domenica 28 febbraio 2016

Tassi di interesse “negativi“ e guerra al contante

Tassi di interesse “negativi“ e guerra al contante

Il Prof. Richard A. Werner denuncia l’ipocrisia di chi invoca la guerra al contante e l’introduzione di tassi di interessi negativi. Dietro la scusa della lotta alla criminalità e del rilancio dell’economia – che certamente non sono influenzate da queste battaglie – si nasconde il tentativo di centralizzare il controllo dei capitali e di togliere alle persone qualsiasi possibilità di sottrarsi alle decisioni insindacabili di poche, grandi banche, che ovviamente devono essere al di fuori di qualsiasi controllo democratico.

di rawjapan, 9 febbraio 2016 
http://vocidallestero.it/2016/02/26/tassi-di-interesse-negativi-e-guerra-al-contante/

I principali portavoce dei grandi media mainstream hanno iniziato a diffondere l’idea che il contante è una reliquia barbarica e deve essere abolito. I banchieri centrali sono stati molto precisi, come gli ex membri dello staff del FMI Kenneth Rogoff e Peter Bofinger o l’attuale portavoce della Banca d‘Inghilterra Andrew Haldane.

Tra i motivi per cui improvvisamente il contante deve essere abolito, ci sono i soliti argomenti, per esempio che potrebbero essere utilizzati dai criminali, oppure che il denaro elettronico è più ‘efficiente’. Alcuni media sostengono anche che le persone si infastidiscono per le code quando qualcuno paga con i più ingombranti contanti, invece che con il veloce denaro elettronico. La verità è ovviamente l’opposto, anche se la recente introduzione nel Regno Unito delle carte di debito senza contatto, che devono solo essere avvicinate al terminale per il pagamento, ha ancor più velocizzato il pagamento rispetto al solito tempo di elaborazione delle carte di credito rispetto al denaro contante.

Un’altra motivazione a favore dell’abolizione del contante è che faciliterà i bail-in bancari, come concordato al vertice del G20 di Seoul nel 2010: se la gente può ritirare i soldi dalle banche in denaro contante, non è possibile derubarla per salvare le banche. Mentre i cinici saranno favorevoli a questo argomento, la realtà è che non ha senso: a Cipro, dove per la prima volta è stato implementato il programma del G20 di Seoul, le banche sono state chiuse prima che i depositi fossero confiscati. In Grecia, le banche sono rimaste chiuse per un mese e la gente ha dovuto sopravvivere coi contanti che aveva, e dopo un po’ di tempo sono stati autorizzati a ritirarli dalle banche solo in piccole quantità. Quello che sarebbe successo se il contante fosse stato già stato abolito è che la chiusura delle banche da parte della BCE sarebbe stata più efficace nel ricattare il popolo greco affinché cedesse alle richieste della Troika.

Il motivo principale avanzato dalla Banca d’Inghilterra per abolire il denaro contante è di voler stimolare l’economia britannica, e per farlo vuole utilizzare i tassi di interesse. Poiché i tassi sono già pari a zero, si può solo portarli in territorio negativo. Tuttavia, per rendere efficace tale politica, deve essere abolita la possibilità di convertire il denaro elettronico in denaro contante. Se i contanti fossero aboliti, potremmo allora godere i benefici dei tassi di interesse negativi – o così sostiene la narrazione ufficiale.

Questa storia è talmente piena di buchi che è difficile dire da dove cominciare. Iniziamo ricordando che è stata la Banca d’Inghilterra fin dal 2009 a sostenere che la politica dei tassi di interesse non è un buono strumento per stimolare l’economia, e ha invece preferito usare quello che (erroneamente) viene chiamato ‘Quantitative Easing’. Quindi, se questo è vero, perché ora passare improvvisamente a occuparsi, dalla quantità, al prezzo del denaro? Che cos’è che dovrebbe rendere più efficace un intervento sul prezzo rispetto a uno sulla quantità? Non sarebbe meglio invece introdurre un vero allentamento quantitativo, che espande il potere d’acquisto dell’economia produttiva, come ad esempio quella delle piccole e medie imprese?

In secondo luogo, prendiamo in considerazione la proposta di introdurre tassi negativi nel tentativo di stimolare l’economia. Come sappiamo, lo sbandierato meccanismo di trasmissione dell’abbassamento dei tassi avviene attraverso i minori costi di indebitamento. Nei paesi dove è stata introdotta una politica di tassi di interessi negativi, come la Danimarca o la Svizzera, il risultato empirico è che essa non è efficace nello stimolare l’economia. Al contrario.
Questo perché i tassi negativi sono imposti dalla Banca Centrale alle banche – non al pubblico che cerca finanziamenti (quindi per favore scordatevi l’idea che vi sarà dato un mutuo, e verrete pagati per averlo contratto). Per essere precisi, sono imposti sulle riserve detenute dalle banche presso la Banca Centrale.
La cosa potrebbe sembrare ragionevole a prima vista: non è forse vero che queste banche hanno ammassato tutta la liquidità del QE presso la Banca Centrale, invece di prestarla?

No. È un fatto poco noto che la quantità totale delle riserve detenute dalle banche presso la Banca Centrale è totalmente determinata dalla Banca Centrale. Le singole banche possono provare a ridurre le loro riserve, ma solo a spese di altre banche che dovranno mantenere riserve maggiori. Questa è la ragione per cui, naturalmente, il genere di “QE” attuato da molte banche centrali – l’acquisto di attività finanziarie con aumento delle riserve delle banche presso la Banca Centrale – ha solo creato un’altra bolla finanziaria, ma non ha aiutato granché l’economia reale. Le banche non possono prestare le loro riserve presso la Banca centrale. Come vi mostriamo nel libro “Da dove viene il denaro?”, le riserve delle banche presso la Banca Centrale sono semplicemente i crediti creati dalla Banca centrale a favore delle banche – moneta di banca centrale che non può circolare nell’economia.
Di conseguenza, i tassi di interesse negativi sulle riserve delle banche presso la Banca centrale sono semplicemente una tassa sulle banche. Allora, perché le banche centrali dovrebbero imporre nuove tasse sulle banche in questa fase? L’esperienza della Svizzera può fornire risposte: i tassi negativi aumentano i costi delle banche nel fare affari. Le banche reagiscono scaricando questo costo sui loro clienti. Considerando che il tasso sui depositi è già a zero, ciò significa che le banche alzeranno i tassi sui prestiti. Come hanno fatto in Svizzera. In altre parole, la riduzione dei tassi di interesse in territorio negativo aumenterà il costo dei mutui!

Se questo è il risultato, perché le banche centrali non aumentano semplicemente i tassi di interesse? Il risultato sarebbe lo stesso, si potrebbe pensare. Tuttavia, c’è una differenza cruciale: tassi più alti consentirebbero alle banche di ampliare il loro margine e di rendere il loro business più redditizio. Con tassi negativi, i margini delle banche rimarranno bassi e la situazione finanziaria delle banche rimarrà precaria e anzi diventerà sempre più precaria.
Come i lettori sanno, noi sosteniamo che la BCE ha sta facendo la guerra alle banche ‘buone’ dell’eurozona, le molte migliaia di banche delle piccole comunità, principalmente in Germania, che non hanno fini di lucro, ma operano a vantaggio dei membri delle cooperative o del bene pubblico (come le casse di risparmio pubblico Sparkassen o le banche del popolo Volksbank). La BCE e l’UE hanno aumentato significativamente gli oneri normativi, e quindi i costi del personale, in modo che molte banche di piccole comunità sono costrette a fondersi e a chiudere molti sportelli. Questo è avvenuto in parallelo alla politica della BCE di appiattimento della curva dei rendimenti (l’abbassamento dei tassi a breve e anche l’abbattimento dei tassi a lungo periodo tramite il cosiddetto ‘quantitative easing’). Di conseguenza le banche che fanno soprattutto attività bancarie tradizionali, cioè prestiti alle imprese per investimenti, sono finite sotto forti pressioni, mentre questo tipo di ‘QE’ ha prodotto profitti per quei grandi istituti finanziari impegnati principalmente nella speculazione finanziaria e nel suo finanziamento.

La politica dei tassi d’interesse negativi è pertanto coerente con l’obiettivo di buttare le piccole banche fuori dal mercato e consolidare i settori bancari nei paesi industrializzati, aumentando la concentrazione e il controllo nel settore bancario.

Serve anche per fornire una (falsa) ulteriore giustificazione all’abolizione dei contanti. E questo si inserisce nella sorprendente scoperta recente della Bank of England, che l’offerta di moneta viene creata dalle banche attraverso la concessione di prestiti: sostenendo i riformatori monetari, la Banca d’Inghilterra potrebbe ulteriormente aumentare il proprio potere e accelerare il processo di concentrazione del sistema bancario se la creazione di credito bancario viene abolita e rimane solo una sola vera banca – la Banca d’Inghilterra. Questo non solo ci farebbe tornare indietro alla vecchia situazione di monopolio del 1694, quando la Banca d’Inghilterra venne fondata come impresa senza scopo di lucro da profittatori privati. Svilupperebbe anche il progetto di aumentare il controllo e il monitoraggio della popolazione: abolendo i contanti e i crediti bancari alternativi, tutte le transazioni, la creazione di moneta e la sua allocazione sarebbe attuata dalla Banca d’Inghilterra.

Con tutti i soldi in moneta elettronica, si può già prevedere le domande ‘sollevate’ dai dipartimenti di pubbliche relazioni delle banche centrali e acutamente raccolti dai media mainstream: come è possibile aumentare la sicurezza di questo denaro digitale? Cosa succede se si perde la carta di debito? Senza dubbio, qualche mente brillante della Bank of England, o uno qualsiasi suoi portavoce nei media, suggerirà quindi che dovremmo adottare le tecniche da tempo praticate con i nostri animali domestici, vale a dire di impiantare microchip sotto la pelle per essere i nostri soldi del futuro. Lascio ai lettori decidere se tutto questo vi sembra un progresso.