6% del Pil?
Un governo che avesse come priorità l’interesse supremo dell’Italia e avesse a cuore il bene degli italiani dovrebbe occuparsi esclusivamente di porre fine al salasso dell’esorbitante e inarrestabile costo degli interessi sul debito che, rappresentando un costo improduttivo per il sistema della produzione e dei consumi, sottraggono risorse vitali destinate all’economia reale e restringono inevitabilmente sempre più la massa monetaria, attraverso le tasse sempre più alte e la stretta creditizia sempre più rigida.
Evocare, come ha fatto ieri il sottosegretario Del Rio, di tassare i Bot, significa che il Governo Renzi seguirà le orme di Monti e Letta e che, pertanto, la nostra situazione economica non potrà che peggiorare. La ragione è semplicissima: per disporre dei soldi necessari per far fronte al costo della Pubblica amministrazione (830 miliardi) e per pagare gli interessi sul debito pubblico (85 miliardi), lo Stato è costretto a emettere regolarmente titoli di Stato (Btp, Bot, Ctz), che sono titoli di debito che aumentano il debito, gli interessi sul debito e le tasse che gravano sui cittadini.
Per uscire dalla spirale suicida che obbliga lo Stato a indebitarsi per ripianare il debito, l’unica soluzione è che la moneta venga emessa  dallo Stato e non più dal sistema bancario.
Non c’è più tempo: ogni giorno muoiono mille partite Iva, famiglie devastate, italiani impoveriti, cittadini istigati al suicidio. Il Governo Renzi è una nuova puntata della telenovela della dittatura finanziaria che sta uccidendo l’economia reale, la democrazia e la nostra civiltà. Prolungano scientificamente la nostra agonia per ridurci a un tale stato di prostrazione che, tra non molto, noi italiani li ringrazieremo quando a fine giornata ci concederanno il piatto di minestra.
Non c’è più tempo: fuori dall’euro, Banca d’Italia pubblica, separazione banche commerciali e d’affari, crediti alle imprese, difesa della famiglia. Salviamo gli italiani!
di Magdi Cristiano Allam 24/02/2014 

Sito islamico censurato spiega il sistema bancario

IL DENARO E IL SISTEMA BANCARIO TRADIZIONALE

بسم الله الرحمان الرحيم
Nel Nome di Allah, il sommamente Misericordioso, il Clementissimo
IL SISTEMA BANCARIO ISLAMICO SENZA INTERESSI
IL DENARO E IL SISTEMA BANCARIO TRADIZIONALE
O voi che credete, molti dottori e monaci divorano i beni altrui, senza diritto alcuno, e distolgono dalla causa di Allah. Annuncia a coloro che accumulano l’oro e l’argento e non spendono per la causa di Allah un doloroso castigoCorano IX. At-Tawba, 34
Il sistema bancario basato sugli interessi, che attualmente costituisce la base del sistema monetario nelle nazioni moderne, si è sviluppato dall’attività degli orefici che fondarono le prime banche in Europa molti secoli fa.
Gli orefici erano pronti ad offrire i loro servizi a coloro che desideravano depositare monete d’oro per tenerle al sicuro. All’atto del deposito, l’orefice emetteva una ricevuta al depositario del tipo “al portatore”, per cui chiunque la presentasse, poteva reclamare il valore a fronte in oro dall’orefice.
Con il passare del tempo, la gente scoprì che le ricevute degli orefici erano accettate come pagamento di beni e servizi. Le ricevute erano diventate la prima forma di “denaro bancario” ed erano di natura assolutamente diversa dalle monete d’oro prodotte dallo stato.
Quando il sistema bancario raggiunse uno sviluppo maggiore, le monete ritirate presso l’orefice da alcuni clienti venivano compensate da nuovi depositi di altri clienti. Perciò c’era sostanzialmente poca differenza nella riserva d’oro dell’orefice da un giorno all’altro. La tentazione di prestare questo oro fermo era irresistibile. Comunque, sarebbero rimaste in cassaforte quantità sufficienti per soddisfare le prevedibili richieste di pagamento delle ricevute. L’ammontare delle monete tenute in riserva, in proporzione alla quota di ricevute in attesa di essere riscosse, divenne nota come “quantità di riserva”.
Quanto grande dovesse essere questa “quantità di riserva” per effettuare operazioni sicure divenne argomento di feroce dibattito tra i primi banchieri orefici in Inghilterra. Alcuni erano a favore di una riserva del 100% basandosi sul fatto che se l’orefice avesse emesso £ 100 di ricevute promettendo la restituzione su richiesta, allora avrebbe dovuto tenere £ 100 di oro in cassaforte per onorare la promessa. Altri prevedevano le possibilità lucrative di una quantità di riserva “frazionaria”. Il dibattito era di vitale importanza. Se era sufficiente diciamo un 20% di quantità di riserva, il restante 80% di oro poteva essere prestato ad interesse. Più bassa era la quantità di riserva, più alto il profitto.
Presto divenne evidente che non c’era effettivamente bisogno di prestare proprio l’oro della cassaforte. Poiché le ricevute degli orefici erano ormai considerate come denaro dalla gente comune, bastava che venissero prestate come sostituti delle monete d’oro. Il vantaggio di questa politica consisteva nel fatto che le ricevute potevano essere fabbricate a costo quasi zero, mentre l’oro no.
Ma se il banchiere aveva in effetti il potere di fabbricare denaro, perché non stampare semplicemente le ricevute e spenderle per il proprio consumo? Perché, se spendeva le sue ricevute, il banchiere non le avrebbe più avute in suo possesso.
Era altresì certo che a tempo debito tutte le ricevute sarebbero tornate da lui per essere scambiate con oro – oro che all’inizio non esisteva. Invece prestando le ricevute, il banchiere poteva aggiungere l’interesse alla somma prestata. Al pagamento, le ricevute potevano essere distrutte facilmente come erano state fabbricate, ma l’interesse sarebbe rimasto come tornaconto.
Nel tentativo di proteggere i prestiti dalle loro ricevute, divenne uso comune tra le banche evitare completamente investimenti in società e concentrarsi invece sui prestiti ad interesse accompagnati da garanzia. La garanzia svolgeva il ruolo di ammortizzatore per proteggere il prestito del banchiere in caso di inadempienza da parte del cliente. Tali criteri per il rilascio di prestiti naturalmente gettarono le basi per il prestito di fondi a persone benestanti: da qui l’origine del detto “i banchieri sono persone che ti prestano soldi se puoi dimostrare di non averne bisogno”. La ricchezza, perciò, tendeva a circolare tra i ricchi, sorvolando sui più poveri i cui progetti economici non sarebbero mai stati degni di ricevere finanziamenti.
Nacque presto un problema nell’operazione di questa nuova industria, l’idea commerciale più proficua di tutti i tempi. I banchieri mettevano interessi sui soldi che solo loro potevano creare. Come potevano, allora, i clienti sperare di ripagare i debiti di questo denaro fabbricato più le spese degli interessi? Immaginiamo che, all’inizio, l’ammontare del denaro di uno stato sia di £ 100. Se i banchieri creano £ 400 di denaro bancario l’ammontare totale del denaro salirà a £ 500. Immaginiamo anche che le £ 400 di denaro bancario vengano prestate per 3 anni ad un tasso del 10% annuo e che quindi la somma da restituire sia di £ 532,40. Ora, se la quantità di denaro totale è solo di £ 500 all’inizio del finanziamento, da dove verranno le restanti £32,40?
La nuova somma di denaro richiesta poteva venire solo da due fonti: o i banchieri aumentavano la fornitura di denaro bancario, in altre parole facevano altri prestiti o lo stato aumentava la fornitura di denaro pubblico. Questo fatto avrebbe avuto enormi ripercussioni sull’economia man mano che cresceva la diffusione delle banche. A lungo andare, sia la fornitura di denaro, sia il debito sarebbero aumentati nonostante tutti i tentativi di controllo. E, ad un certo punto, sarebbe comparsa tutta una seri di problemi economici, tra i quali l’inflazione endemica, un “ciclo commerciale” i cui alti e bassi avrebbero seguito la creazione e la distruzione del denaro bancario ed una distribuzione sempre più sbilanciata della ricchezza.
La forma estrema del ciclo commerciale operativo era il boom speculativo e la bancarotta. Chi desiderava acquistare un bene immobiliare o delle azioni poteva farlo con un prestito dalla banca, fornendo come garanzia il bene acquistato. Di solito, la banca prestava una somma pari alla metà o ai tre quarti del valore della garanzia, cosicché anche se sul mercato ci fosse stato un ribasso dei prezzi e una inadempienza da parte del cliente, il bene dato in garanzia poteva ancora essere venduto ad un prezzo sufficiente per ripagare il prestito della banca. Man mano che il nuovo denaro era speso dallo speculatore, il prezzo dei beni iniziava a salire. Altri, vista la tendenza, entravano nel gioco per prendere in prestito denaro bancario ed acquistare nel mercato in crescita. Poteva nascere, quindi, una bolla speculativa, finanziata in parte dai fondi degli speculatori, ma soprattutto del denaro delle banche.
Purtroppo, la bolla scoppiava sempre quando i banchieri si innervosivano per la fabbricazione di altro denaro. Con la diminuzione della fabbricazione di denaro, pochi nuovi compratori entravano nel mercato per comprare beni, e con meno compratori il mercato iniziava a collassare. Allora i banchieri diventavano ancora più nervosi, poiché anche il valore delle loro garanzie diminuiva. Alcuni clienti, che si erano basati sui profitti speculativi per pagare gli interessi, ora iniziavano a non pagare. Perciò le banche prendevano e vendevano le garanzie sul mercato, spingendo i prezzi ancora più in basso. E così il circolo vizioso continuava in un processo che viene oggi descritto come “deflazione del debito”.
Molto tempo fa, le autorità inglesi sono entrate in azione per parare i danni all’economia provocati dall’eccessiva presenza di produttori privati di denaro. In base al Bank Charter Act del 1844, il diritto di emettere la maggior parte del denaro era limitato alla Banca d’Inghilterra (Bank of England). Purtroppo, la legge non faceva nulla per proibire ai banchieri di affidarsi sempre più al nuovo sistema basato sugli assegni e sulla dichiarazione del conto. Ancora una volta, la fiducia della gente era essenziale per garantire il successo al funzionamento del nuovo sistema. Mentre una volta la gente era certa di poter cambiare le ricevute in oro, ora la si doveva convincere che le cifre stampate sulla dichiarazione del conto bancario potevano essere ritirate su richiesta come denaro pubblico.
Il sistema di conto ed assegno può essere analizzati facilmente se noi ipotizziamo che ci sia una sola banca operativa nell’economia. Immaginiamo che questa banca abbia diversi clienti, due dei quali sono A e B. Entrambi iniziano con un bilancio zero sul loro conto corrente. A ora dà a B un assegno di £ 100 per pagare dei beni e B deposita questo assegno in banca. La banca accredita sul conto di B £ 100 e addebita sul conto di A la stessa somma. B ora ha un credito e A un debito di £ 100 ed i beni sono stati pagati. L’ammontare del nuovo denaro (bancario) è di £ 100 sul conto di B.
Si osservi che un gruppo di clienti di una banca deve sempre essere in debito per un totale che equivale alla riserva di denaro bancario effettivo. Si noti anche che se A colma il suo debito depositando un assegno di £ 100 preso da B, il denaro bancario trasferito da B ad A semplicemente scompare. Il denaro bancario è in assoluto contrasto con quello pubblico. Le monete d’oro e anche le moderne banconote non vengono mai distrutte all’atto della restituzione di un prestito.
In Italia nel giugno del 1997 la quantità totale di denaro pubblico in circolazione (banconote e monete) era di circa 116  bilioni, mentre la quantità totale di denaro disponibile separatamente nei depositi bancari superava i 186 bilioni per una riserva totale di denaro di 219 bilioni. Queste cifre, fornite dalla Banca d’Italia, mostrano chiaramente quanto denaro sia stato fabbricato dalle banche nel mondo moderno. Spiega altresì perché, se ognuno andasse a ritirare il proprio denaro dalla banca in liquidi nello stesso giorno, il sistema bancario collasserebbe.[1]
Dell’interesse messo sul denaro bancario, una parte è pagata ai depositari ed il resto appartiene alla banca. L’ammontare del profitto di una banca, perciò, è ampiamente determinato da:
a)     la differenza tra il tasso di interesse pagato ai depositari e il tasso imposto ai prestiti, “il divario di interesse”;
b)     la quantità di denaro fabbricato.
Il livello attuale dei tassi di interesse di solito non ha una vera e propria influenza su queste due variabili.
Poiché il sistema bancario italiano è costruito sugli stessi principi che prevalgono in tutta Europa da circa trecento anni, i responsabili della crisi della lira sono gli stranieri. Ma a parte questo, le cause della svalutazione della lira sono molto più vicine a Roma che a qualsiasi altra città. Negli ultimi anni le banche italiane hanno aumentato notevolmente la produzione della lira. Tra il giugno 1996 ed il giugno 1999 ad esempio, le autorità fabbricarono 99 bilioni tra banconote e monete, mentre le banche fabbricarono  cinque volte tanto sotto forma di depositi. Questo afflusso di nuovo denaro bancario porta con sé il rischio della svalutazione della lira sia da parte degli italiani che da parte degli stranieri. Ovviamente, le banche straniere fanno lo stesso gioco con le proprie monete. Perciò, su ampia scala, i tassi di scambio a lungo termine sono influenzati dal livello al quale si gioca in tutto il mondo.
Mentre colui che fabbrica denaro a casa propria viene arrestato, il sistema commerciale bancario è totalmente protetto dalla legge per fare esattamente la stessa cosa. La stabilità finanziaria non può essere costruita su una tale ingiustizia. Un vero sistema bancario islamico potrebbe cambiare questo stato di cose. Avrebbe un impatto nel cuore stesso del sistema monetario internazionale, poiché l’usura che ho descritto prima svanirebbe. Ma purtroppo, l’attuale sistema bancario islamico è poco più del sistema bancario convenzionale con le etichette cambiate. Coloro che l’hanno progettato non hanno colto la vera natura del moderno sistema bancario. Il risultato è una serie di prodotti bancari islamici che non mostrano alcuna differenza evidente da quelli offerti dal sistema basato sull’interesse. Questi prodotti sono presentati al pubblico senza giustificazioni plausibili da banchieri che hanno tutti i motivi per mantenere lo status quo. Altri che si impegnano sinceramente per il sistema bancario islamico spesso restano intrappolati nella mentalità occidentale del corso di laurea in economia, basato su una serie di testi finanziari che di solito riflettono il pensiero di non musulmani.
Una comunità che pratica l’usura da secoli e che perciò la capisce meglio di coloro la cui religione la proibisce, dovrebbe essere prima studiata e poi criticata. Chi critica gli usurai senza capire la vera natura dell’usura probabilmente perderà solo in credibilità, come ha fatto la Chiesa e come hanno fatto tanti e tanti politici e uomini comuni nel corso della storia.
shaykh ‘AbdulQadir  FadlAllah Mamour

[1] Si ricorda che nel 1996 l’Italia uscì dal SME per questi motivi. SME = sistema monetario europeo, accordo internazionale che regolava i rapporti di cambio tra le monete dei paesi membri della CEE (salvo la Gran Bretagna e la Grecia che facevano parte del paniere ECU, ma non partecipavano al meccanismo di regolazione dei cambi dello SME), sancito da una risoluzione del consiglio d’Europa nel 1978 ed entrato in vigore il 13 marzo 1979. Lo SME aveva lo scopo di favorire la stabilità monetaria tra i paesi partecipanti. Suo principale strumento era l’écu (attuale EURO), corrispondente alle iniziali dell’espressione inglese European Currency Unit, semplice unità di conto il cui valore iniziale è stato fatto uguale a un paniere di monete. Le autorità monetarie dei Paesi partecipanti allo SME erano impegnate a seguire regole determinate per impedire scostamenti del cambio dello scudo nelle rispettive monete al di là di certi limiti.

Pier Carlo Padoan, l'ultimo sicario dell’Economia

Padoan, l’uomo che ha spinto l’Argentina nell’abisso e la Grecia nella fame



Il neo ministro dell’Economia è stato dirigente del Fmi e dell’Ocse. Ha contribuito alla crisi di Grecia e Portogallo. Il Nobel Krugman lo definì: «L’uomo dai cattivi consigli».
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di Franco Fracassi - globalist
«La riforma Fornero è stato un passo importante per la risoluzione dei problemi dell’Italia», dichiarò un anno fa il neo ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ex dirigente del Fondo monetario internazionale, ex consulente della Bce ed ex vice segretario dell’Ocse, Padoan è di casa tra i potenti del mondo.
Scelto personalmente dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e osannato dai grandi media italiani, il neo ministro non è stimato da tutti gli economisti, soprattutto da quelli non liberisti. Sentite cosa scrisse di lui sul “New York Times” il premio Nobel per l’economia Paul Krugman: «Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse».
Padoan era responsabile dell’Argentina per conto del Fondo monetario internazionale nell’anno in cui il Paese sudamericano fece default.
A cosa si riferiva Krugman? Padoan è stato l’uomo che ha gestito per conto del Fondo monetario internazionale la crisi argentina. Nel 2001, Buenos Aires fu costretta a dichiarare fallimento dopo che le politiche liberiste e monetariste imposte dal Fmi (quindi, suggerite da Padoan) distrussero il tessuto sociale del Paese. In quegli anni il neo ministro si occupò anche di Grecia e Portogallo. Krugman scrisse in un altro articolo che furono proprio le ricette economiche «suggerite da Padoan a favorire la successiva crisi economica nei due Paesi».
Ecco cosa dichiarò Padoan a proposito della crisi greca: «La Grecia si deve aiutare da sola, a noi spetta controllare che lo faccia e concederle il tempo necessario. La Grecia deve riformarsi, nell’amministrazione pubblica e nel lavoro». In altre parole, Atene avrebbe dovuto rendere il lavoro molto più flessibile, alleggerendo (licenziando) la macchina della pubblica amministrazione. Nel marzo del 2013, quando la Grecia era sull’orlo del collasso, l’allora numero due dell’Ocse suggerì più esplicitamente: «C’è necessità che il governo greco adotti una disciplina di bilancio rigorosa e di un continuo sforzo di risanamento dei conti pubblici, condizioni preventive per il varo di misure a sostegno dello sviluppo».
Padoan è stato per quattro anni responsabile per conto del Fmi della Grecia. Successivamente, ha influenzato le politiche economiche di Atene in qualità di vice presidente dell’Ocse.